venerdì 31 ottobre 2008
FRAINTENDIMENTI...
abbiamo anche il premier...
Fra Inteso
CHIESA IN RETE
davvero mi sto sempre di più convincendo che esiste nei fatti "una profonda comunione di fede" che passa anche attraverso la rete.
Mentre la prigione cattolico-romana sta spegnendo la speranza e creando il vuoto, ho il cuore pieno del gran numero di lettere e di comunicazioni che possiamo scambiare attraverso internet, strumento prezioso della "chiesa in rete".
Non riesco assolutamente più a rispondere come vorrei ad ogni lettera. Mai come in questo anno il colloquio si è fatto intenso.
Dobbiamo cercare di rendere ancora più aperte e "nutrienti" la comunicazione, la segnalazione di studi, lo scambio di riflessioni, di preghiere, di commenti biblici.
Questa chiesa cresce in tanti cuori e semina il Vangelo nell'esistenza quotidiana. Lavoriamo insieme con fiducia e con coraggio.
Aiutiamoci, ascoltiamoci, accompagniamoci. Ormai vecchio, non ho più tante energie, ma le metto proprio tutte…
MARONI
BONANNI E ANGELETTI
AGGRESSIONE FASCISTA
PETALI DI SAGGEZZA
IL NUOVO KU KLUX KLAN
giovedì 30 ottobre 2008
LA SAPETE L'ULTIMA?
ROMA… gli incidenti sono stati provocati ad arte
EMERGENZA CONGO
Caro don Franco,
mi permetto di darti del tu perche' ormai è come se ti conoscessi. Leggo il tuo blog tutti i giorni e, purtroppo, leggo anche repubblica e il corriere, e mi meraviglio nello scoprire che la guerra in Congo minaccia l'estinzione dei gorilla, ma non dell'uomo.
Sono un collaboratore del VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, una ong di ispirazione cattolica, promossa dai salesiani. A Goma, nella RDC, c'è don Mario Perez, direttore del Centro Don Bosco, che offre ospitalità a più di 3000 bambini e ragazzi. I soldi per tutti questi bambini, arrivano dagli italiani e da tutte quelle persone che hanno un cuore enorme e tanta voglia di dare nonostante la crisi.
Ora siamo riusciti a far uscire un trafiletto su repubblica, stasera saremo al tg1, ma io credo che la rete sia più importante. Non per un semplice ricavo, ma perche' si sappia che in due settimane di vera e propria guerra, l'informazione ha taciuto. Si, c'è una guerra e tanti, troppi, non lo sanno.
Sul nostro sito www.volint.it, o su www.youtube.com/ongvis potrai trovare tutte le informazioni su quello che sta accandendo.
Quindi, ti chiedo, se per favore, puoi divulgare anche tu questa notizia.
Grazie ancora per quello che scrivi,
Andrea
ARICCIA NON TACE...
Caro don Franco,
è bellissimo sentirsi sostenuti ed incoraggiati da altre comunità che, come noi, cercano di non distogliere mai lo sguardo dal vero ed unico Punto di Riferimento della nostra esistenza.
Stiamo combattendo contro i mulini a vento, stiamo lottando contro quel maledetto carro armato di Tienammen che cerca di giocare "al gatto col topo" e che non ci lascia neanche la soddisfazione di poter portare avanti un confronto a viso aperto, un confronto che, ingenuamente, speravamo si potesse fondare su di un leale e democratico dialogo.
Sinceramente, qualche volta, la tentazione di mollare ci assale ma ti assicuro che porteremo avanti il nostro impegno proprio perché, come dici giustamente, esso si "aggrappa" alla nuda roccia del Vangelo ed è alimentato dalla forza che il Signore ha la bontà di donarci giorno dopo giorno.
Se qualcuno ci potesse aiutare, se qualcuno avesse la voglia ed il potere di stimolare e di sviluppare quel poco di "fantasia creativa" che, quotidianamente, cerchiamo di mettere al servizio della Verità, saremmo felici di accogliere qualsiasi suggerimento affinché la nostra battaglia, contro la menzogna e contro la prevaricazione, possa continuare e possa dare un senso alla nostra ricerca del volto di Cristo.
Un abbraccio fraterno
Lo Staff di AricciaNonTace
http://ariccianontace.wordpress.com/
mercoledì 29 ottobre 2008
PAURA
TRATTATO SEGRETO ITALIA - LIBIA
RIDICOLO E INSIGNIFICANTE
MANCA L'ARIA
Il teologo della liberazione Josè Marins parla della chiesa cattolica istituzionale in America Latina in una lunga intervista comparsa su Adista del 25 ottobre.
Per usare l'espressione di Eduardo Galeano, la Chiesa cattolica ha "le vene aperte": perde in quantità numerica e in qualità. Cresce il "soffocamento" intra-ecclesiale. È come stare con la testa dentro un sacco di plastica: manca l'aria e si hanno allucinazioni. Stiamo tornando indietro rispetto a quanto è stato assunto dal Vaticano II: nella liturgia, nella formazione dei seminaristi, nella scelta dei periti, dei rettori e dei vescovi, nella pratica della collegialità, nell'ecumenismo
Sono sfumati i contorni della Chiesa locale, che, diversamente dall'epoca di Medellin, non è più nella condizione di offrire la sua originale collaborazione all'insieme cattolico, ma "preferisce" ascoltare le consegne tracciate dall'esterno dalle autorità di turno. Il buon parroco, il vescovo fedele sono quelli che chiedono ai "superiori" cosa conviene dire. Ancora peggiore è il centralismo prepotente.
Mi riferisco alla proliferazione di "eunuchi" burocratici, intellettuali, pastorali creati per sostenere il modello canonizzato. C'è un ossessione per i numeri movimenti e congressi che riempiono stadi e piazze con la stessa dinamica del tifo uniformato.
martedì 28 ottobre 2008
APPUNTAMENTI DEL MESE - NOVEMBRE 2008
Mercoledì 5 ore 21 presento il libro “Omosessualità e Vangelo” allo Shortbus cafe davanti alla Mole Antonelliana.
Martedì 11 incontro del gruppo “Comunità nascente” in Via Pio V, 17 dalle ore 20 alle ore 22. Per informazioni: 349 6014039.
Venerdì 14 e venerdì 28 prosegue nei locali della Libreria Claudiana la lettura del Libro di Isaia dalle ore 18 alle 19,30. Per informazioni: 349 7206529.
OLBIA
Giovedì 6 alle ore 20,30 incontro con la comunità cristiana di base. Per informazioni 0789 68871 (Tonino e Ida).
Venerdì 7 alle ore 21 incontro pubblico su “Tempi di paure, tempi di risurrezione… Quello che osiamo noi, quello che osa Dio”. Per informazioni: 338 8277767.
ROMA
Sabato 8 dalle 22,30 alle 24 partecipo a un dibattito televisivo con Delia Vaccarello
Sabato 29 e domenica 30 con l’associazione LiberaMenteNoi diamo vita ad una due giorni sulla figura di "Gesù di Nazareth, la sua fede, la sua prassi di vita". La sera del sabato, nei locali della comunità cristiana di base di San Paolo, presenteremo il libro “Omosessualità e Vangelo”. La domenica parteciperemo all’eucarestia della comunità. Per informazioni: Fabio 392 5867127.
RIVALTA
Sabato 15 alle ore 16 ci incontriamo per “ACQUA: simbolo e realtà nella Bibbia”. Per informazioni: 011 9066987.
MONCALIERI
Giovedì 20 alle ore 20,30 ci incontriamo per riflettere su “Gesù e le donne”. Per informazioni 011 641087.
PINEROLO
Sabato 22 alle ore 17, dando inizio ad un corso di teologia sistematica, nell’incontro mensile de la Scala di Giacobbe invito a riflettere su “Noi, la morte, il suffragio”. Per informazioni: 340 8615482.
SALUZZO
Domenica 23 alle ore 17 incontro con la comunità locale e celebrazione dell’eucarestia.
AOSTA
Martedì 25 dalle 17 alle 19 incontro del gruppo di lettura biblica.
UNA MOSCA RARA
Le necessità degli altri
apri i miei occhi
affinché possa vedere il bisogno degli altri,
apri le mie orecchie,
affinché possa sentire le loro grida,
apri il mio cuore,
affinché non debbano rimanere senza soccorso.
Fa' che la rabbia dei forti non mi spaventi
dal difendere i deboli,
e che la rabbia dei ricchi
non mi spaventi dal difendere i poveri.
Fammi vedere dove c'é bisogno di amore,
di speranza e di fede
e fammi diventare un tuo strumento
per portarli in quei luoghi.
Apri i miei occhi e le mie orecchie
affinché in questa giornata che viene
io possa fare un'opera di pace per te.
Preghiera Shona (dallo Zimbabwe)
Un teologo cattolico obietta
Un teologo cattolico romano della Polonia ha respinto la richiesta fattagli dalla Congregazione perla Dottrina della Fede del Vaticano di ritirare e di riscrivere un articolo che critica l'atteggiamento della Congregazione nei confronti delle altre Chiese cristiane.
“ E' una nuova storia che dimostra tristemente come Roma condanna dei teologi”, ha dichiarato Waclaw Hryniewicz, membro fondatore di uma commissione internazionale per il dialogo teologico tra le chiese ortodossa e cattolica.
“Mi hanno detto che mi avrebbero imposto sanzioni disciplinari se non rinunciavo al mio linguaggio abusivo ingiusto e irrispettoso nei confronti della Congregazione. Non so che cosa vuol dire -, forse semplicemente un divieto di pubblicazione o una scomunica per disubbidienza”, ha spiegato Waclaw Hryniewicz.
La Congregazione per la Dottrina della Fede difende l'ortodossia teologica all'interno della Chiesa cattolica. Il Cardinale Joseph Ratzinger – oggi papa Benedetto XVI- ne era prima a capo.
Il professore Hryniewicz si é ritirato dall' Università di Lublino nel 2005.
Il suo articolo, intitolato “ Il salvatore é polifonico” é stato pubblicato in Open Theolog, un giornale interreligioso con sede a Londra.
L'articolo incriminato critica un documento del Vaticano del 2007 che ribadiva il punto di vista cattolico secondo il quale le denominazioni protestanti non sono chiese”in senso proprio”.
Il professore Hryniewicz ha scritto che il documento del Vaticano rappresenta una “regressione grave” che rispecchia atteggiamenti risalenti a prima del Concilio Vaticano II (1962-1965), il quale aveva intodotto delle riforme nella Chiesa cattolica.
Il teologo polacco ha ricevuto la richiesta di ritirare il suo articolo in una lettera inviatagli nel gennaio scorso da Heinz Steckling, superiore generale dell'ordine degli Oblati di Maria Immacolata, al quale il professore appartiene. Gli sono stati concessi tre mesi per presentare il suo nuovo articolo a “superiori competenti” che dovranno approvarlo.
Il professore Hryniewicz ha però dichiarato al suo ordine che non avrebbe scritto”chiarificazioni o rettifiche”e ha affermato che altri responsabili cattolici romani condividono la sua delusione circa il punto di vista della Santa Sede.
“La mia unica intenzione era di far parte del dolore e della tristezza di molti protestanti, fratelli e sorelle nella fede cristiana, profondamente scossi dalla dichirazione del Vaticano”, ha risposto Waclaw Hryniewicz, 72 anni, in una lettera.
Il professore Hryniewicz ha contribuito alla redazione della Charta Oecumenica del 2001, pubblicata della Conferenza delle chiese europee (Kek) e dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee).
LA "PROFEZIA" DI CALAMANDREI
PEDOFILIA IN INTERNET
lunedì 27 ottobre 2008
BRUNO CORSANI
Lunedì 27 ottobre si sono svolti a Pinerolo i funerali del biblista protestante Bruno Corsani, pastore valdese, per lunghi anni docente di Nuovo Testamento alla Facoltà Valdese di Roma. Muore un grande credente e un vero maestro.
I suoi studi continueranno a nutrire i nostri cammini di fede per molto tempo.
IL BATTESIMO GLI HA LESO IL CERVELLO
DELIRIO CATTOLICO ROMANO
A Sua Santità il Papa Benedetto XVI,
Mi rivolgo direttamente a Lei, Vicario di Cristo e Capo della Chiesa Cattolica, con deferenza da sincero credente nella fede in Gesù e da strenuo protagonista, testimone e costruttore della Civiltà cristiana, per manifestarLe la mia massima preoccupazione per la grave deriva religiosa ed etica che si è infiltrata e diffusa in seno alla Chiesa. Al punto che mentre al vertice della Chiesa taluni alti prelati e persino dei suoi stretti collaboratori sostengono apertamente e pubblicamente la legittimità dell'islam quale religione e accreditano Maometto come un profeta, alla base della Chiesa altri sacerdoti e parroci trasformano le chiese e le parrocchie in sale da preghiera e da raduno degli integralisti ed estremisti islamici che perseguono lucidamente e indefessamente la strategia di conquista del territorio e delle menti di un Occidente cristiano che, come Lei stesso l'ha definito, "odia se stesso", ideologicamente ammalato di nichilismo, materialismo, consumismo, relativismo, islamicamente corretto, buonismo, laicismo, soggettivismo giuridico, autolesionismo, indifferentismo, multiculturalismo. Si tratta di una guerra di conquista islamica che ha trasformato l'Occidente cristiano in una roccaforte dell'estremismo islamico al punto da "produrre" terroristi suicidi islamici con cittadinanza occidentale, dove la minaccia più seria non è tanto quella degli efferati tagliatori di teste che impugnano le armi, quanto quella dei subdoli tagliatori di lingue che hanno eretto la dissimulazione a precetto di fede islamica, dando vita a uno stato islamico in seno allo stato di diritto, basato su un'ampia rete di moschee e di scuole coraniche dove si predica l'odio, si inculca la fede nel cosiddetto "martirio" islamico, si pratica il lavaggio di cervello per trasformare le persone in combattenti della guerra santa islamica; di enti caritatevoli e assistenziali islamici che in cambio di aiuti materiali plagiano e sottomettono le menti; di banche islamiche che controllano fette sempre più ampie della finanza e dell'economia mondiale accreditando il diritto islamico; di veri e propri tribunali islamici che in Gran Bretagna sono già riusciti a imporre la sharia, la legge islamica, equiparata al diritto civile su questioni attinenti allo statuto personale e familiare, anche se assumono delle sentenze che violano i diritti fondamentali dell'uomo, quale la legittimazione della poligamia e la discriminazione della donna. Questi sono fatti: ci si creda o meno, piacciano o meno, ma sono fatti reali, oggettivi, innegabili. Questa conquista islamica delle menti e del territorio si è resa possibile per l'estrema fragilità interiore dell'Occidente cristiano: sono due facce della stessa medaglia. Il nostro Occidente emerge sempre più come un colosso di materialità dai piedi d'argilla perché senz'anima, in profonda crisi di valori, che tradisce la propria identità non volendo riconoscere la verità storica ed oggettiva delle radici giudaico-cristiane della propria civiltà. E' un Occidente ideologicamente e concretamente colluso con l'avanguardia dell'esercito di conquista islamico che mira a riesumare il mito e l'utopia della "Umma",
Magdi Cristiano Allam
O LUI O NIENTE
domenica 26 ottobre 2008
TI METTI NEI GUAI
UN PRETE DENUNCIA: I SEMINARI CI FORMANO PER ESSERE FUNZIONARI DI UNA CHIESA SONNOLENTA
ROMA-ADISTA. Qualche tempo fa (vedi di seguito), raccontavamo la vicenda di un seminarista - Cristian Leonardelli - che, per poter diventare prete aveva dovuto trasmigrare dalla sua diocesi - Trento - fino a Livorno. Motivo: il suo “eccessivo” spirito critico, unito alla lettura di una stampa considerata non “edificante” per un aspirante presbitero, come quella di Adista, aveva suggerito al vescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, di soprassedere all’ordinazione. Ebbene, qualche giorno fa don Cristian ci ha scritto, per precisare ulteriormente la sua vicenda e inserirla all’interno della più generale questione di come avviene oggi la formazione dei nuovi preti. La riproduciamo qui di seguito (v. g.)
Cara Adista,
sono don Cristian e scrivo in relazione all’articolo del n. 45 di Adista, intitolato: “Hai spirito critico? Leggi Adista? Allora non puoi fare il prete.”
In esso si racconta brevemente della mia traversia nella diocesi di Trento conclusasi poi con l’ordinazione nella diocesi di Livorno. Ci tenevo a far sì che quanto mi è accaduto non si riducesse ad una faccenda personale tra me e il vescovo, ma desse l’opportunità per una riflessione di più ampio respiro, magari su Adista, riguardo i criteri di selezione dei candidati al sacerdozio.
Penso infatti che questi criteri siano lo specchio di come oggi vive e ragiona la nostra Chiesa. Quale prete vogliamo oggi? E quale Chiesa sogniamo? Sono due facce della stessa domanda. La mia esperienza mi dice che nella “recluta” e nella formazione dei preti ben difficilmente sono “premiate” quelle persone leali, vere e dotate di quello spirito di amore per la ricerca e per la critica costruttiva.
Quasi sempre sono preferite persone conformiste, inquadrate nei ranghi e che raramente sollevano questioni: è ovvio sono più funzionali alla nostra sonnolenta istituzione Chiesa che preferisce non aver a che fare con “rompiscatole” che potrebbero mettere in discussione modi di fare e di pensare. Difficilmente trovano spazio quelle persone che portano avanti “visioni” differenti da quelle ufficiali, coloro che manifestano dissenso, anche se affettuoso e creativo, fanno fatica ad esprimersi… come mai?
Quale idea di Chiesa e, ancora più profondamente, quale idea di Dio nasconde questo modo di fare e di agire? Forse che arruolando nel clero (o tra i cristiani con responsabilità ecclesiali) persone appiattite nel sistema, prive di “spina dorsale”, di capacità critica, di amore per la verità, si pensa di portare elementi di pace? Penso che scansare problemi, evitare i riscontri, negarsi la realtà non siano elementi di pace ma piuttosto il modo per introdurre conflitti più ampi.
Rinviare il confronto significa accumulare equivoci, frustrazioni, voglia di rivalsa. La pace di Cristo è proiettata nel futuro e non può crescere e realizzarsi finché ci sono ipocrisie in agguato, pronte a rivangare problemi accantonati. Pensare secondo Dio, uscire dall’individualismo, cercare il bene comune anche a rischio di generare conflitti: ecco il Regno di Dio.
Infatti sovente nella storia i seguaci di Gesù sono stati perseguitati, e non soltanto da chi militava su fronti avversi, ma anche da appartenenti all’ambiente cristiano, da coloro che usano strumentalizzare il nome di Cristo per adattarlo a interessi di governo e di potere. L’indicazione è sempre la stessa: non chi dice “Signore Signore” rischia persecuzioni, ma “chi fa la volontà del Padre” (Mt 7,21).
Certo non è utile nessuna contrapposizione conflittuale, ma solo un paziente, deciso e perseverante lavoro di trasformazione, per poter continuare a credere che al ripetersi della domanda: “Ma il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8), ci sarà qualcuno che risponderà: “Eccomi !”.
“La vocazione di don Abbondio (cioè quella che in un seminario viene presentata come perfezione sotto il falso nome di Prudenza, Umiltà, Sottomissione) non era la vocazione dei Martiri che han fatto la Chiesa. E se l’essere cristiano non implicasse automaticamente l’opposizione alle autorità costituite, ai benpensanti, ai potenti, Gesù non sarebbe stato condannato a morte e nessuno degli altri suoi martiri che vennero dopo di lui. Dunque dai seminari così come sono ora non può in nessun modo uscire un cristiano cioè un chiamato alla persecuzione dei potenti (compresi i potenti ecclesiastici) e se è necessario al martirio”.
HAI SPIRITO CRITICO? LEGGI ADISTA?
TRENTO-ADISTA. Domenica 18 maggio a Coredo (in Val di Non, provincia di Trento), suo paese d’origine, don Cristian Leonardelli ha celebrato la sua prima messa. Nulla di strano, se non fosse che don Cristian, dopo il diaconato, per diventare prete ha dovuto attendere ben sei anni e - soprattutto - ha dovuto lasciare la diocesi di Trento, dove aveva vissuto, dove aveva frequentato tutti gli anni di seminario e dove sperava di essere incardinato.
La storia di don Cristian, e delle ragioni per cui - in un’epoca di inarrestabile calo delle vocazioni - ha dovuto penare tanto per essere ordinato, è stata raccontata dal quotidiano l’Adige, sul numero del 28 maggio scorso, all’interno di un lungo articolo-intervista, in cui il prete trentino, che oggi ha 34 anni, ricostruisce le tappe della sua traversia: “Entrai in seminario a Trento dove mi dimostrai una persona costruttivamente critica”. “Dopo essere stato ordinato diacono, prima del sacerdozio, mi presentai al vescovo con una lettera, come di norma. Gli scrissi della mia sensibilità per gli ultimi e diedi la mia disponibilità a lavorare in punti di incontro o di recupero di tossicodipendenti”. Il vescovo, mons. Luigi Bressan, “lo recepì come un rifiuto da parte mia a vivere in una comunità parrocchiale, ma io parlavo di possibilità, vedendo figure come don Dante Clauser o don Luigi Ciotti”. L’ordinazione era prevista per il mese di giugno del 2005, “ma alla fine di marzo fui convocato dal vescovo. Mi presentò un dossier. Avevano investigato su di me”: “Mi venivano attribuite affermazioni false, tendenziose e del tutto decontestualizzate. Un esempio su tutti? Il celibato dei preti, che tra l’altro io vivo serenamente. In qualche occasione avevo detto di essere aperto alla possibilità che le famiglie potessero collaborare con il ministro celibe. Fui accusato di essere contrario al celibato, di rifiutare la dottrina. Lo stesso valse per altre questioni, come l’omosessualità, il ruolo della donna nella Chiesa e la figura di Gesù: il senso originario delle mie parole venne distorto”. Dopo questo primo colloquio, racconta Leonardelli all’Adige, “incontrai monsignor Bressan altre quattro volte”, nelle quali, tra l’altro, “mi venne contestato il fatto di essere abbonato a riviste non ufficiali come Adista”.
Alla fine, la tegola sulla testa. Bressan - racconta don Cristian - “mi disse che non sarei mai stato ordinato in Trentino e che non mi avrebbe dato la possibilità di lavorare come diacono. Senza quell’incarico non avrei potuto autosostenermi”. Nella parrocchia di Gardolo, dove don Cristian era allora diacono, “stavamo programmando assieme la pastorale per l’anno seguente, dissi loro che purtroppo non ci sarei stato: inizialmente la presero come una burla, poi capirono. Chiesero se ci fosse qualcosa di sbagliato nel nostro cammino assieme, ma non ottennero risposte né dal parroco di Gardolo né dal vescovo, per cui scrissero numerose lettere ai giornali, che diedero grande spazio alla notizia”. Cristian rinunciò a fare ricorso al tribunale ecclesiastico appellandosi al diritto canonico “per il quale un diacono ha diritto ad essere ordinato prete se non incorre in disordini morali o rinnega la fede”. Preferì trovare un vescovo che lo accogliesse e accettasse di fargli proseguire il cammino iniziato in Trentino. Trovò accoglienza nella diocesi di Livorno, presso mons. Diego Coletti. Lì, racconta “ho continuato a fare quello che facevo qui, ho continuato ad essere quello che sono”. E è stato ordinato prete in Santa Maria del Soccorso.
OGNI TEMPO HA....
C'E' EMERGENZA
RAZZISMO...
NESSUNA EMERGENZA.
TUTTO PROCEDE
SECONDO PROGRAMMA (Altan)
sabato 25 ottobre 2008
MANIFESTAZIONE ROMANA
INDETTA DAL PARTITO DEMOCRATICO.
VIVA LE PIAZZE DEMOCRATICHE
CHE FANNO TANTA PAURA
AL CAVALIERE DI ARCORE.
CHE STA PERDENDO I COLPI
E INVOCA LE FORZE DELL'ORDINE.
BISOGNA PRENDERNE ATTO
I preti dal '68 al 2008 sono diminuiti in Italia oltre il trenta per cento e l'azienda cattolica potrebbe chiudere se non resistessero i preti dai 70 ai 90 anni e i preti stranieri. Le suore italiane sono addirittura in estinzione, sostituite da suore straniere. ma a Roma c'è un ordine preciso: ogni cambiamento è un cedimento allo spirito del mondo. Così nacquero le mummie e così si passò dal cristianesimo al cattolicesimo romano.
Mancano soprattutto le voci laicali, capaci di farsi sentire nella chiesa e nel mondo. Il concilio vaticano II aveva dato un timido segnale di avvio, ma ora il clericume ratzingeriano vuole sopprimere ogni libertà. Ma non c'è scusa che tenga: la libertà va conquistata nella lotta e non attesa come concessione dal cuore dell'impero.
C’È ANCORA BISOGNO E VOGLIA DI COMUNITÀ?
Altre volte ho svolto su questo tema alcune riflessioni teologiche. Oggi vorrei molto semplicemente raccontare come questo interrogativo ha fatto parte della mia vita e si è tradotto in un esperienza.
Il dono della comunità cristiana
Gettando lo sguardo all'indietro, sono pieno di gratitudine verso Dio e verso tante persone. Nell'infanzia vedevo uomini e donne (anni 1945-1946) lavorare insieme per "fare gli scavi" e gettare le fondamenta dell'edificio chiesa. Lo fecero per otto/nove mesi il sabato e la domenica. Allora la mia parrocchia aveva solo una chiesetta di legno. Anna, una donna dolcissima (mentre era parroco un tipo spaventa passeri), era la catechista che ci parlava di un Dio che io immaginavo e percepivo più tenero e più bello ancora di lei. Era il messaggio che ricevevo anche in casa.
Poi ci fu il tempo del seminario. Lì, in quei lunghi anni di preparazione al ministero, imperversava un cattolicesimo dottrinario di stampo tridentino, fatto di dogmi e di verità assolute. Ma in quegli anni, pur dentro questo recinto papalino, incontrai dei testimoni del Vangelo. C'erano tra i miei "superiori" alcuni preti che vivevano la fede con straordinario coinvolgimento e con altrettanta coerenza. Furono per me dei maestri di vita.
Lì percepii la fede nella dimensione comunitaria, e il rapporto personale con Dio cresceva di pari passo con la formazione alla socialità. La testimonianza di questi fratelli era una fede gioiosa, impegnativa, ma priva di senso di colpa. Il loro entusiasmo mi contagiava. La loro dedizione mi indicava un cammino umile e sereno.
Debbo in gran parte a queste persone se "percepii" Dio come una presenza amante, un Dio caldo, una sorgente generosa di acqua, di frescura e di vitalità.
Raccolsi come un dono questo grappolo di testimonianze che mi accesero un fuoco nel cuore. Quando mi colpì una grave forma di tubercolosi, il rettore del seminario mi disse: "Non andrai nel seminario dei preti e dei seminaristi ad Arco di Trento, ma nel sanatorio che è qui nella nostra zona. Ti farà bene stare con la gente…".
Ho raccontato questo "percorso" per dire come tanto, tantissimo mi è stato donato. L'esperienza e la volontà di comunità mi è stata testimoniata e donata.
Il passaggio successivo
Questo dono mi facilitò quando, appena prete, il giorno 8 dicembre 1963 demmo vita al gruppo ecumenico e biblico "Geremia 7" e la Parola che cercavamo nelle Scritture, nella vita e nella preghiera fu come uno spirito ad entrare nel bel mezzo delle lotte del '68/ '69…
Modalità comunitarie diverse che molti di noi vissero in gruppi, parrocchie e comunità cristiane di base, ma per me fu sempre evidente che la sequela di Gesù sollecita una risposta personale ma, nello stesso tempo, si vive in un contesto comunitario.
Comunità deriva da "cum munus" = una impresa, un compito, una responsabilità, un cammino da vivere insieme.
Oggi più che mai sento che diventare discepoli di Gesù è la dimensione che sta al centro della mia vita.
In comunità, nella comunità cristiana, non cerco amici e amiche, ma fratelli e sorelle che, secondo le diverse individualità e culture, tentano nel confronto di seguire la strada di Gesù nel nostro oggi. La comunità, oggi, per me, non è il luogo in cui cerco il confronto sulla cultura, sulla politica… A volte succede, ma nella comunità cerco in primo luogo il pozzo della Parola di Dio, il confronto sui nostri percorsi di fede, l'educazione alla preghiera e l'esperienza della preghiera, gli strumenti per leggere le Scritture.
Gli amici li scelgo, i fratelli e le sorelle li trovo. Per approfondire la mia riflessione e la mia pratica politica trovo personalmente luoghi più adatti, dove avviare un confronto a volte più proficuo e profondo.
Oggi
Penso che ognuno/a di noi compie un suo percorso. Oggi mi rallegro quando vedo la capacità di "fare comunità" e cerco di lavorare là dove mi sembra più utile accompagnare dei fratelli e delle sorelle verso l'autogestione comunitaria.
Mi sembra di constatare che oggi fare comunità sia un dono da vivere ancora più intensamente e diffusamente in modo ecumenico, aperto. Nel libretto "Il dono dello smarrimento" scrivevo: "Nel dialogo tra culture e religioni diverse a me preme in modo particolare evitare l'equivoco di un confronto talmente irenico da annullare la possibilità del conflitto oppure la tentazione di dissolvere la propria identità storica nel mondo delle apparenze in un generico teismo. Per me è essenziale, proprio per riconoscere e rispettare l'alterità dell'altro, ripensare ma non immolare o annebbiare la propria identità, né illudersi di poter proporre un metalinguaggio che assimili e porti ad unità le diverse tradizioni religiose".
Il nostro essere e dirci cristiani/e può diventare anche un servizio reso alla "comunità umana" nella irriducibile e conviviale differenza dei mille e mille percorsi.
venerdì 24 ottobre 2008
UNA RETTIFICA CHE CI VOLEVA
Sull'intera vicenda invito il Professor Cantelmi ad un pubblico dibattito con il gionalista Davide Varì (che si è già diachiarato disponibile) e il sottoscritto. Un cordiale saluto a Varì e Cantelmi.
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MA IL PROFESSOR CANTELMI CI HA DETTO LA VERITA'?
Da: Davide Varì
Date: 23 ottobre 2008 12.18
Oggetto: Replica al professor Cantelmi
Gentile don Franco, gentile editore,
sono Davide Varì, il giornalista di Liberazione che ha condotto l'inchiesta sulle terapie riparative. Non ho mai replicato alle accuse del professor Tonino Cantelmi perchè ho sempre pensato che fosse un suo diritto difendersi da quanto emerso dalla mia inchiesta. Un diritto che gli è stato concesso anche sul giornale per il quale lavoro che ha puntualmente pubblicato una sua lettera di autodifesa. Peraltro avevo chiesto al professor Cantelmi un'intervista, un confronto pubblico che, guarda caso, ha preferito declinare.
A questo punto, dopo mesi di accuse nei miei confronti e vere e proprie invenzioni sul mio conto, come quella delle 2 querele che il Cantelmi dice che io ho ricevuto e che sono una mera invenzione, mi trovo costretto a replicare e ad annunciare un'azione legale nei suoi confronti.Vorrei però sottolineare che nella sua querela e nella replica pubblicata sul mio giornale, il professor Cantelmi non nega mai di aver praticato la Terapia riparativa.
Come potrebbe, visto che nel corso del nostro primo incontro mi ha regalato un libro di Joseph Nicolosi? Sempre nella sua querela - e qui parlano gli atti da lui depositati - mi accusa soltanto di aver definito il suo studio "un porto di mare", di averlo definito "guru dei guaritori di gay", e di aver parlato del mio disagio di fronte a quella terapia. Insomma, una querela a dir poco stravagante.
Vorrei inoltre sottolineare che la stessa senatrice Paola Binetti, che forse conosce bene il professore, ha pubblicamente ringraziato Tonino Cantelmi: «Cantelmi svolge un lavoro eccellente. Fino agli Anni Ottanta nei principali testi scientifici mondiali l'omosessualità era classificata come patologia, poi la lobby degli omosessuali è riuscita a farla cancellare. Ma le evidenze cliniche dimostrano il contrario».
A questo punto immagino che Cantelmi sarà costretto a querelare anche la senatrice Binetti.Ribadisco inoltre che la mia inchiesta non era tesa a denunciare il singolo terapeuta ma una pratica che distrugge la vita a centinaia di ragazzi. Credo quindi di aver svolto correttamente il mio lavoro, il mio dovere di giornalista.
Nel ringraziarla della sua attenzione le invio i mie più cordiali saluti,
Davide Varì
PAPOLATRIA
Riporto da Adista la seguente informazione. Mi raccomando: mandate le fotografie al papa. Io gli ho scritto: "Disobbedientissimo nel Signore".
Un monumentale mosaico con l'immagine di papa Ratzinger campeggerà a Città del Messico in occasione del VI Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà in quella città dal 13 al 19 gennaio 2009. gli organizzatori dell'incontro stanno raccogliendo in tutto il mondo 7mila foto digitali con le quali sarà composto il grande mosaico raffigurante il papa. Ha già il nome "mosaico delle famiglie" e sarà scoperto nel contesto dell'appuntamento messicano. L'iniziativa si chiama "Il Papa vuole conoscere la tua famiglia" e ad essa possono partecipare tutti coloro che invieranno entro il 12 dicembre per posta elettronica (fotoemf2009@gmail.com ) una fotografia con l'indicazione del nome del capofamiglia, il cognome della famiglia, il Paese di origine e la città. Il quotidiano della Santa Sede definisce l'iniziativa la testimonianza "che il Papa è presente in tutte le famiglie e che in lui queste ultime sono tutte rappresentate".
RIFLESSIONI DURANTE IL CAMMINO
Se non fossi stato impegnato fuori Pinerolo, nell'incontro pomeridiano di domenica 26 ottobre avrei proposto alcuni temi che a me sembrano utili per dei cristiani/e di base oggi.
- che rapporto esiste tra fede e religione nella ricerca e nell'esperienza cristiana?
- come possiamo oggi, nella "stagione" delle scienze e del "Dio assente e silente", leggere le Scritture che, invece, spesso ci presentano un Dio presente, interventista, onnipotente?
- come possiamo oggi vivere il rapporto fede e impegno nel mondo, quando abbiamo acquisito la dimensione della laicità?
- diventare e dirsi cristiani/e nel contesto del pluralismo religioso quali significati può assumere?
A me queste "interpellazione" e questi interrogativi sembrano urgenti, ma le opinioni sono largamente e positivamente diverse anche nelle comunità cristiane di base.
I nostri itinerari di fede sono segnati dalla particolarità. Io non andrò certo mai ad un convegno ecclesiale che metta al centro la riflessione politica. Sono impegnato laicamente nel mondo e ho molti luoghi e spazi di approfondimento.
VADO AD OLBIA
FA' QUESTO E VIVRAI
I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti» (Matteo 22, 34-40).
Esistono delle pagine bibliche - e sono molte - che non cessano mai di rivelarci aspetti nuovi, di provocarci, di interpellarci e di indicarci percorsi audaci, fecondi e felici. Eppure bisogna vigilare perchè anche le parole più ricche di significato e i messaggi più vitali non vengano svuotati.
L'abuso delle parole è uno dei mali più devastanti e ricorrenti nel nostro mondo della comunicazione.
Amare Dio, amare il prossimo: ne parliamo tutti. Se la Bibbia ci ribadisce nei due Testamenti il "comandamento" dell'amore, un motivo serio c'è. Eppure a me diventa sempre più irritante questo infinito parlare d'amore… fino all'amore per i nemici, fino al dare la vita per il prossimo…
"Amore, voler bene, fare del bene" nel vocabolario cristiano sono termini fin troppo ricorrenti, pronunciati alla leggera, con disinvoltura e superficialità. Tanta è la retorica al riguardo che tali parole, troppo spesso, sono diventate pura esercitazione verbale, linguaggi rituali, astrazioni che non toccano più né la nostra vita né quella degli altri.
Amore è una parola abusata sia da molti predicatori sia dalla maggior parte dei politici. Persino Berlusconi dice che le leggi che ha imposto al paese per tutelare i suoi interessi sono espressione del suo amore per i cittadini.
Eppure, come uomini e donne inseriti nel cammino ebraico-cristiano sulla strada di Gesù, bisogna mille volte ripartire da questi pochi versetti per riscoprirli nel loro spessore.
Ebrei, cristiani , islamici
Una bella gioiosa constatazione: Gesù non fa che riprendere le parole del Levitico e del Deuteronomio, il cuore della fede ebraica. Per lui, credente ebreo nel Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Sara e di Agar, la risposta era ben chiara e l'aveva appresa alla sinagoga del suo villaggio.
Amare Dio con tutto il cuore... e amare il prossimo come se stesso rappresentano anche per Gesù, come per moltissimi credenti di Israele, il "tutto" della fede di cui si alimentava la vita quotidiana. Gesù sapeva che non c'è proprio nulla da aggiungere.
Ebrei, cristiani e islamici abbiamo lo stesso centro della nostra fede. Questa è la radice profonda, insopprimibile, che ci unisce e ci unirà anche in futuro. Questa è la conversione alla quale siamo chiamati insieme ebrei, cristiani e islamici.
La genialità di Gesù
Il testo di Matteo, tradotto letteralmente, suona così: "Quale grande comandamento c'è nella legge?". Al versetto 38 dovremmo leggere: "Questo è il grande e primo comandamento". La genialità di Gesù consiste, in perfetta sintonia con la sua esperienza di ebreo credente e devoto della Torah, nel collegare i due comandamenti, suprema espressione della volontà di Dio. Egli così rende ancor più evidente che il primo senza il secondo non sta in piedi e che il secondo, cioè amare il prossimo come se stessi, trova la sua origine nel primo.
Due amori che per il credente sono inscindibili. Matteo non ci dice che questi due "precetti" sono la stessa cosa: "il secondo è simile al primo" (v.39). L'una cosa non dispensa dall'altra: ci vogliono tutte e due. L'una richiama l'altra in una continua circolarità. L'amore adorante di Dio ha un suo spazio che non può essere assorbito dall'amore del prossimo senza privare la fede di una sua dimensione costitutiva. Così pure l'amore di Dio quando non "produce" amore del prossimo rischia di ridursi ad illusione religiosa, a fuga dalla realtà.
Sono appesi
Il testo greco del versetto 40 può essere tradotto più fedelmente così: "Tutta la legge (Torah) e i profeti sono appesi a questi precetti".
Che bella questa espressione. Tutto il messaggio biblico è condensato in questi due precetti. Tutta la vita di fede è come appesa a questi due comandamenti "come una porta sta sospesa a due cardini, uno più alto e uno più basso. Ma la porta non gira su un cardine solo" scrive Albero Mello.
Questa pagina del Vangelo non ha perso nulla del suo vigore. Troppe vite franano e fanno naufragio perchè "appendono" la loro esistenza a cardini incosistenti, a mode, al vuoto, a ciò che non ha spessore, ma solo apparenza. Il messaggio di Gesù ci fornisce una indicazione preziosa e precisa: appendi la vita all'amore, fai che l'amore sia ciò che regge la vita.
Ecco in che direzione dobbiamo dirigere i nostri sforzi, far convergere le nostre energie. Ecco qual è il criterio di valutazione della realtà, dei progetti, delle relazioni: vale ciò che è "appeso" all'amore, ciò che sta nell'ottica e nella pratica dell'amore, ciò che orienta le nostre scelte quotidiane e le "misura" con questo criterio.
Non è necessaria una lunga riflessione per capire che una vita "appesa all'amore", alla giustizia e all'onestà è decisamente contro corrente ed ha bisogno di un "riorientamento" continuo, di una conversione continua, di "ricentrarsi" ogni giorno sull'essenziale.
La chiesa prigioniera di sè
Se le nostre chiese e le nostre comunità non vivono e non testimoniano concretamente l'amore, sono enti inutili, fallimentari. Ma, le nostre vite personali e le nostre chiese sono a servizio dell'amore?
Temo, in realtà, che noi guardiamo talmente al Cristo glorioso da nascondere e dimenticare il Gesù della storia, quello che in Palestina scelse le "cattive compagnie", cioè gli "impuri, i deboli, gli esclusi, i perdenti".
Se non seguiamo Gesù su questa strada, l'annuncio della "bella notizia" corre il rischio di diventare un annuncio di illusioni, un oppio del popolo, non un reale impegno a "togliere dalla croce i crocefissi della storia". Spesso ho la dolorosa percezione, come nel recente sinodo dei vescovi in cui ho avvertito più archeologia che audacia evangelica, che come chiesa noi cristiani stiamo ancora prevalentemente dalla parte dei crocifissori.
Il teologo Javier Vitoria Cormenzona scrive: "Il cristianesimo ha dilapidato il suo potenziale di significatività salvifica e ha perduto gran parte della sua credibilità come tradizione che dà senso all'esistenza. Un numero sempre maggiore di uomini e di donne sono stanchi di ascoltare parole che non significano nulla per la loro vita, e sono sazi di dottrine e solenni documenti sul cristianesimo. Sono assetati di fonti di acqua viva e cercano vie nuove di solidarietà, ma non trovano più nel cristianesimo quello che bramano di vedere, toccare, sentire riguardo alla Parola di vita. In queste condizioni sempre di più si può applicare alle chiese il qualificativo di istituzioni zombi, una sorta di morti viventi" (Concilium 3/2005, pag. 166).
Noi cristiani/e non viviamo per far crescere o per servire le istituzioni ecclesiastiche. Viviamo a servizio del regno di Dio i cui pilastri fondamentali sono i due comandamenti dell'amore.
Amare la chiesa può oggi significare lottare perché essa si decentri da se stessa per cercare il volto, la presenza di Dio nei sentieri della vita quotidiana, scendendo dalla "carrozza della verità" per addentrarsi scalza, senza i calzari delle sicurezze umane.
Dio, spesso nascosto nelle ferite della storia, non è una sorgente disseccata, ma c'è bisogno di un collirio che guarisca i nostri occhi per vedere (Apocalisse 3, 18) e c'è bisogno di un nuovo orecchio per ascoltare il Suo grido.
Insieme
Il 28 ottobre ricorre la settima giornata del dialogo cristiano-islamico.
Lo ricordo perché, in questa fase in cui talune forze di governo sono apertamente nemiche dello straniero e favorevoli all'equazione "islamico = terrorista", è importante crescere nell'accoglienza reciproca, nella difesa dello straniero e nella consapevolezza della feconda e pacifica tradizione islamica che è parte della nostra storia passata, presente e futura.
Un avvertimento prezioso
Noto che anche noi credenti, sempre in cerca di strade percorribili, scambiamo l'essenzializzazione con una semplificazione che diventa una mutilazione. C'è chi, in nome della spiritualità, si butta nella direzione degli atti di culto, di preghiera, di meditazione. Altri liquidano questi aspetti come inessenziali, irrilevanti e si gettano esclusivamente nell'azione. Le "opere", l'amore del prossimo sono la loro divinitià.
Traggo una preziosa testimonianza dalle teologie della liberazione nate in America Latina. Questi credenti, così fedeli all'insegnamento di Gesù, hanno vissuto, testimoniato e descritto il loro percorso di fede come la coniugazione di questi due "comandamenti". La loro vita di impegno politico e sociale dalla parte dei diseredati non ha cancellato una lettura "spirituale", e insieme storica delle Scritture, l'esperienza della preghiera.
Anche nella chiesa di base questa "coniugazione" spesso è trascurata e talvolta, in questa sottolineatura, mi sono sentito abbastanza solo. Per me preghiera e azione si richiamano e si arricchiscono vicendevolmente. Vorrei dire che sono due facce della stessa moneta, due passioni da vivere nella nostra esistenza quotidiana.
La comunità cristiana ha il compito di aiutarci a tenere vive e congiunte in noi queste due dimensioni. Su questa strada ci precede Gesù: egli viveva intensamente il suo rapporto creaturale con Dio, che amava come Dio suo e Dio nostro. Da questa sorgente scaturivano in lui torrenti di amore, di tenerezza, di solidarietà. E' la nostra strada: "Fa' questo e vivrai" (Luca 10,28)
CERCARE ALTRE STRADE
SIRI CON LA PISTOLA
giovedì 23 ottobre 2008
MILITARISTA, MANIPOLATORE,MENZOGNERO
SPROLOQUI PAPALI
Riporto da Repubblica del 18 ottobre l'intervista al professor Carlo Bernardini a cura di Elena Dusi.
"Il Papa che incassa l'8 per mille non può parlare di soldi a noi, che in questi giorni lottiamo per non far annegare l'università". L'argomento finanziario è quello che più fa sobbalzare sulla sedia Carlo Bernardini, ex senatore vicino al Pci e professore di fisica alla Sapienza. Uno dei docenti che in primavera firmò la lettera di protesta contro la prolusione di Benedetto XVI all'università.
Il Papa ha attaccato più volte la scienza. Ma il tema dei soldi emerge per la prima volta?
"Il pontefice dimostra di essere molto male informato. Il guadagno facile si trova altrove. Forse non sa che i ricercatori, specialmente i giovani, hanno paghe da miseria, vivono nel precariato e sono i primi a perdere il posto in caso di tagli. Le affermazioni del Papa rasentano l'incredibile.
Come risponde all'idea di una scienza senza etica?
"Di che etica ci viene a parlare un Papa che ha visitato gli Stati Uniti e non ha sollevato l'argomento della pena di morte? Sono uno dei fondatori dell'Unione degli scienziati per il disarmo perché credo che la lotta contro la guerra e le armi di distruzione di massa vada condotta con mosse concrete, non con gli argomenti di principio".
Benedetto XVI ha pronunciato il suo discorso 10 anni dopo l'enciclica Fides et Ratio.
"Giovanni Paolo II considerava fede e ragione due elementi compatibili fra loro. Ognuno restava delle sue convinzioni, ma almeno c'era rispetto reciproco. Questo Papa ha una posizione molto più arretrata e il discorso di oggi dimostra che non ha timore di mettere i piedi nel piatto".
mercoledì 22 ottobre 2008
LETTERA DI UN PRETE CORAGGIOSO
Carissimi/e,
domenica scorsa don Nandino CAPOVILLA ha ritenuto di dover dedicare la sua omelia alla tragedia delle morti sul lavoro e in particolare a Vasilijuk, un lavoratore ventenne, ucraino, travolto dal crollo di un muro,mentre stava lavorando alla costruzione di un albergo cinque stelle.
La tragedia si è consumata a Murano, una delle isole della laguna di Venezia, esattamente un mese fa. Don Nandino non si è limitato a fare una predica, ma ha anche scritto a tutti i parrocchiani (la lettera integrale è riportata sul sito di Articolo21) e ha tentato di risvegliare le coscienze su una tragedia rimossa pe domenica scorsa,ha ritenuto di dover dedicare la sua omelia alla tragedia delle morti sul lavoro e in particolare a Vasilijuk, un lavoratore ventenne, ucraino, travolto dal crollo di un muro,mentre stava lavorando alla costruzione di un albergo cinque stelle.
La tragedia si è consumata a Murano, una delle isole della laguna di Venezia, esattamente un mese fa. Don Nandino non si è limitato a fare una predica, ma ha anche scritto a tutti i parrocchiani e ha tentato di risvegliare le coscienze su una tragedia rimossa perché lo spirito dei tempi non contempla il ricorso alla indignazione e l'appello alla tolleranza zero quando qualcuno, soprattutto se extra comunitario, muore mentre produce benessere e ricchezza per i padroni di casa. Nandino Capovilla ha espresso le sue riflessioni di cittadino, ma soprattutto di prete che intende dare sostanza al messaggio cristiano. I consensi non sono mancati, ma non sono mancati neppure i dissensi di chi si è sentito offeso da questo prete che "la butta in politica". (dal sito di Micromega)
Grazie dell'attenzione!
Qualcuno mi ha detto che ho sbagliato
Raccontando di quel "povero" ragazzo vittima dell'"incidente sul lavoro" alle Conterie, ho rischiato di assecondare, come un abile conduttore televisivo, la pericolosa moda di commuovere la gente per farle dimenticare quello che sta realmente accadendo e quello che dovrebbe urgentemente fare.
Dicono che bastavano le letterine dei bambini per far commuovere con questa storia di una famiglia buona, grandi lavoratori, gente semplice (proprio come noi italiani, pur essendo stranieri...) improvvisamente stroncata dalla "fatalità" di un "incidente"...
Io però volevo raccontare la tragedia che ha solo lambito i canali muranesi, partendo dal cuore, dai sentimenti che ci dovrebbero accomunare tutti, per arrivare a ragionare e ad interrogarsi insieme su questa ennesima tragedia avvenuta sul lavoro. Per incuria? Per superficialità? Questo lo decideranno altri dal parroco che usa la testa e il cuore insieme.
Perché mai non dobbiamo partire dal provare pietà per una vita finita in modo così atroce? Perché non dovremmo commuoverci con la stessa limpida intensità dei bambini, di fronte a quello che è, e proprio perché è, un dramma prima di tutto umano; dramma per una vita stroncata, per i sogni recisi, per gli affetti stravolti?
E poi però, certamente, bisogna scavare sotto la superficie e domandarsi perché, e avere la voglia - e sentire l’obbligo morale e collettivo - di indignarsi.
E allora le mie parole avrebbero dovuto generare, al posto di un'infinità di lacrimevoli approvazioni, una forte riscossa delle coscienze, un fastidio per come stanno andando le cose, a Murano e in tutto il nostro Paese.
Ancora più grave, infatti, del dimenticare solo dopo un mese la tragica morte del giovanissimo Vasilijuk, è abituarsi a farlo sistematicamente ogni giorno, mancando di accorgersi della morte assurda di una moltitudine sempre più grande di figli di Dio.
"Don Nandino, non capisco quello che mi sta succedendo... Non sono mai stata razzista, davvero, ma è da un po' che sento come se mi iniettassero ininterrottamente una flebo di odio verso gli altri. Devo confessare a Dio quello che in realtà non penso, ma che inconsapevolmente sto cominciando a pensare...".
E l'effetto, allora, di fronte ad evidenti ingiustizie e palesi violazioni dei diritti fondamentali della persona, è quello di lasciare che il silenzio avvolga questi fatti, che già da soli si denuncerebbero ad altissimo volume.
E invece di dar voce e far sentire a tutti il pianto diventato protesta di un genitore che ha visto davanti ai suoi occhi seppellire di macerie suo figlio, trasformiamo lo sdegno in commovente partecipazione, come se si trattasse solo di porgere le dovute condoglianze ad un funerale.
E anche la Chiesa rifletta. Perché se fossimo conniventi a questo silenzio, se ci accadesse di preferire un lasciar perdere meno coinvolgente, se scegliessimo il prudenziale ‘non disturbare il conducente’, invece di contribuire ad alzare il tono della protesta e il volume dell'indignazione, allora saremmo corresponsabili di questo degrado di umanità.
E non solo. Perché "se delle nostre parole verremo giudicati dagli uomini, dei nostri silenzi verremo giudicati da Dio" (don Tonino Bello).
OMOSESSUALITA' E VANGELO
Date: 13 ottobre 2008 10.57
Oggetto: "Omosessualità e Vangelo"
Gentili signori, a pagina 28 del libro citato, vengo indicato come
promotore di "terapie devastanti" sulla base di un articolo
giornalistico citato nella nota di riferimento. Purtroppo ciò lede
gravemente la mia immagine professionale. Infatti non avete
considerato:
- l'inchiesta del giornalista citata a sostegno del giudizio da voi
espresso sulla mia professionalità è stata ampiamente smentita ed il
giornalista è stato denunciato alla Procura di Roma per reati di natura
penale (e peraltro e la seconda denuncia che riceve) ed è in corso una
richiesta di risarcimento; le numerosissime precisazioni da me
effettuate sono state da voi completamente ignorate
- per vostra comodità (qualora vogliate conoscere meglio il seguito
della penosa inchiesta da voi citata) nel mio libro "Cattolici e
Psiche" edizioni San Paolo (appena pubblicato) sono comunque riassunte
sia le smentite (ampiamente argomentate) sia le modalità scientifiche
di intervento clinico: nel libro sono citati centinaia di lavori
scientifici e non c'è alcun riferimento a Nicolosi: non sono così
sprovveduto nè certamente così criminale da fare terapie non
consolidate scientificamente;
- persino l'Ordine degli Psicologi ha ampiamente accolto le mie
affermazioni, ha provveduto a inviare una newsletter di smentita a
tutti gli iscritti ed ha partecipato ufficialmente agli incontri
scientifici sul tema da me portati avanti.
Purtroppo non credo sia nè lecito nè cristiano riportare un solo
punto di vista e denigrare l'operato professionale di un medico,
procedendo con modalità così prive di attenzione e scrupolo. Ho
incontrato Franco Barbero in una trasmissione, sul suo sito ha
riportato anche commenti maliziosi su di me, ma credo che possa darmi
atto che non ho mai espresso nè pubblicamente e nè privatamente sui
miei siti giudizi negativi o maliziosi di lui. Peraltro abbiamo
distribuito la pubblicità del libro, come da voi richiesto, nel corso
delle nostre recenti iniziative e abbiamo dato voce liberamente a tutti
(Quaranta era presente) senza denigrare nessuno. Ho organizzato due
incontri con Grillini, che ha avuto piena libertà di parlare e mai ho
espresso un giudizio negativo su coloro che non la pensano come me.
Penso che lo scivolone sia stato involontario e che non ci sia da parte
vostra alcun pregiudizio, nè la voglia di attaccare la persona. Perciò
credo che possiamo concordare una "riparazione" (questa è lecita?) per
chiudere l'incidente e sono sicuro che Franco Barbero, che accoglie
tutti, vorrà accogliere anche il mio disagio nel vedermi ingiustamente
denigrato. Basterebbe che sui siti direttamente gestiti da voi (editore
e autori) possa essere accolta questa mia lettera integralmente e il
mio invito a farsi una idea completa leggendo, a questo punto, anche il
mio recente libro. Grazie.
Tonino Cantelmi
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Egregio prof. Cantelmi,
l'essermi fidato della inchiesta gionalistica in questione ha provocato il mio scivolone involontario senza che io avessi la minima intenzione di denigrare l'operato professionale di un medico. Mi farò premura di correggere lo scritto qualora si effettui una ristampa del libro. Ho già prenotato in libreria il suo libro appena pubblicato. Avrò così modo di documentarmi rigorosamente sulle sue ricerche e sulle sue pratiche terapeutiche. Spiacente di averle arrecato dolore con questo errore, pubblico volentieri sul mio blog la sua lettera.
Cordiali saluti
don Franco Barbero