domenica 30 settembre 2012

(L'Unità, 20 settembre)

TORINO: INCONTRI BIBLICI

Venerdì 5 ottobre e venerdì 19 ottobre proseguono a Torino gli incontri biblici sulle lettere di Tito e Timoteo e sulle lettere cosiddette "cattoliche" (Pietro, Giacomo, Giuda, Giovanni).
Ogni incontro si svolge dalle ore 18 alle 19,15, in Via Principe Tommaso 4.
Si può partecipare senza preavviso.
Per informazioni: Carlo Bianchin 011.6820902, Maria Zuanon 349.7206529.
Occorre creare occasioni di lavoro sostenibile, in primis nella produzione di quei beni collettivi di cui abbiamo tanto bisogno: ambiente, beni culturali, assistenza. Se non ora quando?
Chiara Saraceno

LA FIAT

La Fiat una soluzione ce l'ha: il governo paghi, gli operai lavorino quando piacerà al padrone e i soldi a Marchionne e soci.
Hanno sempre succhiato soldi pubblici: questa è la "fabbrica Italia".
Siamo al ridicolo. No, siamo al liberismo sfrenato.

Case di riposo, la lista d’attesa scoppia

In Piemonte diminuiscono gli anziani ricoverati nelle case di riposo, dall'inizio del 2011 al giugno 2012 sono stati 434 in meno. Allo stesso tempo però aumentano le liste di attesa di oltre 1500 unità, Un «paradosso» che è stato denunciato ieri dai consiglieri di opposizione Stefano Lepri Pd e Eleonora Artesio Federazione della sinistra che accusano la giunta di voler risparmiare proprio sull'assistenza agli anziani non autosufficienti.
«I dati - spiega Lepri - sono ufficiali perché sono stati distribuiti in Commissione dallo stesso assessore Paolo Monferino che si è difeso confermando che è sua intenzione potenziare i servizi territoriali, tra cui appunto le residenze per anziani, recuperando risorse dalla razionalizzazione della rete ospedaliera. Peccato che le scelte su dove realizzare risparmi stiano andando in direzione opposta. Infatti la delibera del 6 agosto scorso, che definisce gli obiettivi economico-finanziari delle Asl, mentre conferma la spesa storica ospedaliera del 2011 anche per questo anno, prevede che parte dei risparmi possano essere ottenuti proprio da un taglio de13 per cento dei pagamenti a chi gestisce le case di riposo e, più in generale, da un contenimento delle spese nella cosiddetta "altra assistenza", cioè anche nelle strutture per anziani. Una decisione, questa, che è in contrasto anche con le indicazioni ministeriali e che fa il paio con l'altra che ha ridotto i tempi di permanenza gratuita post ospedalieri degli anziani non autosufficienti nelle stesse residenze. Un altro paradosso».
L'assessorato non replica e si limita a sottolineare che tutte le misure finora prese sono finalizzate proprio a ridurre la permanenza degli anziani in strutture esterne, migliorando l'assistenza a domicilio, unica strada per ridurre davvero le liste di attesa.
Rincara la dose però l'ex assessore Artesio: «II report di Monferino, dovuto, è peraltro incompleto sui tempi di attesa e sulle attivazioni delle cure domiciliari: mediamente ogni tre richieste due sono di assistenza a casa. L'andamento conferma le nostre denunce, quelle di sindacati e associazioni: non solo non si rileva un sistematico incremento che sarebbe logico oltreché necessario in base alle dichiarazioni della giunta sul potenziamento del territorio, ma addirittura diminuiscono le convenzioni, cioè a fronte di spese già sostenute non si sostituiscono i posti liberi». Artesio fornisce i numeri completi: «Dal 31 dicembre 2010 al 30 giugno 2012 la graduatoria per l'inserimento in Rsa è cresciuta da 11.768 a 13.325. Contemporaneamente il numero di anziani in convenzione è passato da 15.582 a 15.148: semplificando si può dire che non vengono neanche rimpiazzati tutti i decessi. Il piano di rientro non giustifica questi dati, perché l'unica voce in crescita nell'accordo col ministero era l'altra assistenza, anziani e disabili. E' chiaro: per pareggiare i bilanci delle Asl i direttori generali sacrificano anche i livelli essenziali di assistenza per le persone non autosufficienti».
Marco Trabucco
(Repubblica, 21 settembre)
(L'Unità, 19 settembre)



sabato 29 settembre 2012

Per battere le dittature ci vogliono governi attivi nel sostenere i diritti umani, governi che non restino immobili di fronte a certe situazioni internazionali. Sostenete chi lotta per questi diritti.
Shirin Ebadi, Nobel per la Pace

SARO' A CATANZARO VENERDI' 8 FEBBRAIO

Carissimo Don Franco,

il festival che avrà il piacere di ospitatala, si svolgerà in Calabria,nel capoluogo: a Catanzaro. Il suo intervento è previsto per venerdì 8 febbraio.
Lei potrà dire tutto ciò che avrà voglia di dire, fare anche promozione ad un suo libro. Sarà liberissimo di dire, fare e gestire la sua posizione con la massima libertà.
Magari pubblicizzi l'intervento, così si avrà un maggior riscontro.
Tutto qui.
Le allego alla presente mail la bozza di programma affinché possa avere
un quadro più chiaro.

A presto, un caro abbraccio.

Donatella Cristiano
Presidente IN.CA.STRI - INterculturali CAmmini illuSTRI



IN.CA.STRIINterculturali CAmmini illuSTRI


+39 331 35 90 944

Donatella Cristiano, Presidente
donacristiano@gmail.com
Bozza di programma:

Evento annuale: Festival culturale delle Diaspore (Le 3 giornate dei Diritti Umani - I Edizione)
Workshop, forum, proiezioni, musica, incontri, dibattiti, formazione, sensibilizzazione.

Tema prima edizione: Mio fratello è nigeriano.
“Faccio appello alla comunità internazionale, al Governo britannico, al Governo americano, agli Stati membri dell’Unione Europea di venire in Nigeria adesso a fermare questo genocidio.”
Ken Saro-Wiwa

PERIODO: Febbraio 2013 (giovedì 7- venerdì 8 –sabato 9/02/2013)
LUOGO: Università degli Studi "Magna Græcia" di Catanzaro (o Auditorium Casalinuovo di Catanzaro)

L’evento supportato dalle testate The AfroNews e AfricaNews, sarebbe anticipato da una conferenza stampa.

SE NON PAGHI, NIENTE SACRAMENTI

A partire da lunedì prossimo chiunque dichiarerà la sua uscita dalla comunità ecclesiastica di appartenenza, risparmiandosi così il pagamento dell'8 per mille, si porrà al di fuori della Chiesa cattolica. Nel documento reso noto a Berlino si sottolinea che l'uscita formale dalla Chiesa costituisce «una grave mancanza». «Chi per qualunque motivo dichiara davanti all'autorità civile la propria uscita dalla Chiesa», è scritto nel documento, «viene meno all'obbligo di appartenenza alla comunità ecclesiastica e a quello di consentire alla Chiesa con il suo contributo finanziario di assolvere alle proprie mansioni».
Senza l'8 per mille quindi non ci si potrà più confessare né fare la comunione e nemmeno essere padrino di battesimo. No anche al funerale religioso, anche se i mancati contribuenti non verranno automaticamente scomunicati.
Attualmente basta una semplice dichiarazione alla cancelleria di un tribunale per essere esentati dal pagamento del contributo alla Chiesa. Negli ultimi tempi, però, forse grazie alla crisi, il fenomeno ha assunto una dimensione sempre più importante, anche per i credenti di fede evangelica, che per risparmiare decidono di uscire dalla Chiesa di appartenenza.
Finora la decisione di non pagare non aveva alcuna conseguenza sul piano ecclesiastico, mentre le cose cambieranno d'ora in poi. Dal 1990 in poi oltre 100mila tedeschi all'anno hanno voltato le spalle alla Chiesa cattolica, mentre nel 2011 è stato toccato il record di 126.488 auto-esclusioni. Per tentare di arginare il fenomeno la Chiesa cattolica intende agire in futuro anche in maniera più propositiva, inviando a chiunque ha dichiarato al tribunale la propria uscita una lettera di invito a parlarne con il proprio parroco. Nel colloquio si cercherà di convincere l'eventuale pecorella smarrita a ripensarci e a tornare all'ovile. Con una piccola tassa.
(L'Unità, 22 settembre)

Molti soldi per qualcuno. Niente soldi per tanti

Una delle litanie più menzognere che ci sono state ammannite dall'inizio della crisi dalla grande maggioranza degli esponenti della classe politica e dalla prevalenza dei media è: «Non ci sono i soldi». Lo scopo della recitazione ebete del mantra è quello di far passare l'idea che una crudele disgrazia naturale ci abbia privato delle risorse finanziarie e che tutti si debba tirare la cinghia. Il mantra ha anche la sua disgustosa variante reazionaria. Non ci sono soldi perché i privilegiati del posto fisso hanno preteso di andare in pensione dopo «soli» trentacinque anni di lavoro, magari alla catena di montaggio e hanno privato il futuro di risorse. Poi, la cloaca è stata scoperchiata ciclicamente a ritmo sempre più serrato e abbiamo finalmente avuto, sbattuta sotto il naso, la schifosa verità a proposito dei «non ci sono i soldi»: non ci sono i soldi per la scuola pubblica, non ci sono soldi per i pensionati, non ci sono i soldi per i disoccupati, non ci sono i soldi per lo stato sociale, non ci sono i soldi per la cultura, non ci sono i soldi per riparare al dissesto idrogeologico, non ci sono i soldi per la lotta all'inquinamento, non ci sono i soldi per la tutela dei diritti, per la difesa della dignità, non ci sono i soldi per la qualità della vita, non ci sono i soldi per l'innovazìone, non ci sono i soldi per l'integrazione civile dei nuovi italiani, per la tutela dei loro figli.
Ma ci sono fiumi di soldi per la corruzione, per l'evasione fiscale, ci sono soldi per la bulimia della classe politica corrotta fino all'inverosimile, ci sono soldi per i festini, ci sono i soldi per le escort (le rispettabili puttane si pagano con soldi propri), ci sono soldi per lo spreco dello spreco dello spreco, ci sono i soldi per stipendi smisurati e per vitalizi immotivati, ci sono soldi per gli amici degli amici, ci sono soldi per inutili convegni nelle città d'arte e nei posti esotici, per le kermesse della vanità, ci sono fiumi di soldi per le mafie, ci sono cascate di soldi per le banche responsabili della crisi.
I soldi dunque ci sono, è che se li pappano i privilegiati, i corrotti, i gangster. Il patetico e affannoso correre ai ripari di certi amministratori - gente che sarebbe capace di fare sparire l'argenteria dalla casa di chi avesse la malaugurata idea di invitarli a cena - è una truffa nella truffa. Non ci sono palliativi a questo verminaio. E' il sistema che deve essere completamente resettato, per esempio abolendo l'uso del contante o imponendogli un costo che lo renda non competitivo come da tempo suggerisce Milena Gabanelli. Nel frattempo, in attesa che emerga un governo capace di esprimere una vera volontà politica, chiediamo agli attuali governanti di non pervertire le parole e di dire: «Cari cittadini, i vostri soldi ci sono, ma i numerosi furfanti di questo Paese li rubano».
Moni Ovadia
(L'Unità, 22 settembre)
(L'Unità, 20 settembre)

COMUINICATO STAMPA

                                                                   

Nessuna autocritica dei vescovi sulla situazione del paese mentre ripartono le “campagne”contro le unioni di fatto e il testamento biologico

 

Il coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite ha rilasciato la seguente dichiarazione:

 

“Il comunicato finale della sessione appena terminata del Consiglio Episcopale Permanente della CEI è, al solito, ripetitivo della prolusione del Card. Bagnasco che, il primo giorno, “detta” la linea. Ci resta un interrogativo relativo al fatto se i vescovi non discutano perché tutto è già stato deciso oppure se vi sia sempre una effettiva unanimità.

 

Nella prolusione emerge la consapevolezza della situazione del paese; vi si parla di “crisi di sistema”, di “reticolo di corruttele e di scandali”, di “supremazia arbitraria della finanza”, di assillo per la condizione dei giovani (“il precariato sta diventando una malattia dell’anima”) e via di seguito. Scontato il consenso al governo Monti, Bagnasco non si richiama in nessun modo ai ragionamenti  fatti a suo tempo nell’incontro di Todi dello scorso autunno e non a caso. Dalle sue parole, infatti, mi sembra emerga indirettamente, in presenza di una situazione politica troppo aperta,  una evidente reticenza sulle diverse ipotesi fatte negli ultimi mesi per quanto riguarda il tanto discusso e atteso nuovo impegno dei cattolici in politica. Di fronte a questa incertezza della situazione e all’ondata dell’antipolitica, che coinvolge i cattolici come tutti, Bagnasco rilancia, dopo mesi di silenzio, le tradizionali campagne identitarie; esse saranno comunque utili nel prossimo futuro per stabilire paletti e per lanciare messaggi anche di schieramento politico,  non “a favore” di qualcuno ma “contro” chi non riconosca facilmente i c.d. “principi non negoziabili”. Tra le altre occasioni di scontro si sta prefigurando anche quella sull’ora di religione con il rifiuto pregiudiziale, anche solo alla discussione, delle ragionevoli riflessioni del ministro Profumo su una situazione del tutto insoddisfacente.

 

Faccio alcune osservazioni :

1)      la credibilità delle posizioni della CEI sulla situazione politica e sociale sarà sempre molto scarsa fino a quando essa non farà una radicale autocritica sul consenso prestato per anni , in diverse forme e tempi, al centrodestra, senza alcun limite e, in qualche caso, senza alcun pudore. Gli scandali in Lazio e Lombardia, per esempio, emergono da situazioni esplicitamente da sempre supportate dalla gran parte delle gerarchie ecclesiastiche.

2)      il rilancio dell’ostilità alla regolamentazione delle unioni di fatto è una “imposizione simbolica” non da parte di chi la propone ma da chi la contraddice, prefigurando così la crisi della famiglia. Troppo vecchia questione : a Milano cattolici “adulti” (il vicesindaco Maria Grazia Guida, Valerio Onida e Bruno Tabacci) hanno detto di no al Card. Scola come Romano Prodi e Rosy Bindi, a suo tempo, al Card. Ruini. Fino a quando durerà questa situazione portata avanti con ben scarsa attenzione alla sua debolezza, anche dal punto di vista pastorale ?

3)      il rilancio, anche in questo caso dopo un lungo silenzio per non disturbare la grande coalizione di governo, della richiesta di varare in via definitiva la legge sulle DAT (testamento biologico) ripropone uno scontro frontale. Su di essa non sono d’accordo i cattolici “adulti”, gran parte degli operatori sanitari, le indicazioni di altre conferenze episcopali (quella tedesca, per esempio) e la maggioranza dell’opinione pubblica (per quanto emerge dai sondaggi). “Noi Siamo Chiesa” ha lungamente trattato tutta la questione sostenendo che le linea dei vescovi italiani ha operato una svolta rispetto allo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992. Il ridondante disegno di legge in discussione (che noi chiamiamo Bagnasco-Calabrò) ha senso solo per l’art.3 quarto comma e per l’art. 7  primo  comma  che permetterebbero una piena rivincita politica dei vescovi  sull’esito del caso Englaro, stabilendo che le volontà del malato in stato vegetativo permanente, preventivamente espresse, non siano vincolanti per i medici. Una tale legge, qualora venga approvata, sarebbe poi smantellata dalla magistratura (come sta avvenendo per la legge 40) e creerebbe contraddizioni profonde all’interno della stessa opinione cattolica.

4)      tutta la prolusione e il comunicato tendono a indicare che la Chiesa in Italia è unita, che si deve fare fronte a ostilità anticattoliche, a “fantasmi antireligiosi”. A noi sembra invece che questa ottica non sia la migliore per chi vuole ricordare, con spirito sincero, il cinquantesimo dell’inizio del Concilio che fu di apertura verso il mondo e di riforma vera della Chiesa, a partire da una sua gestione maggiormente collegiale. A noi non sembra che in Italia i cattolici siano molto coesi. E’ necessario perciò aprire il dibattito sulle grandi questioni pastorali che la Chiesa si trova di fronte e rispetto alle quali le risposte autoritarie delle gerarchie dimostrano gravi limiti. Una testimonianza di quale sia la realtà pluriforme del cattolicesimo italiano lo ha portato alla luce l’assemblea “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” tenutasi a Roma il 15 settembre,  convocata dal basso da 105 associazioni e riviste, con quasi mille partecipanti.  Lì il richiamo al Concilio era ben diverso dalla cultura delle “campagne” e dei ritorni all’indietro che, aldilà delle parole, vengono proposte dal Vaticano e dai nostri vescovi”.

 

Roma 28 settembre 2012

 

 




LA LEGGE DEL PIU' FORTE

http://youtu.be/TbcC_5I65is
 
Viaggio alternativo in Israele e Territori occupati, molti turisti tornano con la bustina della terra del deserto e piccoli manufatti artigianali da regalare ai parenti in ricordo del viaggio in Terra Santa. Noi, 15 persone con una guida eccezionale  Don Nandino Capovilla, abbiamo visitato le persone e poco i luoghi, abbiamo ascoltato la voce degli oppressi e raccolto appelli di solidarietà, il video è il nostro impegno per far conoscere le sofferenze di un Popolo sotto occupazione che non vede rispettati neanche i diritti minimi dell'uomo, quelli genericamente studiati nelle nostre scuole come "Diritti umani" e che le leggi internazionali disattendono. Fate girare il video, è una efficace risposta alla pubblicità israeliana che in nome della sicurezza costruisce il MURO dell'apartheid con l'unico scopo di annettere territori palestinesi in violazione sia delle sentenze pronunciate dai tribunali internazionali che delle risoluzioni dell'ONU.



venerdì 28 settembre 2012

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA


QUALCUNO PARLA CHIARO


(Giacomo 2, 1-9 / 5, 1-6)


Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro.

Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite:"Tu siediti qui ai piedi del mio sgabello", non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?

Ascoltate fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?

Voi invece avete disprezzato il povero!

Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano davanti ai tribunali?

Non sono essi che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi?

Certo, se adempite il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene; ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori.


E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come fuoco.

Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!

Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti.

Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage.

Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.


Sono molte le questioni aperte rispetto all'Autore e al tempo in cui fu scritta questa piccola lettera.

C'è chi tra gli studiosi sostiene che essa sia opera del fratello di Gesù, figlio di Maria e Giuseppe, e chi parla del nostro Autore come di un cristiano colto, di origine pagana, della seconda o terza generazione cristiana.

Per ora l'origine di questa bellissima epistola è ancora un enigma.

Per Lutero, come è noto, la lettera di Giacomo, era una "lettera di paglia" a causa del passo apparentemente antipaolino di Giacomo 2, 14-26 in cui l'Autore mette in guardia contro una "fede senza opere".

In realtà per molti aspetti l'Epistola di Giacomo è un testo unico del Secondo Testamento e "offre alle comunità un insegnamento di etica sociale di grande acutezza" (Francois Vouga).

Per Giacomo non esiste tanto la questione dell'ortodossia: per lui è decisiva l'ortoprassi. La scelta di fede passa per una vita povera a favore dei poveri.

I destinatari sembrano uomini e donne di condizione povera, spesso sfruttati e oltraggiati dai loro padroni eppure, in qualche modo, esposti alla tentazione di piegare la schiena ai potenti o di lasciarsi sedurre dallo stile di vita dei ricchi.


Chiara demarcazione


Se Dio ha scelto i poveri (versetto 5), la strada è segnata per ogni discepolo di Gesù.

Dal versetto 2 al versetto 6, l'Autore della lettera descrive uno scenario comunitario che merita un rimprovero pesante:"Voi avete disonorato il povero".

Il quadro è chiaro: era arrivato nel raduno della comunità qualche ricco notabile che subito aveva guadagnato il primo posto, quello comodo e in vista.

Qualche povero era rimasto in piedi.

Questo comportamento era intollerabile per Giacomo perché era la logica e la prassi del mondo, quelle che vigevano in tutti i territori dell'impero. Si trattava di capovolgere questa mentalità "imperiale" e mettere al primo posto il povero.

E Giacomo rincara la dose: sono i ricchi che vi tiranneggiano, vi portano in tribunale, bestemmiano la vostra fede e … voi ancora li onorate?

La "confessione della fede" per questa epistola non è espressa in dottrine o in elaborazioni teologiche: il tutto si decide nel vivere come "partigiani" dei poveri, rifiutando il mondo dei ricchi che, in queste pagine, non sono mai chiamati fratelli.

Bisogna dire che questo quadro di una assemblea cristiana che omaggia i potenti è ancora assolutamente attuale. Troppi ricchi nelle prime file delle basiliche. In Vaticano poi i più grossi ladri, assassini, corrotti e sporcaccioni sono sempre proni al bacio del sacro anello e i poveri guardano con scandalo questo spettacolo di inchini e riverenze tra potenti. È il volto blasfemo della nostra chiesa.


Parole che non si sentono purtroppo


Il capitolo cinque è la descrizione molto concreta della vita dei ricchi, degli oppressori ed enuncia, nel consueto stile apocalittico, il giudizio di Dio sul loro agire.

Va detto: oggi la predicazione cristiana non parla chiaro, accarezza i ricchi, li tiene in considerazione perché "contano" nella società e sono benefattori, difendono i privilegi della chiesa e formano causa comune.

Sto finendo la lettura di "Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI" (Edizioni Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi. Si tratta di un panorama ben individuato di quel mondo ricco, carrieristico e corrotto che dimora nei sacri palazzi. Lo strapotere, gli intrallazzi, gli inganni, la ricerca della carriera ad ogni costo fanno provare al lettore un disgusto tale da esporre al vomito. Si noti: il libro è costruito su documenti precisi.


La speranza


Come l'epistola di Giacomo ci testimonia, per noi cristiani, per le nostre comunità e per le chiese in generale non c'è altra strada che accogliere questo messaggio crudo: occorre operare uno strappo, rompere i legami iniqui con i potenti, con il mondo degli affari, con gli intrallazzi. Si tratta di fare della chiesa di Gesù, diventata una spelonca di ladri, la casa accogliente dei più deboli della terra. Bisogna cambiare campo.

Giacomo, con le sue roventi parole, denuncia la nostra tendenza a tenere i piedi in due staffe. Negli anni del Concilio alcuni padri avevano fatto risuonare nell'aula conciliare che "la chiesa doveva passare ai poveri, agli impoveriti".

Non è stato così. Eppure in ogni parte del mondo e della chiesa ci sono uomini e donne che stanno vivendo questo "passaggio", anzi lo hanno compiuto e lo compiono ogni giorno.

La strada di Gesù non si può percorrere nel compromesso.

Oggi cresce il divario tra ricchi e poveri, tra garantiti e sprovvisti di garanzie; le chiese cristiane non possono limitarsi a dichiarazioni equidistanti, piene di retorica pauperistica.

L'impegno è di rompere questa alleanza tra denaro, potere e gerarchie.

Con l'aiuto di Dio, fissando lo sguardo e il cuore sullo stile di vita di Gesù, ognuno di noi può portare un sassolino per costruire questa strada.

E poi … impariamo da Giacomo a vivere nella sobrietà e a parlare con chiarezza.


Dio di Gesù,

voglio mettere tutto il cuore in questo cammino,

ma vorrei ricordarmi che il mio cuore non è il Tuo.

Voglio battermi per le cause che sento giuste,

senza pensare che esauriscano la Tua causa.

Voglio buttarmi in ciò che scopro come novità vitale,

ma senza pensare che le mie "scoperte"

siano la verità o la necessaria scoperta di tutti.

Se non fosse che Tu, o Dio,

"ogni mattina mi apri l'orecchio perché io ascolti (Is.50.4)

già da lungo tempo mi sarei comodamente disteso

nel letto dell'indifferenza.

Posso contare sul Tuo paziente intervento.

Per questo Ti benedico di cuore.




 



AMA L'ALBERO INTERO




       
 
 
                Non amare il florido ramo,
                non mettere nel tuo cuore
                la sua immagine sola;
                essa
                avvizzisce.
 
                Ama l'albero intero,
                così amerai il florido ramo,
                la foglia tenera e la foglia morta,
                il timido bocciolo ed il fiore aperto,
                il petalo caduto e la cima ondeggiante,
                lo splendido riflesso dell'Amore pieno.

                Ama la vita nella sua pienezza,
                essa non conosce decadimento.

                            (poesia di Jiddu Krishnamurti)
 
 
 
 
 
 


giovedì 27 settembre 2012

NON SCRIVO SU VIOTTOLI

Alcune persone che mi scrivono legano il mio nome a Viottoli.
Come ho cercato di chiarire in tutti i modi:
1) Io faccio parte della comunità cristiana di base di Pinerolo, non di Viottoli.
2) Viottoli e comunità cristiana di base sono due realtà distinte, come è ben noto a Pinerolo.
3) Da molti anni non condivido l'impostazione complessiva di Viottoli su alcuni terreni della ermeneutica e della prassi pastorale.
4) Ho ritenuto doveroso dichiarare apertamente la mia estraneità alla linea editoriale della rivista perché da anni ricevo posta presso la redazione di Viottoli. La mia dichiarazione non è "contro Viottoli", ma si prefigge di fare chiarezza, superando ogni confusione per il bene di tutti in spirito di amicizia.
Franco Barbero

Voci d’autore. Ecco perché non mi convince lo stile british del premier

Il professor Monti e' un uomo che ha stile, uno stile improntato all'understatement anglosassone che sembra ispirarsi a politici britannici conservatori di una volta come Eden o Mcmillan. I suoi modi, inauditi per uno strapaese come l'Italia, sono stati un potente e benefico antidoto di bon ton dopo l'indigestione di volgarità in salsa pecoreccia dell'ex premier Berlusconi. Super Mario gode di grande prestigio nell'attuale establishment politico internazionale, in particolare per l'ottimo lavoro svolto come commissario Ue al mercato interno - memorabile rimane a detta di molti suoi estimatori la lezione impartita a Microsoft - ma anche per il garbo istituzionale. Ciononostante, io rimango aspramente critico nei confronti della sua politica. Molti miei amici, ottime persone e sostenitori vibranti del centrosinistra, mi accusano di non tenere conto del fatto che, se non fosse stato per lui e il suo indiscusso prestigio, saremmo finiti come la Grecia, per via dello spread, del «ce lo chiedeva l'Europa» e via dicendo.
Può darsi. Ma io la vedo da un'altra prospettiva. Intanto è improprio parlare di Europa in quanto tale: si è trattato di un'Europa a guida conservatrice in ostaggio degli speculatori, delle banche e dei cosiddetti mercati, principali responsabili della disastrosa crisi della quale non pagano i costi (e l'elezione di Hollande in Francia è ancora troppo recente... ). Monti non è un tecnico neutrale ma un economista di scuola liberista conservatrice, è nutrito, come tutti coloro che hanno questo background da un'ideologia economicista di natura fideistica con tutto ciò che ne consegue. In primo luogo non considerando i diritti sociali e la dignità del lavoratore variabile economica li valutano come un fastidio. A mio parere è per questo suo orizzonte che il professor Monti ha affidato a Elsa Fornero il compito di avviare il processo di macelleria sociale con la riforma dell'art. 18. Ma è stato solo il principio perché le sue recenti garbate esternazioni hanno rivelato quale sia l'orizzonte in cui si colloca quel primo atto: la progressiva demolizione dello stato sociale. Il piccolo problema che si pone per qualsiasi autentico democratico è che i diritti del lavoro e i diritti sociali in generale fanno parte del respiro progettuale della nostra Costituzione, ne sono l'energia più innovativa. Ha ragione Giorgio Airaudo (Fiom) quando afferma che la conquista dello Statuto dei Lavoratori è molto più che una conquista sindacale è una conquista di civiltà.
Perciò firmerò per il referendum e lo sosterrò.
Moni Ovadia
(L'Unità, 15 settembre)
(Repubblica, 22 settembre)

“A Taranto boom di morti da tumore”.

TARANTO - Nella città dove i magistrati sequestrano la più grande acciaieria d'Europa e il capo della multinazionale, Bruno Ferrante, avverte: «0 produciamo o chiudiamo», il leader dei Verdi Angelo Bonelli gioca d'anticipo e rivela i dati dell'Istituto superiore della sanità relativi alle morti per tumore all'ombra di una zona industriale assediata dai veleni. Dati che, secondo il ministro della Salute Renato Balduzzi, avrebbero dovuto essere pubblicizzati non prima del 12 ottobre. «Il governo voleva tenerli nascosti» è il commento di Bonelli «fino alla conclusione (il 30 di questo mese, ndr) delle procedure per la revisione dell'Aia all'Ilva». Dati raccapriccianti: tra il 2003 e il 2008 si registrano 2.288 decessi per tumori (più 12 per cento rispetto alla media regionale calcolata dallo stesso Istituto superiore della sanità), aumentano del 306 per cento le morti dovute al mesotelioma pleurico, del 35 per cento quelle dei bimbi che non avevano un anno di vita o che, nel 71 per cento dei casi, addirittura non avevano lasciato il grembo materno. Balduzzi taglia corto: «L'indagine è da completare». Ma il titolare dell'Ambiente Corrado Clini querela Bonelli: «Fornisce informazioni false per intimidire le autorità competenti e spaventare la gente». La replica è immediata: «Clini intende denunciare anche i magistrati che hanno disposto il sequestro di Ilva?». Nel frattempo il segretario generale di Fillea Cgil Luigi Lamusta grida al «puro terrorismo psicologico»: due imprese edili impegnate all'interno del siderurgico «ritirano mezzi e personale (500 lavoratori) dall'area a caldo dello stabilimento». Quella sotto chiave "in nome del popolo italiano".
Lello Parise
(Repubblica, 20 settembre)

RICORDO UN LIBRO EDITO 20 ANNI FA

 

Paul Knitter, Nessun altro nome?, Queriniana, Brescia 1991, pagg. 288, €15

 

L’opera che comparve 21 anni fa in lingua italiana, ha visto la luce in America ben 31 anni fa. Il teologo cattolico, autore di questo volume, ha al suo attivo una produzione di grande sperrore e di profonda dirompenza. Il sottotitolo esprime bene l’orizzonte in cui si muove la ricerca: “Un esame critico degli atteggiamenti cristiani verso le religioni mondiali”. Nel volume Oltre la confessione (Ed. Tempi di fraternità, via Garibaldi 38, 10122 TO), da me curato parecchi anni or sono, segnalavo la ricerca di Paul Knitter che la Rivista Internazionale di Teologia Concilium aveva proposto ai suoi lettori. Lo stesso Concilio Vaticano II, di cui siamo soliti sentire lodi enfatiche, abitava ancora fuori dalla prospettiva in cui si muovono le più recenti ricerche di Paul Knitter e John Hick.

Ritengo che il presente saggio teologico rappresenti una provocazione e una proposta destinate a sconvolgere l’orizzonte in cui si pensano e si muovono le chiese cristiane e non solo esse.

Infatti, veniamo (un po’ tutti!) da esperienze la cui concezione fondamentale consisteva nel sentirsi al centro del “progetto” di Dio, al punto più alto della Sua manifestazione. Anzi, le chiese cristiane sono giunte ad elaborare una teologia che escludeva ogni possibilità salvifica fuori dai propri confini. il funesto e celebre “fuori dalla chiesa non c’è salvezza” si caricò progressivamente di una valenza assoluta e dogmatica.

Anche quando si rifiutò questa posizione rigidamente esclusivista, non si fu in grado di andare oltre una concezione che vedeva nella propria esperienza la pienezza e la superiorità “salvifica” mancante nelle altre.

Anche l’elaborazione del cristianesimo anonimo, oggi vigorosamente criticata per la sua radicale ambiguità, rimaneva prigioniera di una concezione che ha fatto del cristianesimo l’unico “luogo” della rivelazione piena e perfetta dell’azione di Dio. L’unicità di Cristo, affermata come assoluta e normativa, ha fatto del cristianesimo una religione in cui il dialofo veniva concepito primariamente in funzione della conversione degli altri alla nostra esperienza, presupponendo la superiorità del cristianesimo rispetto alle altre religioni. Esse, nella migliore delle ipotesi, aveva il compito di “condurre” le persone ad incontrare la fede cristiana, svolgendo una funzione nobile, cioè quella di preparare la strada al cristianesimo. A questo punto, adempiuto il loro compito e assolta la loro funzione, potevano scomparire. La teologia cristiana, cattolica – ortodossa e protestante delle religioni si appresta a salutare definitivamente questo orizzonet per entrare in una stagione in cui la propria identità e valenza non verranno più affermate in contrapposizione o in competizione “salvifica” con altre identità religiose? È troppo presto per dirlo, in un tempo in cui esistono molti elementi che inclinano e spingono in questa direzione, ma sono anche ben visibili le tracce di nuove e antiche rigidità ecclesiastiche non solo in campo cattolico. Non è ancora penetrato nella profondità dei cuori il detto sapienzale di tutta evidanza: “Male onora la propria religione chi se ne serve per denigrare quella di un altro” (citato da Eugen Drewermann in Io discendo nella barca del sole, Rizzoli, psg. 75). Direi di più: il cammino su questa strada sarà presumibilmente molto lungo e difficile perché non abbiamo ancora imparato a distinguere accuratamente tra Dio, la Sua salvezza le singole religioni come semplici vie di salvezza. Trent’anni fa (in Essere semplici è possibile?, ed. Tempi di fraternità) scrivevo: “Ci sarà, forse, richiesta una grande apertura ed una profonda ridiscussione di tante nostre convinzioni e impostazioni. Certe nostre presunte e scontate “centralità” saranno forse messe in crisi. Come si confronterà il cristocentrismo cristiano con il teocentrismo delle fedi sorelle, a partire dall’ebraismo e dall’islamismo? Mettere Dio al centro, e non la nostra particolare religione, porterà qualche problema in tutti noi, piuttosto avvezzi a credere che il centro del mondo siamo proprio noi... e tutti gli altri, al più costituiscano la periferia! Probabilmente noi cristiani dobbiamo ancora imparare a riconoscere con molta semplicità, che l’unico Dio è più grande anche del cristianesimo. Gesù l’aveva capito; noi cristiani non ancora” (pagg. 99, op. cit.).

Per cogliere lo spessore teologico delle riflessioni di Paul Knitter può essere utile tutta la riflessione che in questi anni è esplosa, specialmente in area cattolica, per opera di Edward Schillebeeckx e di Hans Kung. Il teologo fiammingo è particolarmente esplicito: “La teologia è qualcosa di più della cristologia... lo stile di vita di Gesù non è l’unica via che conduce a Dio. Gesù stesso, infatti, non solo rivela Dio, ma lo nasconde pure. In quanto uomo, Gesù è una persona storica contingente che non rappresenta affatto tutte le ricchezze di Dio... il Vangelo ci proibisce, dunque, di parlare di imperialismo ed esclusivismo religioso cristiano.

Gesù è un “evento contingente” che non può escludere e nogare altre vie che conducono a Dio... Dio non si è rivelato in modo esclusivo ed esauriente i Gesù Cristo...” ( in Perché la politica non è tutto, Queriniana, pagg. 9-15).  Se comprendiamo che esiste una distanza invalicabile tra la realtà di Dio e il modo con cui noi ne parliamo, tra la Sua salvezza e il modo con cui noi riusciamo a comprenderla e se non pretendiamo di esaurire la storia della salvezza nei confini del fatto religioso, allora ci diventa possibile lodare quel Dio che sa operare, nel Suo amore e nella Sua libertà, su sentieri per noi impraticabili e sconosciuti.

Paul Knitter condivide fino in fondo l’affermazione che la “testimonianza degli autori neotestamentati è cristocentrica, ma Gesù Cristo è teocentrico” (pag. 106).

“La missione e la persona di Gesù furono profondamente incentrate sul regno, il che significa incentrate su Dio... ma se il messaggio di Gesù fu teocentrico, il messaggio del Nuovo Testamento è in larga misura e innegabilmente cristocentrico. Dopo la sua morte e resurrezione il proclamatore divenne il proclamato. Il punto focale si spostò” (pag. 132). Se Gesù rimase sempre profondamente teocentrico, “ogniqualvolta la cristologia lo dimentica, apre la coscienza cristiana ad un “cristocentrismo miope”, ad una “gesuologia”, ad un riduzionismo che assorbe Dio in Gesù. Il cristocentrismo senza il teocentrismo diventa facilmente un’idolatria che non offende solo la rivelazione cristiana, ma anche la rivelazione reperibile in altre fedi” (pag. 13). Con grande acume e competenza l’autore ripercorre, dentro i linguaggi esclusivisti ed assolutisti del cristocentrismo neotestamentario, le motivazioni che possono aver prodotto tali usi linguistici e concettuali. Si tratta di linguaggi dell’amore, della testimonianza, della confessione di fede di chi, incontrando l’esperienza e la persona di Gesù, l’ha vissuta come radicale esperienza della propria vita. Ma, ovviamente, questi e simili linguaggi vanno decodificati, interpretati, letti dall’interno di quel contesto storico e culturale, dall’inizio di quella “svolta vitale” di cui sono testimonianza. Sono pagine (da 130 a 190) che si leggono con singolare utilità. Esse forniscono non pochi stimoli per l’interpretazione di quei passi delle scritture cristiane in cui l’esclusivismo cristologico suona più radicale. L’autore offre in queste pagine un raro esempio dell’utilizzo del metodo storico – critico. Vorrei, però, aggiungere che forse l’autore avrebbe potuto offrirci, sulla scorta degli strumenti di cui dispone, qualche esempio di lettura dei passi più “esclusivisti” delle scritture cristiane.

Questo volume può essere letto ancora oggi con grande utilità, se si conoscono con una certa esattezza i vocaboli usati. Teocentrismo significa mettere al centro Dio mentre cristocentrismo allude a quella teologia che mette al centro Gesù Cristo. Si noti, però, che noi oggi, dopo la pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, siamo incredibilmente scivolati all’indietro verso quella forma religiosa tipicamente cattolica che si chiama “ecclesiocentrismo”. L’ecclesiocentrismo è quella deformazione che si è venuta imponendo dentro molte esperienze cristiane per cui al centro sta la chiesa (non più Dio), come istituzione e come apparato di “potere salvifico” e sacramentale. La chiesa cattolica, specialmente nella sua strutturazione gerarchica che condiziona largamente tutto il tessuto comunitario, è la dimostrazione di quanto si sia diffusa questa patologia ecclesiocentrica. Non si può leggere quest’opera senza essere rimandati alla riflessione teologica di John Hick, Stanley Samarha e altri. Per alcuni aspetti il pensiero corre alle elaborazioni di Jung Young Lee, teologo coreano, che ha tentato una cristologia in dialogo col taoismo. Questo è il momento in cui, lungi dal perdere il senso della nostra identità cristiana, la possiamo riscoprire in tutta la sua “bellezza” in un orizzonte pluralistico. Raccomando più che vivamente la lettura di questo volume che, tra l’altro, offrirà non pochi stimoli per l’approfondimento dei nostri metodi di lettura biblica.

L’editrice Cittadella ha poi pubblicato dei preziosi volumi dello stesso autore: L’unicità cristiana: un mito? (1994) e Una terra molte religioni (1998). Queste opere approfondiscono la ricerca del precedente volume.

Sono passati tanti anni, ma questo volume rimane ancora prezioso per chi vuole conoscere e praticare il pluralismo religioso. Per questo ne ho rinverdito la memoria dopo ben 21 anni.

Franco Barbero

 

Il convento

Rubi, rubi e poi, a differenza dei poveri cristi che marciscono stipati in carceri sovraffollate e antiigieniche, e poi ti trovi in un bel convento a cinque stelle. E' successo a Lusi e potrebbe succedere a Polverini e soci: le donne dalle monache e gli uomini dai frati. Sganciano un po' di soldi tra quelli rubati e diventano persino benefattori del convento. Contenta la chiesa e contenti loro. Che vergogna per la giustizia…

Una, garanzia in più per i pazienti

FIRENZE - Elio Rossi, omeopata, è uno dei presidenti del congresso europeo di medicina integrata che si apre domani a Firenze. E' anche uno degli autori della proposta approvata dagli assessori alla Salute.
Come si svolge ora la formazione per omeopatia, fitoterapia e agopuntura?
«Nel nostro settore funziona l'autoreferenzialità. Siccome non esiste un titolo riconosciuto, si può studiare per anni oppure appena una settimana. Tanto chi è laureato in medicina può prescrivere quello che vuole o fare agopuntura. Se apro uno studio senza sapere niente di omeopatia chi viene da me all'inizio non ha strumenti per rendersene conto».
A chi serviranno i corsi?
«Dobbiamo tenere conto del fatto che solo una parte di chi approfondisce queste materie poi esercita esclusivamente o quasi esclusivamente quelle. Ci sono colleghi che magari usano la medicina occidentale ma vogliono conoscere, e talvolta usare, anche le nostre specialità. Si ritiene dunque che si    potrebbero iscrivere anche 5mila medici all'anno».
Si è parlato molto in passato di norme nazionali nel settore. Sarà la volta buona?
«Abbiamo l'accordo di tutti gli assessori alla Salute. Adesso puntiamo al via libera dello Stato-Regioni. Lo facciamo principalmente per i pazienti, perché possano scegliere professionisti accreditati e riconosciuti dall'Ordine dei medici. Troppe proposte di legge fino ad oggi erano rimaste lettera morta».
(Repubblica, 20 settembre)

mercoledì 26 settembre 2012

(L'Unità, 21 settembre)

ADRIANA VALERIO, Madri del Concilio, Carocci Editore, 2012, pag. 168, € 16

23 donne, 19 religiose e 13 laiche, chiamate, dal settembre 1964 al luglio 1965, a partecipare ai lavori conciliari. Una presenza auspicata da taluni e temuta da altri, il cui significato andò ben oltre il carattere simbolico che rivestiva nelle intenzioni di molti padri conciliari, lasciando un segno negli stessi documenti conclusivi. Per ciascuna di loro la teologa traccia un sintetico ma esaustivo profilo biografico, corredando il testo di una serie di aneddoti sui lavori del Concilio Vaticano li, «il Concilio - scrive Valerio - ha rappresentato per la donna l'affermazione dell' uguaglianza fondamentale con l'uomo ( ... ) e il suo apporto indispensabile nella vita della famiglia, della società e della comunità ecclesiale».
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Ho una crisi di fede…

Nel mio pastorato mi sono accorto che la crisi che molti credenti sperimentano non è tanto di fede, bensì è in relazione all'edificio teologico in cui sono stati formati.

Sono molti anni che incontro e converso con persone che mi raccontano di passare attraverso una crisi di fede. Si sentono come se tutto il loro mondo di sicurezze religiose gli cadesse addosso. Si sentono mancare la terra sotto i piedi.
Quando parlo con loro, mi accorgo di qualcosa di grande importanza: la crisi che molti di essi sperimentano non è necessariamente di fede, bensì è in relazione alla teologia in cui sono stati formati.
La visione teologica del mondo che li ha sostenuti per anni è naufragata. E' lì il nocciolo della questione.
Il problema che alcuni di noi hanno non ha niente a che vedere con il fascino che ci produce, o ci ha prodotto, la persona e la prassi di Gesù. Piuttosto è in relazione a quello che qualcuno ha denominato «l'idolatria della Scrittura», l'idolatria della lettera teologica, scolpita su pietra, nella quale siamo cresciuti.
Abbiamo confuso Gesù di Nazareth con la lettera, trasformandola in un idolo che adoriamo e serviamo.
In poche parole, forse è l'edificio teologico in cui abbiamo vissuto per anni che sta crollando e non il messaggio liberante di Gesù.

E'curiosa la relazione che Gesù intrattenne con le persone che l'ortodossia teologica del tempo qualificava come «peccatori». Nelle sue conversazioni con i «peccatori» non si intuisce nessun test teologico che questi ultimi dovessero superare prima di poter accedere alla sua compagnia, mangiare alla sua tavola e sperimentare personalmente la liberazione esistenziale e sociale (salvezza/guarigione) che il Galileo portava loro. No. Anzi, egli li esortava a iniziare un viaggio esistenziale sui binari della giustizia e della misericordia che li avrebbe condotti a un mondo nuovo (quello che lui chiamava «il regno di Dio»). Questa è la cosa veramente importante, non il resto.
Essere cristiano non consiste nell'entrare, per poi rimanere bloccati, in un determinato edificio teologico, per quanto ben costruito possa essere o solido possa apparirci. Essere cristiano significa dire sì a Gesù e allo stile di vita che ci ha proposto, nella pratica quotidiana. A partire da questo «sì», e nel processo di camminare seguendo la giustizia e la misericordia, arriverà l'incontro con ciò che è trascendente, con ciò che non capiamo, con ciò che solo intuiamo... l'incontro con il Dio, Padre di Gesù.
Per questo, secondo la mia opinione fallibile, se stai attraversando ciò che sperimenti come una crisi di fede, ti suggerirei di separare la tua fede in Gesù dalla struttura teologica in cui, forse, lo hai sequestrato.
Lascia sprofondare definitivamente l'edificio e cerca di seguire Gesù, solo Gesù. Giungerai alla convinzione che non stai attraversando nessuna crisi di fede, bensì una crisi del filtro che hai utilizzato per anni per leggere e interpretare la persona e il messaggio del profeta di Galilea.

Permettimi di mettere in evidenza l'importanza di saper distinguere tra ciò che è una crisi di fede e di fiducia in Gesù, che ci viene incontro per mezzo dell'Evangelo, e ciò che invece è una crisi dell'interpretazione teologica nella quale sei o siamo stati educati. Non devi allontanarti da Gesù di Nazareth e dalla sua prassi - lui ci convince sempre - ma dall'interpretazione di lui che ti è stata insegnata.
Questa necessaria «demolizione» che ti propongo, non puoi compierla da solo, ma in buona compagnia. Dirò di più: sarebbe bene che tu cercassi qualcuno di tua fiducia, e che abbia affrontato la stessa esperienza, per accompagnarti nel processo di «demolizione» dell'edificio teologico che, con molta probabilità, è l'unica causa della tua esperienza di crisi per trovarti finalmente faccia a faccia con Gesù di Nazareth. Posso infatti assicurarti, per esperienza personale, che c'è vita oltre i dogmi e la teologia sistematica, non importa il nome che questa abbia.
A mo' di esempio ricorderò la predicazione apostolica raccolta nel libro degli Atti degli Apostoli. E importante notare che quello che gli apostoli presentarono ai loro ascoltatori fu Gesù di Nazareth, perché è lui il contenuto dell'Evangelo e nient'altro all'infuori di lui. Gli apostoli non fanno menzione alcuna della teologia dell'espiazione o di un'altra cristologia. Affermano semplicemente che ci fu un uomo che visse, agì e parlò in un modo non convenzionale («camminò facendo il bene e liberando tutti gli oppressi», At. 10, 37-38). Dio era in lui e con lui. Eppure, proprio per essere fedele al Dio in cui credeva, le autorità religiose, attraverso il braccio secolare, lo torturarono e lo assassinarono condannandolo ingiustamente alla pena di morte.

E' questo il Gesù in cui crediamo, in cui confidiamo e che seguiamo. Ed è proprio nel metterci faccia a faccia con la sua vita e la sua prassi che ci troviamo dinanzi a un bivio: cambiare il nostro orientamento esistenziale (pentimento e fede in Gesù) o non farlo affatto. Se scegliamo la prima opzione, scopriremo lungo il cammino che egli è colui che fu vendicato da Dio, contro ogni pronostico, con la resurrezione dalla morte e che lui è il Signore di tutti. Tutto il resto, ciò che ci viene proposto dai dogmatici, è probabilmente un di più, e solitamente è questo «di più» a condurci, in modo irrevocabile, alle crisi esistenziali che denominiamo, erroneamente, «crisi di fede».

Desidero concludere questa riflessione con un verso del poeta spagnolo Antonio Machado che fondamentalmente sintetizza tutto ciò che è stato scritto finora. Machado nel suo poema La saeta stabilisce un contrasto radicale tra il Gesù della teologia «ufficiale» (Gesù sul legno/croce) e il Gesù dei Vangeli (colui che camminò sul mare). Ed è a quest'ultimo che si, vuole cantare!
«Oh, no, questo non è il mio canto!
Non posso cantare, né voglio
a questo Gesù sul legno,
ma a quello che camminò sul mare!»

Personalmente sono anni che, cosi come il poeta, ho smesso di credere nel «Gesù del legno» per credere, invece, nel Gesù «che camminò sul mare». E questo mi ha reso in grado di camminare senza ostacoli aggiuntivi lungo il percorso controcorrente che Gesù di Nazareth mi propone per costruire un mondo migliore nell'attesa di ciò che egli definì «regno di Dio». Per questo, faccio mie le parole del cieco nato (Giovanni 9, 24-25) che davanti alla certezza dei teologi di turno («noi sappiamo»), si limitò a rispondere «... io non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo».
Ignacio Simal

*pastore della Chiesa evangelica spagnola (Metodista-presbiteriana), è presidente della Tavola delle chiese evangeliche della Catalogna - IEE. La trad. dallo spagnolo del testo di Simal è a cura di Patrizia Tortora.
(Riforma, 21 settembre)

IMPORTANTE

Sul numero del 21 settembre 2012 di Riforma a pagina 3 si trova un contributo del pastore protestante e teologo spagnolo Ignacio Simal sotto il titolo: "Ho una crisi di fede".

Lo raccomando alla lettura con gioia e, dopo 40 anni che scrivo e riscrivo simili riflessioni, provo una emozione particolare a leggerle su Riforma… Quindi gli eretici si estendono…

IMPOSSIBILE

Siccome dal 29 ottobre sarò in Sicilia per alcuni incontri, alcuni gruppi mi hanno interpellato  per alcuni incontri locali. Sarei lietissimo, ma dopo Messina, Palermo…non posso accogliere altri inviti. Semmai, arrivando a Catania il 29 ottobre, posso incontrare qualcuno all'aeroporto, ma non posso ulteriormente moltiplicare i dibattiti. La vecchiaia impone dei limiti che devo accettare. Sarà per il prossimo viaggio.

DARIO FO

Quando ero precario si faceva fatica, si tirava la cinghia, ma avevamo una carica straordinaria perché volevamo ricostruire tutto. Ora non c'è più quella speranza, c'è solo mortificazione.

TRE PROPOSTE

Nell'assemblea di domenica 23 settembre ho avanzato due proposte alla comunità di base di Pinerolo.
1) Aprire la nostra celebrazione eucaristica una volta l'anno alla presidenza di un membro della chiesa valdese o/e di altre chiese cristiane.
2) Visto il dibattito cristologico e dogmatico che si sta svolgendo su Riforma e su altre pubblicazioni di editrici protestanti, organizzare una serata di confronto con fratelli e sorelle della chiesa valdese di Pinerolo.
Accolte le proposte, mi sono impegnato a prendere i contatti in vista della concretizzazione.
3) Da martedì 2 ottobre sarò presente nella sede della comunità dalle 10 alle 11,15 per un incontro biblico sui testi degli altri due gruppi della comunità per chi fa fatica o è impossibilitato al ritmo settimanale o all'orario serale. Chi può e vuole sa che il martedì mattino qualcuno trova. L'incontro è aperto anche a chi non fa parte della comunità, in Corso Torino 288 – 1° piano.
Franco Barbero

martedì 25 settembre 2012

SALUZZO
L'incontro della cdb di Saluzzo con celebrazione eucaristica avverrà domenica 14 ottobre dalle ore 17.
Parleremo anche dell'ultimo libro di Ortensio da Spinetoli, edito dalla Meridiana: "Io credo. Dire la fede adulta". Per informazioni: 0175/43978.

TORINO

Venerdì 5 ottobre dalle 18 alle 19,30 proseguono gli incontri biblici sulle piccole letture. Affronteremo la lettura della lettera di Giacomo in Via Principe Tommaso 4, presso l'ASAI.

PINEROLO
Ogni martedì mattina dalle 10 alle 11,15 propongo una possibilità di incontro biblico e di preghiera nella sede della comunità in Corso Torino 288 per che fa i turni o non ce la fa a partecipare ai gruppi serali. Così chi crede di approfittarne può sapere che c'è un momento anche per lui/lei. Per informazioni 0121/72857 oppure 340/86115483.                   

PINEROLO

Ogni lunedì alle ore 21 nella sede del F.A.T. (Vicolo Carceri, 1) ha luogo la lettura del libro del profeta Isaia. Basta presentarsi. La sede è aperta dalle ore 20,30.

APPLAUDO DUNQUE SONO (ASPETTANDO LE TELECAMERE)

Negli ultimi tempi la fantasia degli italiani ha trovato due nuovi settori dove esercitare la tendenza alla anomalia rispetto ad altri cittadini europei: l'applauso (che fino a non molti anni fa era riservato al mondo dello spettacolo e a quello statal-militare) e la standing ovation.
Da parecchio tempo l'applauso è diventato qualcosa che non ha più nulla a che fare con le emozioni teatrali o patriottiche, prendendo una curiosa strada mortuaria che ha trovato il suo luogo preferito nei funerali, sostituendosi ai pianti legittimi, agli strazi dei famigliari e alle prefiche del folklore meridionale. Quando il feretro esce dalla chiesa scatta immediatamente un applauso prolungato da parte della folla che si è radunata intorno e che spesso non sa nulla del morto. Non ha nessuna importanza se il defunto sia stato un benemerito della nazione o un camorrista fetente.
La gente, equivocando sul concetto di partecipazione, fiuta l'«evento» e non rinuncerebbe alla sua presenza nemmeno sotto una carica di carabinieri. Ho l'impressione che questi battimani siano anche visti, da chi li pratica, come una pezza a colori di tipo sciamanico per alleviare o nascondere il dolore. Ma l'aspetto dominante è quello che esiste sempre la possibilità che arrivino, prima o poi, i cameramen. La vera anagrafe degli italiani non è quell'edificio triste e, superaffollato dove ti consegnano la carta d'identità che non vale nulla, ma la televisione. Se non compari sullo schermo, non esisti.
Il secondo comportamento deviante riguarda la standing ovation. Una volta era riservata a momenti e personaggi di indiscussa magnitudine come la consegna di premi Nobel. Una ventina di anni fa, al festival di Spoleto, durante una pausa della «Manon». diretta da Visconti, il pubblico rimase sbigottito alla vista nel palco riservato a Giancarlo Menotti di Ezra Pound, il grande poeta americano che aveva appoggiato il fascismo, salvato dalla fucilazione per intervento di Hemingway. Pound sul palco rimase muto: una figura ieratica, tragica che impersonava il grande poeta morente. Tra gli spettatori ci fu un attimo come di sospensione e poi si scatenò l'applauso più lungo che abbia mai sentito in vita mia.
Oggi la standing ovation non si nega a nessuno. L'ha ricevuta anche Ruby quando, in televisione, ha assicurato di non essere mai andata a letto con il Berlusca. E tutto il pubblico alla rivelazione è saltato in aria per applaudire la più grossa balla del secolo.
Stefano Malatesta
(da Il Venerdì del 14 settembre)