giovedì 29 novembre 2007

CARDINALI CONGELATI

Il grande concistoro svoltosi il 24 novembre è finito, aldilà dello spettacolo delle porpore, nel nulla più assoluto.

La “politica ecumenica” di annessione dei patriarcati ortodossi funziona solo a metà. I patriarchi, infatti, non vogliono saperne di riconoscere al vescovo di Roma altro che il “primato d’onore”.

Ma con gli anglicani tutto è fermo mentre con i protestanti l’ecumenismo non solo segna il passo, ma è entrato in un gelido inverno.

Tutti i temi dell’etica sulla difesa della vita, matrimonio, famiglia, sessualità sembrano scavare fossati tra gerarchia cattolica e chiese protestanti.

Insomma, i cardinali ripartono dopo le feste romane per i loro paesi. Hanno ascoltato le direttive vaticane e obbedienti le eseguiranno. Tutto procede come prima.

Aldilà delle schermaglie, l’ostensione della sindone si farà, ma prima, con tutta probabilità, il cardinale Poletto, dimissionario per limiti di età, deve andarsene.

In Vaticano, Poletto (la cosa ha dell’incredibile) viene già segnalato come un progressista, anzi un sovversivo perché confidenzialmente ha detto ai suoi preti che la messa in latino non lo entusiasma.

E così, aldilà di tutti i retroscena vaticani, tra una santa Rosolia, un san Gennaro, un padre Pio e una sindone… la gerarchia cattolica guarda avanti andando indietro.

VOGLIA DI RICERCA

Il gruppo biblico di Torino (giunto al suo 29° anno) e il gruppo “comunità nascente” hanno organizzato mercoledì 21 novembre una serata su “Una spiritualità della liberazione” con la teologa italo-boliviana Antonietta Potente.

Una ottantina di persone hanno dato vita, dopo una significativa relazione introduttiva dell’invitata, ad un dialogo vivace. “Bisogna stare in un contesto, sapere bene dove si mettono i piedi, da che parte ci si colloca”, aveva esordito suor Antonietta Potente.

Spiritualità e liberazione sono parole vuote, evanescenti fuori da contesti precisi. Se si intendono come percorsi permeati dallo Spirito di Dio, allora suscitano responsabilità, iniziativa, sovvertimento non violento degli schemi culturali ed ecclesiastici oggi dominanti.

Il popolo di Dio deve riprendersi l’iniziativa della sua vita, della sua fede, della sua azione comunitaria senza deleghe gerarchiche. Abbiamo bisogno di leaders, non di furie.

Il leader vero spinge verso l’autonomia e la libertà, il guru crea dipendenza. Il mondo oggi è uno straordinario laboratorio di futuro e sotto la cenere c’è crepitio di tante fiammelle.

La nostra chiesa, purtroppo, va un po’ per la sua strada e sembra richiudersi in un mondo tutto suo. Cerchiamo di abitare nel mondo reale, non in quello di cui ci hanno dato spettacolo le recenti riunioni cardinalizie.

Il prossimo appuntamento è per venerdì 14 dicembre alle ore 21, presso i locali dell’ASAI (Via Sant’Anselmo 27) a Torino.

ALLARME: E’ NATALE

A volte ritornano… si, la fiera del Natale è già in pieno svolgimento…

Inutile fare i soliti spergiuri contro la febbre consumistica. Serve piuttosto qualche vitamina spirituale. Per esempio?

Dieci minuti ogni giorno per sostare in silenzio e preghiera, da solo/a o in compagnia.

E poi…qualche buon libro, anche tra quelli che consiglio qui da molti mesi; primo fra tutti: “Gesù di Nazareth” di Ortensio da Spinetoli, ed. La Meridiana.




FRANZ DUNZL, Breve storia del dogma trinitario nella chiesa antica, Queriniana, Brescia 2007, pagg. 184, € 16,00

Un giovane ed attrezzatissimo studioso di storia della chiesa cerca in queste pagine di farci passeggiare nei secoli che precedettero le formulazioni dogmatiche di Nicea (325) e di Costantinopoli (381) per illuminare il significato delle ricerche e delle vicende che portarono a quelle “dottrine”.

Va da sé che il teologo ufficiale che redige queste pagine alla fine sembra discretamente convinto della positività di tali formulazioni, ma la preziosità di queste pagine – che si leggono con vero piacere e con grande utilità – consiste, a mio avviso, nel farci vedere attraverso una rigorosa lettura storica come si arrivò a “inventare” questi dogmi.

Essi sono il frutto di incontri, scontri, mediazioni, soprusi, imposizioni, scomuniche, diktat imperiali…e, in ogni caso, sono frutti culturali, linguistici e teologici contingenti, datati, sempre da riformulare.

E’ un vero diletto intellettuale ripercorrere questi “sentieri” e, nello stesso tempo, questa storicità è una lezione feconda per la nostra fede che deve sempre dirsi e riformularsi nel tempo.

Ecco perché, a mio avviso, quelle formulazioni sono per noi oggi delle icone fredde, dei linguaggi morti, degli ostacoli alla “narratio fidei” perché la loro ripetizione fa ripensare alle mummie.

Congelare gli enunciati della nostra fede in formule fisse, immutabili e sacralizzate denota la pigrizia delle nostre chiese che hanno perso lo spirito della storicità innovativa che percorse i primi secoli.

L’Autore non è un biblista e quindi invano si cercherebbero in queste pagine riflessioni esegetiche, ma ripercorrere la evoluzione storica dà respiro alla nostra ricerca ed alla nostra fede. La bibliografia è piuttosto ridotta, ma ciò è imputabile alla brevità dell’opera.

Quando leggi un libro come questo avresti voglia di poterne parlare, di confrontarti, di discuterlo, ma è difficile trovare chi lo abbia letto. Che dolore!

Non si percepisce più l’importanza di questi linguaggi e si parla di trinità con categorie dogmatiche o con valenze sociologiche per fondare la “chiesa comunione” scambiando la metafora trinitaria, la simbolica trinitaria con l’ontologia trinitaria, che spesso è un vero e proprio triteismo.

Io resto fermo nella convinzione che il cristianesimo attuale, anche a causa dei dogmatismi più che dei dogmi, è diventato un “monoteismo apparente”, come ha scritto Mauro Pesce. Resto decisamente monoteista e accolgo alcune valenze positive della simbologia trinitaria.

La dogmatica non può costruirsi a parte un suo palazzo, fuori dall’esegesi. Occorre ritrovare il coraggio di interpellare e riaprire le “scatole dogmatiche” alla luce dei dati biblici e della svolta ermeneutica in atto a livello culturale.


SEMPRE PIU’ DONNE COL FUCILE

Cinquanta soldatesse hanno da pochi giorni la “custodia” del Palazzo del Quirinale.

Interviste, omaggi alla bandiera, lodi alle soldatesse, prospettive di carriera… e sempre più donne sugli aerei da guerra, sui carri armati, con tanto di gradi militari…

Che degrado… La “società delle armi” ormai appartiene ad ogni genere.

Forse troppe donne, anche per ragioni di pane e companatico, si lasciano omologare.

martedì 27 novembre 2007

BUSSATE E VI SARA' CHIUSO

"Bussate e vi sarà chiuso". Fede, magistero, omosessualità
Intervista a Franco Barbero

di: Ludovica Eugenio
da: Adista n. 81/2007, www.adistaonline.it

La Chiesa è terrorizzata dall’omosessualità, ma più in generale dalla libertà nella vita affettiva e sessuale, sulla quale vuole mantenere un controllo minuzioso e feroce, il che non fa che alimentare una "cultura dell’angoscia" e l’incidenza di comportamenti immaturi tra i suoi membri, anche quelli del clero.

Franco Barbero – teologo e animatore di comunità di base – abbraccia con uno sguardo ampio il rapporto tra Chiesa, sesso e potere e sui meccanismi per i quali i sacerdoti omosessuali vengono dapprima emarginati e poi inquisiti o perseguitati, a meno che non esista il rischio oggettivo che costoro "scoperchino la pentola", nel qual caso il silenzio fa nuovamente depositare la sua polvere su questo mondo vivo e sommerso.

E lo fa in una intervista rilasciata ad Adista a partire dalla burrascosa vicenda che all’inizio di ottobre ha catapultato su tutti i media nazionali un alto prelato di Curia, mons. Tommaso Stenico, capoufficio della Congregazione per il Clero, ripreso da una telecamera nascosta del programma Exit de La7 mentre tentava un approccio omosessuale con un giovane.

Secondo rivelazioni di Panorama (18/10), Stenico (che si era difeso dichiarando di essere caduto in una trappola mentre svolgeva il suo lavoro di psicoterapeuta "per difendere la Chiesa") avrebbe puntato a far scoppiare in maniera clamorosa lo scandalo dei preti omosessuali in Vaticano, per "vendicarsi" della sua mancata promozione a vescovo, e a questo scopo avrebbe redatto nel corso degli anni un elenco di sacerdoti e vescovi omosessuali grazie al suo ruolo all’interno della Congregazione per il Clero e di psicologo presso il Centro di assistenza sanitaria della Città del Vaticano.

Un intreccio, insomma, di potere, controllo, clandestinità, angoscia e senso di colpa che, secondo Barbero, ha la sua matrice in una incapacità strutturale di vivere "in pace la realtà dei corpi".



Il caso di monsignor Stenico, sacerdote e psicoterapeuta, ha messo in luce un meccanismo nella Chiesa - nel caso specifico nella Curia - che fa dell’omosessualità un elemento di ritorsione e ricatto. Addirittura tutto sembra nato come ritorsione per una mancata nomina, per una mancata promozione. Da cosa nasce questo atteggiamento? Anche nella Chiesa c’è un legame tra sesso e potere che muove le carriere?


Il caso di monsignor Stenico, a mio avviso, ha messo in luce soprattutto quanto sia torbido ed ombroso il mondo curiale e più in generale tutto il "mondo clericale". Anziché guardare la realtà ed affrontarne gli eventuali aspetti problematici, si preferisce ricacciare tutto nell’ombra.

Il vescovo ausiliare di Sidney, ora dimissionario, nel suo ultimo libro sostiene che, quando compare uno scandalo, l’autorità ecclesiastica lo gestisce con la speranza di allontanarlo, anziché affrontarne le cause profonde.

In questa zona ombrosa e rimossa, creata da un potere che non sa sorridere all’amore e ai sentimenti e non vive in pace la realtà dei corpi, nascono le pratiche del nascondimento, terreno fertile dell’angoscia, del ricatto e della ritorsione.

Sulla libertà di pensiero e sulla vita affettiva e sessuale il potere ecclesiastico esercita un controllo minuzioso e feroce. Se tu sei un prete o un vescovo affarista, per l’istituzione non sei pericoloso, ma se ti discosti da una formulazione dogmatica o vivi una vita affettiva e sessuale difforme dai sacri canoni, allora sei fuori posto. O fai di nascosto oppure te ne vai.

Montagne d’angoscia e molti comportamenti immaturi ricevono un forte incremento o trovano addirittura una matrice nel fatto che esiste questo ferreo potere di controllo, che non lascia vivere alla luce del sole, che costringe alla clandestinità.

Questa è una delle perversioni del potere ecclesiastico che "patisce la felicità dei sudditi", ha bisogno per reggersi e consolidarsi della cultura dell’angoscia, si sente a suo agio con uomini e donne sottomessi, possibilmente gementi e piangenti in questa valle di lacrime.

Ecco perché conosco tanti confratelli che mi dicono: "Questa Chiesa è diventata la mia prigione". E così la Chiesa favorisce il triste paesaggio di "mille sofferte obbedienze" e di altrettante oppresse esistenze.


Dalla definizione dell’omosessualità come "male intrinseco" al divieto per i seminaristi gay di accedere al sacerdozio: la Chiesa è terrorizzata da questa dimensione della sessualità umana. Ma perché un sacerdote, in quanto essere umano, non dovrebbe avere questo orientamento sessuale?

Dici bene: la Chiesa è terrorizzata dalla omosessualità. Per potersi porre con tranquillità di fronte ai sacerdoti omosessuali, questa Chiesa deve prima riesaminare a fondo i suoi atteggiamenti, la sua cultura, i suoi pronunciamenti rispetto alle persone omosessuali.

Ha ragione da vendere il teologo cattolico James Alison quando scrive che esiste un vizio di partenza: "Perfettamente in linea con la loro logica, gli ufficiali del Vaticano non trattano noi lesbiche e gay come soggetti a cui si può rivolgere la parola, capaci di espressione linguistica ragionata. Nei documenti vaticani siamo solo un ‘loro’, oggetti a cui ci si riferisce… Nella concezione ufficiale le persone come noi non sono soggetti ragionevoli che possono avere qualcosa da dire su un argomento che li riguarda. L’unica persona omosessuale che possa fungere da soggetto è quella che accetta che la sua inclinazione venga definita come una tendenza verso atti intrinsecamente cattivi dal punto di vista morale, tendenza da considerarsi quindi oggettivamente disordinata" (Fede oltre il risentimento, Transeuropa Libri, pag. 205).

È impressionante il numero dei pronunciamenti non meno del linguaggio usato. Penso alla violenza, all’arroganza e alla saccenteria della Nota dei vescovi italiani contro i Dico, all’ignoranza delle pagine del Lexicon, all’ossessiva insistenza dei documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede.

"Di tutte le menzogne, nessuna è più terribile e devastante di quella secondo la quale gli omosessuali non sono in grado di amare e il loro amore è malato, perverso e può solo portare danno e degrado" (J. Alison).

Sarebbe tempo di riconoscere onestamente che l’incompatibilità tra omosessualità e cristianesimo è senza fondamento (Schillebeeckx, Tamayo e infiniti/e altri/e) e di prendere sul serio le ricerche scientifiche mentre di fatto la gerarchia cattolica incoraggia la "terapia riparativa" (o "ricostruttiva" o "di conservazione").

Finché non si farà pace con la realtà normalissima della condizione omosessuale, i preti gay saranno visti come persone che di fatto "si trovano in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne" (Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica, 4 novembre 2005).

È troppo dire che dall’emarginazione siamo passati all’inquisizione e alla persecuzione? Inoltre proviamo a metterci nei panni di chi si sente chiamato al ministero presbiterale e sa di essere omosessuale… Bussate e vi sarà chiuso…


Spesso, nei media ma anche nella stessa Chiesa, si ha l’impressione che si faccia un corto circuito tra i concetti di prete-omosessualità-pedofilia. L’omosessualità sarebbe una sorta di anticamera della pedofilia, quindi, subliminalmente ma nemmeno troppo, un prete gay diventa un potenziale criminale... Quali sono per la Chiesa i rischi di questo atteggiamento?

Gli abusi sessuali sui minori compiuti dai sacerdoti un po’ ovunque hanno destato un comprensibile allarme. La gerarchia ha fatto poco per affrontare seriamente queste situazioni ed evitare le violenze su queste vittime. Questa è cronaca recente. Ma non ha fatto assolutamente nulla per chiarire che omosessualità e pedofilia sono due realtà completamente diverse.

In questa confusione (che non va affatto messa solo sul conto della Chiesa gerarchica) i preti omosessuali sono esposti ad essere visti come potenziali violentatori, un pericolo pubblico, persone inaffidabili, immature, incapaci di una presenza educativa. Non lottare contro questa confusione significa di fatto favorire il pregiudizio e l’emarginazione sociale ed ecclesiale.


Dopo questo ed altri analoghi casi che hanno a che fare con monsignori di curia connessi a vicende omosessuali si ha l’impressione che la Curia vaticana sia ostaggio di un meccanismo per cui, purché l’individuo in questione non "parli", si è disposti a non intraprendere alcuna azione chiarificatrice. Qual è la posta in gioco? Che cosa c’è sotto il coperchio?

La gerarchia è ben consapevole che tra i membri del clero l’omosessualità è molto diffusa. Ma non è l’unica realtà che il Vaticano non vuole vedere. Scoperchiare la pentola significherebbe dover prendere atto di alcune situazioni ipocrite e ben lontane dalle prescrizioni del diritto canonico.

Se si apre onestamente la pentola della vita affettiva, relazionale e sessuale del clero, bisognerà pur riconoscere che ci sono troppi celibati di facciata, troppe situazioni ambigue, amanti nascoste, mogli segrete e umiliate, figli "negati". Sarebbe così costruttivo guardare ciò che bolle in pentola e scopriremmo anche tanti ecclesiastici dal volto umano, capaci di amare un altro uomo, una donna, dei figli.

Scopriremmo tanti preti che vivono gioiosamente il loro celibato come dono e non come legge. Sotto il coperchio c’è la nostra umanità, piena di fragilità, ma chiamata a vivere sotto il sorriso di Dio. Scopriremmo che l’amore umano e l’amore di Dio stanno bene insieme, che tra amore e ministero non c’è contraddizione.

Invece, si preferisce mettere sul coperchio la pietra sepolcrale di una legge ecclesiastica disumana. Ma sono convinto che, nonostante le diffuse patologie dell’obbedienza ecclesiastica, prima o poi il coperchio volerà via e Dio ci aiuterà a trovare il coraggio di essere umani anche nella Chiesa.

Io non ho mai cessato di sognare, di lottare e di pregare anche per una Chiesa dal volto umano. Sempre a partire dalla mia personale conversione

GALLI NEL POLLAIO

Spesso si presenta il cammino di avvicinamento delle chiese ortodosse e della chiesa cattolica romana come un viaggio veloce e scorrevole.

E’ evidente che si tratta di convergenze notevoli di queste chiese restauratrici. Esse sono parte attiva della destra planetaria ed hanno un altro grado di reciproca stima.

Sono chiese che condividono un’impostazione gerarchica, maschilista, dogmatica, idolatriche rispetto ai culti mariani, collaboratrici con i poteri di turno. Le gerarchie si intendono tra di loro.

Eppure non tutto è così scorrevole come si vorrebbe far credere. I patriarchi ortodossi hanno l’idea e la prassi del “sinodo” che ha una autorità reale e deliberatrice.

Se anche il papa romano venisse riconosciuto come il primo patriarca, ciò non significherebbe affatto il riconoscimento del primato papale, ma il conferimento del semplice titolo di “primo tra pari”.

Certo, la destra teologica e pastorale lavora per accordi di poteri, ma nello stesso tempo i patriarchi, abituati alla autocefalia, sono galletti nel pollaio che non cedono le loro prerogative.

Ancora una volta le lotte di potere, le questioni di potere saranno quasi le uniche a contare nella trattativa. E questo sarebbe il nuovo ecumenismo?

IL PERICOLO VIENE DA...

Attenzione: in questi giorni si sta tenendo a battesimo la profonda alleanza tra Casini e Montezemolo.

Questa è la forza che sta crescendo e può rappresentare la vera funesta realtà del prossimo appuntamento elettorale che, comunque, non sembra all’orizzonte.

Casini, lo dico da anni, è peggio di Berlusconi perché è il più astuto erede del berlusconismo che, purtroppo, durerà ancora dopo la morte politica del signore di Arcore.

ITALIANI PIAGNONI

Non è che da noi tutto fili liscio, né vale il detto “mal comune, mezzo gaudio”.

Però, per chi dipinge questa Italia come una realtà apocalittica, può essere utile guardarsi un po’ in giro.

La Germania, locomotiva d’Europa, ha vissuto la scorsa settimana alcuni giorni di paralisi del traffico. La Francia ha già posto fine alla luna di miele con Sarkozy, in Inghilterra milioni di dati personali sfuggono al controllo.

Forse ci fa bene sapere che qui da noi non ci sono solo lacrime e sangue.

Per esempio la tenuta della maggioranza di centro-sinistra e del governo Prodi (pur così precaria) ha mandato gambe all’aria il Silvio nazionale e la destra è esplosa. Il che non è poco.

domenica 25 novembre 2007

CHE CORAGGIO...

Coraggio? No, sfrontatezza…

I Savoia che ne hanno fatte di cotte e di crude, chiedono all’Italia un risarcimento di 260 milioni.

Dimenticano che l’Italia è una repubblica da sessant’anni e che i bene della famiglia non furono mai espropriati, ma solo quelli del re.

Il governo ha risposto con un “no” rotondo.

IN MORTE DI MARCO

Cinquantadue anni. Muore dopo anni di lunghe sofferenze. Era un uomo conosciuto, specialmente nell’ambiente dei soggetti tossicodipendenti.

Da molti anni non usava più sostanze, ma il suo corpo portava le conseguenze delle devastazioni del passato.

Non ha voluto che al funerale fosse portato in chiesa. E’ toccato a me ricordarlo brevemente al cimitero durante un funerale rigorosamente civile.

Sconfina nel ridicolo la mania di tessere elogi a chi muore. Marco non amava la retorica. Molto meglio ricordarlo con le sue virtù e le sue contraddizioni.

Io ricordo Marco con la capacità di ridere delle sue miserie. Così non si fissava in esse e riusciva più facilmente a comunicare con le debolezze altrui. Non si poneva come una vittima. Sapeva, in sostanza, collocare le sue sofferenze in un contesto più ampio e ridimensionarle. Una capacità rara e preziosa.

Un altro ricordo di Marco non voglio tralasciare. La sua casa è stata una “casa di accoglienza” per molti amici e amiche in difficoltà. Marco è stato una persona accogliente. Aprire la propria casa non è cosa da poco conto. Marco lo faceva con semplicità, con disponibilità concreta.

Mi viene alla mente il brano del Vangelo di Matteo 25 che parafraserei così: “Non avevo una casa e tu mi hai accolto. Ero in mezzo ad una strada e tu mi hai dato casa”.

Marco non era un uomo di chiesa. Più volte mi manifestò che in chiesa si sentiva a disagio. Per lui Dio era una presenza difficile da decifrare, ma riusciva a percepirlo dietro le pagine del Vangelo.

La fede per lui si era come concentrata nel tentativo di essere solidale. Penso che per lui, uomo accogliente, sia vera la parola del Vangelo: “Vieni benedetto nella casa del Padre mio. Adesso sono io che ti accolgo”.

Ho terminato questo ricordo invitando chi si sentiva di farlo a rivolgersi a Dio con la preghiera del Padre nostro.

IL GRUPPO DI AOSTA

E’ stato un incontro caldo in un bel locale nel centro di Aosta. La voce è corsa e il primo gruppo di confronto di fede è partito davvero bene.

Mi ricordavo dell’ultimo incontro di almeno 26 anni fa. Che emozione reincontrare quei volti adulti e parecchi giovanissimi…

Il prossimo incontro è fissato per martedì 18 dicembre dalle 17 alle 19 sempre nel centro città sul tema “Che cosa significa l’incarnazione di Gesù?”.

E’ apertissimo a tutti/e.
Per informazioni: Duilia 328/1984756 e Roberto 347/4482536.

L'alleanza segreta tra Rai e Mediaset

L'EDITORIALE
La struttura Delta

di: EZIO MAURO
da: la Repubblica, 22 novembre 2007

Una versione italiana e vergognosa del "Grande Fratello" è dunque calata in questi anni sul sistema televisivo, trascinando Rai e Mediaset fuori da ogni logica di concorrenza, per farne la centrale unificata di un'informazione omologata e addomesticata, al servizio cieco e totale del berlusconismo al potere. L'inchiesta di "Repubblica" ha svelato fin dove può arrivare il conflitto d'interessi, che questo giornale denuncia da anni come anomalia italiana, capace di corrompere la qualità della nostra democrazia.

Nel pozzo senza fondo di quel conflitto, tutto viene travolto, non soltanto codici aziendali e doveri professionali, ma lo stesso mercato, insieme con l'indipendenza e l'autonomia del giornalismo. Con il risultato di una servitù imposta alla Rai come un guinzaglio per un unico padrone, ben al di là dell'umiliante lottizzazione tra i partiti, e i cittadini-spettatori truffati e manipolati proprio in quella moderna agorà televisiva in cui si forma il delicatissimo mercato del consenso.

Ci sono le prove documentali di questa operazione sotterranea, che ha agito per anni alle spalle dei Consigli di amministrazione, della Commissione di vigilanza, dei moniti del Quirinale sul pluralismo dell'informazione. Si tratta - come ha documentato "Repubblica" - di un'indagine della magistratura milanese sul fallimento dell'Hdc, la holding dell'ex sondaggista di Berlusconi (e della Rai) Luigi Crespi, che è stato per un lungo periodo anche il vero spin doctor del Cavaliere. (segue)

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Nelle intercettazioni tra 2004 e 2005 allegate all'inchiesta sul fallimento della Hdc
dell'ex sondaggista Crespi, la prova che alla concorrenza si era sostituita la complicità
La rete segreta del Cavaliere
che pilotava Rai e Mediaset

di: EMILIO RANDACIO e WALTER GALBIATI
da: www.repubblica.it, 21 novembre 2007

Media-Rai". Le due superpotenze nazionali della tv, che dovrebbero competere aspramente per la conquista dell'audience, fare a gara nella pubblicazione di servizi esclusivi, in realtà si scambiano informazioni sui palinsesti. Concordano le strategie informative nel caso dei grandi eventi della cronaca. Orchestrano i resoconti della politica. Su tutto, la grande mano di Silvio Berlusconi e dei suoi collaboratori, che quotidianamente tessono la tela, fanno decine, centinaia di telefonate, si scambiano notizie, organizzano fino ai più piccoli dettagli. È il quadro che emerge dalle intercettazioni telefoniche - realizzate tra la fine del 2004 e la primavera del 2005 - allegate all'inchiesta sul fallimento della "Hdc", la holding dell'ex sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. E in particolare dai resoconti, redatti dalla Guardia di Finanza, delle conversazioni telefoniche di Debora Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi e, all'epoca, dirigente della Rai, e di Niccolò Querci, pure lui ex assistente di Berlusconi e, all'epoca, numero tre delle televisioni Mediaset.

La "ragnatela" avvolge e intreccia le vicende della tv di Stato con quelle di Mediaset. I direttori di Tg1 e Tg5 (all'epoca Clemente J. Mimun e Carlo Rossella) fanno, testuale, "gioco di squadra". Il notista politico del Tg1 informa la Bergamini e la rassicura sul fatto che le notizie più spinose saranno relegate in coda al servizio di giornata. Fabrizio Del Noce cuce e ricuce, assicurando che Bruno Vespa, nella sua trasmissione, accennerà "al Dottore in ogni occasione opportuna". Querci, insieme al gran capo dell'informazione Mediaset, Mauro Crippa, cuce sul versante opposto. E arriva fino ad occuparsi delle vicende del festival di Sanremo (quell'anno affidato a Paolo Bonolis), cioè della trasmissione di massimo ascolto dell'azienda che dovrebbe essere concorrente. E poi ancora, le fibrillazioni in due fasi delicate: la morte del Papa e le elezioni amministrative dell'aprile 2005.

L'allora presidente Ciampi è pronto per una dichiarazione a reti unificate per onorare Giovanni Paolo II? La Bergamini allerta prima l'assistente personale del Cavaliere e poi Del Noce per preparare una performance parallela dell'inquilino di Palazzo Chigi. E ad essere allertato è anche il "rivale" Crippa. Le elezioni sono andate male? Bisogna "ammorbidire" i resoconti sui risultati elettorali. La Bergamini contatta Querci e con lui concorda la programmazione televisiva. La ragnatela avvolge tutto, pensa a tutto, provvede a tutto.

LA SCALA DI GIACOBBE

Sabato 17 si è svolto l’incontro mensile del gruppo “La scala di Giacobbe” in cui ho presentato alcune riflessioni sul tema “I mille modi d’amare: come passare dal modello unico alla pluralità dei modi”. Abbiamo registrato un felice problema: eravamo così numerosi che la piccola sede non riusciva più a contenerci.

Il dibattito, come sempre, ha toccato punti delicati come la solitudine, la scissione tra sesso e sentimenti, il narcisismo, il bisogno di riconoscimento e di approvazione e la gioia di essere se stessi/e.

La domenica ha visto un altro bel regalo: una decina di amici del gruppo torinese “La rondine” ha partecipato all’eucarestia, al gustosissimo pranzo etnico (preparato dalle nostre innamoratissime torinesi) con un pomeriggio davvero intenso di racconti di vita.

Il nuovo appuntamento è fissato con questa scansione:
Sabato 15 dicembre
alle ore 17 svolgerò una lezione su: “Perché e come leggere la Bibbia oggi: quale spirito e quali metodi?".
La serata di dialogo sarà dedicata a “Solitudine e solidarietà nel mondo di oggi”.
Domenica 16 alle ore 10 parteciperemo all’eucarestia della comunità di base. Seguirà un pomeriggio di dialogo.

Dimenticavo che Elisa e Ilaria, le nostre sposine di pochi mesi fa, ci hanno fatto la sorpresa venendo sabato al gruppo per un veloce salutino con due loro amiche.

Tutto è dono. E io non so come ringraziare Dio degli amici e delle amiche che vanno e vengono e costituiscono una rete incredibilmente vasta di omosessuali e lesbiche credenti che si sono gettate alle spalle le “maledizioni” vaticane e imparano a gustare con gioia la benedizione di Dio sulle loro vite.

venerdì 23 novembre 2007

CACCIATO DAL CORO PERCHE' GAY

Caro Alberto Ruggin,
è davvero troppo grande l’affronto che hai dovuto subire dal tuo parroco. Si tratta di un’azione incivile e contraria al Vangelo.

Voglio solo dirti che Gesù non ti caccia e Dio ti vuole bene. Non perdere la tua fiducia in Dio per colpa di un prete.

La fede parte dal tuo cuore e nessuno può impedirti di essere quello che sei.

Evviva i tuoi vent’anni, il tuo coraggio, la tua fede. Il tuo parroco potrà solo vergognarsi della sua ignoranza e della sua inciviltà.

Con tanto affetto.
Don Franco

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Lettera aperta

Caro Alberto,

certamente il tuo parroco non ha capito il grande valore della scelta che hai fatto quando hai deciso di non nascondere pìù la tua omosessualità.

Non c'è infatti nulla di male nell'essere attratti da una persona del proprio sesso. Il male è piuttosto legato all'ipocrisia in cui spesso si vive questa condizione.

Tu hai scelto di abbandonare questa ipocrisia e, così facendo, hai senz'altro fatto la volontà di Dio: Gesù, infatti, nel Vangelo, non condanna mai l'omosessualità, mentre spesso usa parole molto dure nei confronti dell'ipocrisia.

E' quindi dall'abbandono dell'ipocrisia che inizia il cammino di conversione a cui il Signore ci chiama.

Continua a pregare caro Alberto, continua ad animare le liturgie a cui partecipi, ma soprattutto, continua a cantare, perchè il tuo canto, adesso, è senz'altro molto più gradito a Dio.

E vedrai che alla fine, non solo il tuo parroco, ma anche tutti i perbenisti che ora ti condannano, capiranno che anche tu sei fatto a immagine e somiglianza di quel Dio in cui convivono le infinite sfaccettature dell'unico amore.

Gianni Geraci
Presidente del Gruppo del Guado - Omosessuali Cristiani - Milano

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Padova, il parroco convoca il capo dei chierichetti e gli comunica la decisione
Il giovane era stato ospite dalla trasmissione "Ciao Darwin" condotta da Bonolis

Alberto, 20 anni, fa outing in tivù
Cacciato dal coro perchè gay

di: BEATRICE ANDREOSE
da: www.repubblica.it

ESTE - Capo-chierichetto alla basilica delle Grazie dove è anche stato catechista e cantore alla messa del sabato, domenica mattina e sera. Dopo 7 anni ieri sera Alberto Ruggin, 20 anni, omosessuale, per la prima volta non si è presentato alla messa. Non per sua volontà. A chiedergli di non farsi vedere è stato il parroco don Paolino col quale ieri ha avuto un lungo e difficile incontro. Il parroco lo ha accusato di non avergli mai raccontato nulla della sua omosessualità invitandolo espressamente a non farsi vedere.

Ma le sorprese amare per Alberto, dopo aver confessato in pubblico la sua omosessualità ed aver partecipato alla trasmissione "Ciao Darwin" di Paolo Bonolis in onda martedì sera su Canale 5, non sono finite. Molti conoscenti non lo salutano più per strada. Nemmeno Forza Italia ha accolto la notizia con entusiasmo.

Anzi. Qualche mugugno è stato espresso a chiare lettere ai responsabili del Circolo delle Libertà di cui Alberto fa parte. Ma questi ultimi lo hanno difeso in modo fermo e convinto. La ferita che maggiormente gli brucia è essere stato escluso dalla messa.

"Amare Gesù Cristo per me è la cosa più importante della vita - dice come un fiume in piena - don Paolino mi ha detto che non sono stato sincero con lui. Io ho risposto da cattolico praticante che in confessione ho sempre parlato della mia sessualità e di come la vivo. Sono sempre stato assolto. Mi ritengo riconciliato col Signore".

"Sono deluso da una chiesa che parla di accoglienza e amore - aggiunge - di vicinanza ai bisognosi ma che nella pratica poi dimostra esattamente il contrario".

"Quando insegnavo catechismo ho sempre detto che il 10 per cento dei cattolici praticanti non apre gli occhi su chi sta fuori. Noi non siamo veri cristiani fuori dalla chiesa. C'è gente che ieri mattina non mi salutava più, che si volta da una altra parte, catechisti".

Non è stato accolto calorosamente nemmeno dai forzisti. A difenderlo solo quelli del circolo". In Forza Italia di Este non mi rispecchio: ho come riferimento piuttosto Giancarlo Galan che parla di matrimoni tra omosessuali ed adozioni delle coppie gay".

Alberto si accorge della sua omosessualità in seconda media. E i genitori? "Lo sanno da un anno. Mi hanno risposto che la cosa più importante per loro è la mia felicità". Oggi non canterà in chiesa ma, per tutto il giorno sarà al banchetto in piazza Maggiore proposto dai Circoli della Libertà contro il governo Prodi.

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Alberto Ruggin, ragazzo modello, discriminato dopo aver confessato di essere gay: Non ho nulla di cui vergognarmi".

da: Il Mattino di Padova

Per Este, cittadina perbenista, bianca per tradizione, ieri mattina è stata una domenica particolare. Uno dei suoi figli, praticante cattolico con grande convinzione, sempre in chiesa e al patronato, giacca e cravatta, senza grilli per la testa e con tanta voglia di far bene, all’improvviso esce dal suo ruolo sociale e sbandiera ai quattro venti di essere omosessuale. E per questo viene ripreso dal parroco delle Grazie e «invitato» a non partecipare più alla messa cantando nel coro.

Nella fredda domenica autunnale ne parlano tutti. Lui è in piazza Maggiore, imperturbabile, con un sorriso per i suoi amici che lo sostengono, a raccogliere firme per mandare a casa il governo Prodi su iniziativa dei Circoli della libertà di cui è fra i fondatori. Al pomeriggio «incassa» una telefonata di solidarietà del presidente nazionale di Gaylib Enrico Oliari. Poi torna in piazza, convinto di non doversi vergognare.

Sino ad una settimana fa Alberto Ruggin è stato un ragazzo come gli altri. Anzi è un giovane che molte mamme estensi vorrebbero avere. Frequenta la chiesa delle Grazie, è catechista da cinque anni, nel coro da sette.

Prima è stato scout e animatore del Grest al Patronato Redentore. Ama il nuoto, che pratica da anni. Nel 2005 si iscrive a Forza Italia ed è tra i fondatori della sezione cittadina dei Circoli della libertà di Michela Brambilla. Compirà 21 anni in dicembre, porta la giacca e cravatta e, dopo la maturità conseguita l’anno scorso al Liceo di Scienze sociali a Montagnana (voto 66/100), va a lavorare col padre Maurizio nella ditta MT che produce ferro battuto in zona industriale ed ha da poco un negozio: Excalibur, in via Cavour.

Da oltre un anno frequenta locali gay padovani. Un amico gli propone di partecipare alla trasmissione «Ciao Darwin» condotta da Paolo Bonolis e Luca Laurenti su Canale 5: la sfida sarà omo contro eterosessuali. Lui accetta e venerdì scorso va a Roma dove registra la trasmissione che andrà in onda martedì sera.

Prima però parla col «Mattino» della sua partecipazione e, con disinvoltura, confessa la sua omosessualità. «Io sto bene, mi hanno chiesto di partecipare al gioco e mi hanno detto di far vedere il meglio di me - dice - Non bisogna vergognarsi di essere quello che si è. Una persona non si giudica per quello che fa sotto le coperte. La vera democrazia si vede quando si ha rispetto delle minoranze. Credo di dar voce a molti altri omosessuali. Ce ne sono anche ad Este. Conosco anche sacerdoti omosessuali, che vivono relazioni nascoste. E’ ora che se ne parli».


Tu hai anche una passione politica per Forza Italia, un partito che certo non brilla per la difesa degli omosessuali.

«Il Veneto e la Lombardia sono le sole regioni dove i gay votano in prevalenza per il centrodestra. E’ ora di finire di dire che i gay sono di sinistra. Poi basta vedere la politica di Sarkozy in Francia. A parte il caso Zapatero, vediamo che anche in Olanda, Belgio, persino in Croazia, Ungheria ci sono i pacs. Apprezzo molto le posizioni di Giancarlo Galan, ma anche di Chiara Moroni o Marco Taradash. Non quelle invece di Forza Italia estense, composta da ex democristiani, piuttosto bigotta se non fascista. A Trentin rispondo che nel mio sito non c’è alcuna foto porno. Oggi si sta dando troppo retta alla Lega, apprezzo di più le esternazioni di Fini. Faccio un appello anche ad Alessandro Zan affinché se ne continui a parlare».

Hai un compagno?

«Frequento da qualche tempo un ragazzo di Padova».

Ma come mai all’improvviso decidi di parlare?»

«Mi sembrava doveroso far sapere che avrei partecipato alla trasmissione di Bonolis. Il caso non l’ho creato io. Tutto sarebbe finito lì se don Paolino non mi avesse imposto di non partecipare al coro. Mi ha detto: “Tu ti siedi tra i banchi e ti batti il petto come tutti gli altri fedeli”».

DA BERGAMO

Le belle notizie non finiscono mai. Ieri mi è arrivata dal nascente circolo arcigay di Bergamo la richiesta di comporre qualche commento al Vangelo domenicale per il sito dell' Associazione.

Resto sempre più sorpreso per il fatto che il Vangelo è più accolto tra coloro che la gerarchia mette ai margini.

Queste sono le sorprese che i vescovi non sanno vedere. Per loro l'arcigay o l'arcilesbica sono territori del peccato. Tragica cecità.

RICORDO DI DON FRANCO MAGGIOTTO

Ospito volentieri nel mio blog questo ricordo di don Franco Maggiotto da parte del Rev. John Tallach con la traduzione dall'inglese di Leonardo Casavola.

Rev. Franco Maggiotto: Lunedì 5 febbraio 2007
Il Rev. Franco Maggioto era un uomo che aveva una missione. Avendo sperimentato il perdono di Dio nella propria anima dopo una lunga ricerca spirituale, si sentì spinto dal desiderio di condividere l'Evangelo insieme agli altri. Il Rev. John Tallach, ora ministro della Chiesa Cromarty Parish Church, ci dà un apprezzamento personale di Franco, il cui ministero nel Nord Italia è stato sostenuto dal Blythswood Care per oltre un quarto di secolo.

FRANCO MAGGIOTTO


Franco è nato a Torino, Italia, il 7 luglio 1937.

Fin dalla sua primissima età, Franco sentiva una fortissima pulsione verso
Dio. Per un certo periodo ha condotto una vita dura in un monastero nei pressi di Roma, dopo di che ha studiato per diventare prete. Egli voleva trovare Dio per se stesso, tuttavia, pur avendo trascorso un certo periodo di tempo cercando di vincere il peccato in sé e parlando di Dio agli altri non riusciva a raggiungere quella pace personale con Dio che tanto desiderava.

Franco ottenne questa pace improvvisamente e inaspettatamente in un giorno in cui stava celebrando la Messa in una grossa chiesa di Imperia. Uno studente stava leggendo un passaggio dell¹epistola agli Ebrei, capitolo 10 e le parole del versetto 10 arrivarono come un messaggio dal Cielo per Franco: «in virtù di questa volont๠noi siamo stati santificati, mediante
l¹offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre.» Per la prima volta nella sua vita, Franco capì che quanto aveva cercato durante tutti questi anni, gli era stato donato grazie alla croce di Cristo circa duemila anni prima. A partire da quel momento in avanti e fino al termine della sua vita, Franco ha sempre avuto il desiderio ardente di condividere l¹Evangelo di Cristo insieme agli altri.

Non era facile lavorare con lui. Era così tanto individualista che faceva fatica a fare parte di un¹equipe. Tuttavia Blythswood ha avuto il privilegio di incanalare almeno un po¹ di fondi per aiutare questo uomo impareggiabile dal 1980 fino al giorno della sua morte.

Egli era estremamente dotato. Quando trovava una qualsiasi formula spirituale, non se ne sentiva mai soddisfatto e nemmeno voleva applicarla rigidamente alle varie situazioni che incontrava. Egli interagiva costantemente con l¹Evangelo a livello personale ed era perennemente alla ricerca di nuovi modi con cui applicare l¹Evangelo ai problemi con cui si doveva confrontare.

Mi ricordo che una volta mi recai insieme a lui a casa di un ministro in Scozia che si considerava un grande campione dei principi della Riforma. Franco rispose ai commenti di questa persona con queste parole: «Lei guarda ai tempi della Riforma, ma lei non è come i Riformatori che invece guardavano in avanti e che pensavano guardando centinaia di anni davanti a loro. Non restavano fissi nel passato. Se vogliamo essere davvero come loro non dobbiamo farci controllare dal passato, ma dobbiamo guardare al futuro come facevano loro.» Per quella volta, quel ministro non ebbe niente da dire. Questa era una caratteristica dominante del carattere di Franco. Egli era un piccolo uomo coraggioso e non parlava mai per compiacere gli altri o per essere popolare con le persone che lo ascoltavano.

Ecco una cosa che Franco mi aiutò a capire nei trentanni della nostra conoscenza. Era rimasto deluso da una chiesa che cercava di attrarre l¹attenzione su se stessa. Dopo essere riuscito a conoscere Gesù come suo Salvatore e Signore, capì profondamente che il dovere della chiesa consisteva nell¹allontanare le persone da sé per dirigerle verso Gesù.

Mi ricordo alcune delle persone delle quali Franco era stato ministro. La profondità e l¹ampiezza della loro comprensione dell¹Evangelo erano una testimonianza dell¹alta qualità del suo ministero. In particolare, mi ricordo di una donna cristiana, dolce e matura, che una volta mi disse: «Per me Franco è stato un altro Paolo.» Questo potrebbe sembrare esagerato, ma quella signora aveva solo espresso dal profondo del suo cuore il suo sentirsi in debito verso qualcuno che Dio aveva usato per aiutarla veramente ad afferrare l¹Evangelo della grazia di Dio. Sempre a questo riguardo, durante la funzione funebre, quando il corpo di Franco fu deposto in un cimitero valdese, una delle chiese lesse un tributo commovente, dicendo che egli era un mezzo di fondazione.

Il ministero di Franco è stato realistico, dovendo fronteggiare le stesse difficoltà che devono affrontare le persone normali. Esso è stato anche pregno di una speranza nata dal Dio della speranza. Entrambi questi aspetti del suo ministero sono riflessi nella meditazione che Franco aveva scritto su Romani 8:25: «Ma se speriamo quel che non vediamo, noi l¹aspettiamo con pazienza.» Questa meditazione accompagnò l¹ultima Lettera sulla Preghiera mandata per conto di Franco prima del suo decesso. Noi daremo la nostra speranza a chi non ha speranza, la nostra gioia a chiunque sia triste. Aspettare con perseveranza e pazienza significa entrare in conflitto, nella tristezza e nella sconfitta della razza umana. Tuttavia, la promessa del Signore ci accompagna nel nostro viaggio di fede e ci permette di vedere, al di là degli orizzonti della tristezza, la luce del suo regno che viene, così che noi possiamo dire: «Vieni, Signore Gesù» (Apocalisse 22:20).

Per Franco, dopo tutti gli anni di ricerca, dopo gli anni in cui prese la croce e seguì Cristo in un ministero che era difficile ma i cui frutti perdureranno, quella preghiera ricevette una risposta poco prima della mezzanotte del 20 dicembre 2006.

Il nostro amore e le nostre preghiere circondino la sua carissima moglie Aurora, sua figlia Tabita e suo figlio Alberto.

John Tallach

Famosa giornalista tv confessa l'amore per una collega

da: http://qn.quotidiano.net

Amburgo, 18 novembre 2007 -
Molti conoscitori della Germania sgraneranno gli occhi: Anne Will, famosa anchorwoman del primo canale pubblico tedesco Ard, fa "outing" e conferma di avere una relazione con Miriam Meckel, anche lei giornalista televisiva, ma sull'emittente privata n-tv, dove conduce un talk show tutto suo.

"Sì, siamo una coppia", ha ammesso la 41enne Will, che dopo sette anni alla conduzione del programma di approfondimento Tagesthemen, si è ritagliata da poco un programma che porta il suo nome, alla "Bild am Sonntag".

Lo scenario scelto per rendere di pubblico dominio il loro amore è stata la cerimonia di assegnazione dei premi per la tolleranza e la comprensione all'ex cancelliere tedesco Helmut Kohl e allo storico Fritz Stern, sabato sera al museo dedicato alla storia degli ebrei a Berlino. A margine dell'evento le due belle e stimate giornaliste hanno posato davanti ai fotografi.

"Sì, siamo una coppia", ha confermato Will a una collega dell'edizione domenicale del tabloid e poi, sorridendo, ha aggiunto: "Ma vogliamo mantenere privata la nostra vita personale".

Will e la 40enne Meckel fanno coppia da circa cinque anni. Ma, fino a ieri, non avevano mai ammesso la loro relazione.

mercoledì 21 novembre 2007

ROSMINI BEATO: 3 TESTI

1) Alcuni anni fa scrivevo nel mio libro "L'ultima ruota del carro" (2001) alcune righe in risposta alle domande di Serena Corfù:

....Che cosa pensa della recentissima riabilitazione del sacerdote Antonio Rosmini (1797 – 1855)?

R) I segnali della riabilitazione del pensiero del teologo e filosofo roveretano erano evidenti dal fatto che il papa già nella lettera enciclica Fides et ratio annoverava il Rosmini tra i pensatori più recenti nei quali si realizza un fecondo incontro tra sapere filosofico e parola di Dio. Se pensiamo al fatto che nel 1849 vennero messe all’Indice due suoi scritti, nel 1854 tutte le sue opere e nel 1887 vennero condannate quaranta proposizioni, allora è chiaramente avvenuta una svolta straordinaria, sia pure con quei linguaggi diplomatici che non riconoscono fino in fondo l’abbaglio vaticano.

D) Ora addirittura la musica cambia. Rosmini viene visto nella luce di un audace profeta. La Congregazione per la dottrina della fede, in data 1° luglio 2001, scrive così : “Si deve altresì affermare che l’impresa speculativa e intellettuale di Antonio Rosmini, caratterizzata da grande audacia e coraggio, anche se non priva di una certa rischiosa arditezza, specialmente in alcune formulazioni, nel tentativo di offrire nuove opportunità alla dottrina cattolica in rapporto alle sfide del pensiero moderno, si è svolta in un orizzonte ascetico e spirituale, riconosciuto anche dai suoi più accaniti avversari, e ha trovato espressione nelle opere che hanno accompagnato la fondazione dell’Istituto della carità e quella delle Suore della divina Provvidenza”.

R) E come stupirsene? L’istituzione ecclesiastica sa compiere disinvoltamente dei “recuperi” impensabili. Vedrà che fra pochi anni lo faranno beato e poi lo proclameranno santo...
La strada da “dannato” a “benedetto” a volte è più lunga, a volte più breve. Quando fu assassinato monsignor Oscar Romero scrissi poche righe sotto il titolo : “Ti faranno santo”.
Romero, / nostro fratello: / prima / ti hanno lasciato solo / i tuoi colleghi vescovi..., / solo come soli / si lasciano i poveri. / Ora / che brilli di martirio, / del tuo sangue / vogliono ornare / le loro porpore imperiali. / E’ ancora così: / il potere s’innalza / e si nutre, / famelico, / del sangue dei poveri. / Così “ricuperano” i profeti / quelli che prima / li hanno fatti fuori. / Dalla serra dei gerarchi / eri andato a collocarti, / faticosamente, / sulle strade dei poveri; / ora tentano di riportarti / “a palazzo”, / mentre le tue ossa fremono.
Queste sono storie vergognose e senza numero. Fra venti anni le più sospettate teologhe femministe saranno definite “profetesse dei tempi nuovi”, i preti sposati saranno visti come i ministri della comunità più idonei a comprendere ed evangelizzare la realtà della famiglia, le seconde nozze potranno rappresentare una nuova opportunità di amore da accogliere dalla mano di Dio...
La storia della chiesa è costellata di gente condannata e poi sollevata agli “onori degli altari”. Questa è una prassi secolare, normale. Penso che monsignor Romero si girerà e rigirerà inorridito nella sua cassa... quando dovrà ascoltare l’elogio delle sue eroiche virtù risuonare in piazza San Pietro. Così vanno le cose a questo mondo.., mia cara Serena Corfù. Questa volta l’ingenua è lei che continua a stupirsi di questi meccanismi. La fede ci invita a guardare alla volontà di Dio non alle “fortune” ecclesiastiche, a difendere e far crescere gli spazi di libertà nella chiesa, anche se si tratta di un impegno che spesso si paga a caro prezzo.

D) Sì, ora mi sembra di capire meglio. Come in questi mesi il pretesto umanitario viene usato per legittimare la guerra e, se uno dibatte o non condivide i bombardamenti USA, viene subito definito antiamericano, così nella chiesa il dissenso viene dapprima squalificato proprio in ciò che lo caratterizza a livello teologico, cioè come pratica della libertà evangelica. Poi, quando l’istituzione ecclesiastica ritiene che siano maturi i tempi per girare pagina, si tenta l’operazione-recupero.

R) Occorre essere consapevoli di simili meccanismi che funzionano in molte istituzioni, non solo in quelle ecclesiastiche. Quanto siamo lontani dalla limpidezza del Vangelo! Quanta distanza esiste tra la “politica dell’istituzione ecclesiastica” e la prassi di Gesù. Una persona diventa ufficialmente “santa”, cioè dichiarata santa dal magistero, quando può essere usata per le fortune dell’istituzione stessa.



2) Beatificazione per Rosmini la Chiesa lo aveva condannato


di: MARCO POLITI
da:
Repubblica, 18 novembre 2007

Antonio Rosmini sarà proclamato beato oggi a Novara. Filosofo, cattolico liberale, fautore di un´Italia confederata sotto la guida del romano pontefice, critico della Chiesa perché separata dalle masse, precursore della riforma ecclesiale, il pensatore vissuto nella prima metà dell´Ottocento è stato troppo avanti sui suoi tempi per non finire nella macina del Sant´Uffizio. Scrive ai fedeli il vescovo di Novara monsignor Corti che dagli uomini grandi, anche morti, «giunge silenziosamente una risposta che ci illumina e ci orienta. Forse li dovremmo interrogare di più». Ed è l´ammissione che certe sue tesi sono un pungolo persino per la Chiesa odierna.

La causa di beatificazione è durata 17 anni. Fondamentale l´appoggio di Ratzinger sia da prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e da pontefice. Notevoli le acrobazie verbali per aggirare le condanne del Sant´Uffizio. Si è detto in Vaticano che la condanna contro Rosmini rimane valida per chi legge i punti incriminati delle sue opere «al di fuori del contesto di pensiero rosminiano», mentre il senso delle proposizioni condannate «non appartiene in realtà all´autentica posizione di Rosmini».

Nato a Rovereto nel 1797, amico del Manzoni, il filosofo attento alla novità della democrazia liberale e della monarchia costituzionale venne condannato due volte. Una prima volta nel 1949 per i suoi scritti sulla costituzione e soprattutto per il suo celebre «Le cinque piaghe della Chiesa». Riabilitato da Pio IX, un nutrito elenco delle sue tesi sarà definitivamente condannato post mortem nel 1887, regnante Leone XIII. Rosmini si è già spento a Stresa nel 1855, ma con la glorificazione del tomismo come filosofia ufficiale della Chiesa, la sua libertà di ricerca diventa colpa.

Il suo libro "Le cinque piaghe della Chiesa" rimane un esempio di preveggenza. Rosmini stigmatizza l´ignoranza del clero, la separazione dai fedeli, l´ingerenza politica negli affari ecclesiali, la detenzione di ricchezze non utilizzate a fini di carità. La Chiesa deve essere povera, proclama, «perché quando sembra arbitro delle sorti umane diventa impotente».

Lino Prenna, esponente cattolico democratico, ricorda oggi anche altre intuizioni attualissime: «Il concorso del popolo nell´elezione dei vescovi, il contributo dei semplici fedeli alla legislazione canonica della Chiesa, la loro partecipazione attiva nella gestione e distribuzione dei beni ecclesiastici». Sferzante il movimento «Noi siamo Chiesa»: le autorità ecclesiastiche facciano una riflessione autocritica. Proclamarlo beato è il segno della svolta profonda, impressa dal concilio Vaticano II alla Chiesa. Contrariamente alla tesi continuista della dottrina ufficiale ratzingeriana. Per gli appassionati di storia c´è anche un giallo. Don Claudio Papa, postulatore della causa, documenta che Rosmini, di ritorno da un pranzo in casa dei nobili Bossi-Fedrigotti, si sentì male e confidò alla cognata: «Sono avvelenato». Ma chiese che non si dicesse niente.



3) NOI SIAMO CHIESA

Via N.Benino 3 00122Roma
www.we-are-church.org/it

Comunicato Stampa
Antonio Rosmini, precursore del Concilio, profeta della laicità e di una radicale riforma della Chiesa. Le riflessioni di “Noi Siamo Chiesa” sui pericoli di una beatificazione solo d’immagine senza alcuna riflessione autocritica

Domani, 18 novembre a Novara ci sarà la cerimonia di beatificazione di Antonio Rosmini. La sua straordinaria personalità di pensatore, di uomo di Chiesa e di riformatore è di tale statura da meritare l’apprezzamento per questo avvenimento da parte di quei cattolici che, richiamandosi con convinzione al Concilio Vaticano II, esprimono una posizione critica sull’attuale guida della Chiesa cattolica. Questa attenzione non è incompatibile con una presa di distanza, che è di lunga data e che confermiamo, nei confronti del vigente sistema delle canonizzazioni. Esso, estraneo al dettato conciliare, ha dato luogo, soprattutto nel corso degli ultimi due pontificati, ad evidenti abusi, è stato causa di perdita di credibilità del messaggio evangelico per una parte delle donne e degli uomini del nostro tempo ed ha dato respiro ad una religiosità che rischia di allontanarsi, nella prassi, dall’unica vera fonte della fede che è la Parola di Dio.

Queste sono le nostre riflessioni:


Antonio Rosmini rappresentò nel XIX secolo la massima espressione di quei cattolici che si impegnarono per una soluzione, non traumatica ma positiva nel reciproco interesse, del rapporto tra il potere temporale della Chiesa e la nascente nazione italiana. Nei mesi drammatici del 1848 se fosse prevalsa, presso Pio IX, la posizione del Rosmini invece di quella del Card. Antonelli, la storia della Chiesa sarebbe stata ben diversa e di conseguenza anche quella del Risorgimento e del nuovo Stato italiano. Da una parte invece ci fu l’involuzione che portò all’enciclica Quanta Cura con il Sillabo contro la democrazia ed al Concilio Vaticano I (ed indirettamente alla enciclica Pascendi contro il modernismo), dall’altra ad uno Stato elitario, autoritario e guerrafondaio lontano dal migliore pensiero democratico e federalista che percorse in quel secolo il nostro paese. Rimase aperta la “questione romana” che fu risolta solo nel 1929 con i Patti Lateranensi che stabilizzarono e rafforzarono il fascismo.

Antonio Rosmini pensava ad una democrazia intesa come giustizia sociale, fondata sulla centralità della persona, della sua libertà, dei suoi diritti. La sua posizione che fu definita “conciliatorista” apriva al confronto tra fede e ragione, tra fede e scienza ed apriva la Chiesa al confronto con la modernità. In questo contesto importanza fondamentale aveva il rapporto tra Stato e Chiesa. Egli auspicava la valorizzazione dei diritti della religione e della libertà di coscienza ma in un contesto in cui non ci fosse confusione tra le materie soggette alle due differenti giurisdizioni con la libertà per ognuna di esse di operare nel proprio ambito. Ciò significava che “la religione cattolica non ha bisogno di protezioni dinastiche, ma di libertà. Ha bisogno che sia protetta la sua libertà e non altro”(1). Ciò comportava, per Rosmini, sia l’esclusione del sistema di ingerenza dello Stato nelle cose della Chiesa (il vecchio giurisdizionalismo), sia quello dell’alleanza “tra il trono e l’altare”. In questo genere di riflessioni il Rosmini fu un pensatore di grande importanza anche per il pensiero e la politica laica, da cui ebbe anche degli espliciti riconoscimenti (2)

Antonio Rosmini ha infine lasciato una ampia proposta di riforma della Chiesa, che è contenuta soprattutto nel “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa”. Essa verrà recepita in buona parte solo al Concilio Vaticano II dopo aver percorso, in modo più o meno sotterraneo, un secolo della storia del cattolicesimo italiano ed europeo. Questo testo “è sostenuto da un grande amore alla Chiesa ed insieme da una grande audacia e da un forte spirito profetico” dirà il Card. Martini (3). In esso Rosmini denuncia i mali della Chiesa (4) indicando in un ritorno alle fonti (Vangelo, Padri della Chiesa e prassi dei primi secoli) la possibilità per essa di “risorgere” e di essere nuovamente testimone credibile del messaggio evangelico. Tutta la storia della Chiesa viene analiticamente coinvolta nella denuncia, indicando gli errori via via commessi, da quello della subordinazione al potere civile o della commistione con esso, allo spirito di guadagno e di potere fino ad una pratica dei riti lontana dal popolo e a tanti altri. Vengono anche proposti alti valori spirituali di comunione e di unità nella Chiesa che sono esistiti nei primi secoli ed il cui abbandono ha contribuito alle lacerazioni, in primis quella che ha dato vita alla Riforma protestante.

Ora Rosmini, ispiratore indiretto del Concilio Vaticano II, viene beatificato da chi a Roma del Concilio parla senza crederci veramente o non credendoci per niente. Si tratta del recupero di un profeta della Chiesa solo agli effetti dell’immagine o per accontentare una falsa coscienza? Può essere anche qualcosa di diverso questa beatificazione ? “Noi Siamo Chiesa” pensa che onestà di intenti e sensus Ecclesiae dovrebbero indurre ad una riflessione autocritica all’interno della Chiesa almeno su due piaghe, la quarta e la quinta in modo da rendere in qualche modo più credibile la solenne celebrazione di domani.


La quarta piaga è quella della nomina dei vescovi. Il Rosmini, preoccupato dell’intervento in esse, allora frequente, dell’autorità civile, spiega che i Santi Padri dicevano che i vescovi dovevano essere eletti “a clero e popolo secondo l’antica consuetudine” (5) “con diversi procedimenti e il definire quali siano i più opportuni dipende in gran parte dalle circostanze differenti in cui si trovano le diverse province”(6). Forse non è questo un problema anche dell’oggi a causa della totale assenza della partecipazione del popolo di Dio alla scelta del vescovo che viene decisa dal potere burocratico del Vaticano, molto centralizzato, e del quale non si conoscono mai i criteri (si veda in questi giorni il caso del trasferimento di Mons. Bregantini)? L’unico criterio che si intuisce è quello dell’assoluta fedeltà alle direttive gerarchiche e della disponibilità ad obbedire, anche se abbastanza spesso questa non appare essere una virtù evangelica ? L’ecclesiologia di Rosmini porta alla valorizzazione della sinodalità come via ordinaria della prassi decisionale. Egli sosteneva “il principio che il governo della Chiesa quali lo esigono i nostri tempi e le nuove forme correlative dello Stato, debba essere collegiale piuttosto che individuale” (7) ed auspicava la valorizzazione degli organi collegiali esistenti e ne proponeva di nuovi.

La quinta piaga è relativa ai beni della Chiesa : le offerte siano spontanee, i beni siano gestiti in comune, e destinati ai poveri ed al clero ma in quanto povero solo per il necessario (8), la Chiesa non accumuli i beni ma li distribuisca con criteri ben definiti (9), le risorse siano amministrate “con ogni vigilanza” e pubblicando “un annuale rendiconto” “con un’estrema chiarezza sicchè l’opinione dei fedeli di Dio potesse apporre una sanzione di pubblica stima o di biasimo all’impiego di tali rendite” (10). L’incontro organizzato nello scorso marzo a Milano da alcune organizzazioni cattoliche di base (tra cui “Noi Siamo Chiesa”) su “Povertà della Chiesa e nella Chiesa e gratuità del ministero” ci ha informati che la piaga relativa alla gestione dei beni nella Chiesa nel nostro paese è ancora ben aperta sia per quanto riguarda la trasparenza e la pubblicizzazione che per i criteri di spesa (che dovrebbero essere orientati maggiormente verso le fasce sociali emarginate in Italia e nel sud del mondo) e per la scarsa consapevolezza del vigente regime di privilegio e delle consistenti risorse che il sistema attuale fornisce alla Chiesa. Per esempio chi può ragionevolmente sostenere che la destinazione dell’ottopermille alla Chiesa cattolica nella dichiarazione dei redditi coincida con l’”offerta spontanea” di cui parlava il Rosmini ?

Concludendo queste nostre riflessioni, riprendiamo un brano del Rosmini a proposito del silenzio troppo prudente di troppi all’interno della Chiesa sui suoi gravi problemi. E’ un duro monito, quasi scritto per la Chiesa italiana di oggi (in cui troppi, a partire dai vescovi, hanno paura di parlare) ma è anche un incoraggiamento per quanti, in condizioni di isolamento nella comunità ecclesiale rompono il silenzio dal basso, facendo circolare punti di vista che oggi ci piace definire “rosminiani”. Il brano dice : “Tutto va bene, a giudizio de’ prudenti di questo secolo. A giudizio d’altri ancor più prudenti, è necessario che i cattolici non abbiano la temerità di parlare: conviene osservare perfetto silenzio per non eccitare inquietudini e rumori disgustosi: e tutto quello che può recar turbazione, non è che imprudenza e temerità. Tale specie di prudenza è l’arma più terribile di que’ che minano la Chiesa; essi la minano sordamente: e chi denunzia la loro mina, chi rivela il tradimento, sono i turbolenti, sono i perturbatori della società. Intanto la Chiesa geme, e con troppa ragione può dire le parole del Profeta «che nella sua pace la sua amarezza s’è fatta amarissima». Indi è, che se qualche voce, interrompendo il silenzio di morte, s’innalza a parlare de’ mezzi di salute che restano alla Chiesa, mirate onde viene: essa esce da qualche semplice fedele” (11).


Note
(1) citazione di un testo di Rosmini fatta da Giuseppe De Rita nella conferenza stampa del 9 novembre del Comitato per le celebrazioni civili della beatificazione.
(2) Nel 1896 la anticlericale amministrazione comunale di Milano eresse una grande statua al Rosmini che si può ancora ammirare davanti a Palazzo Dugnani in via Manin. Nel basamento della statua vengono ricordate le parole di stima nei suoi confronti di Gregorio XVI e di Alessandro Manzoni.
(3) in un convegno organizzato dall’Università cattolica nel novembre 1997
(4) Così Clemente Riva, che ha curato l’edizione critica “Delle cinque piaghe” del 1966, riassume nell’introduzione i punti salienti del libro: ”l’unione viva di Clero e fedeli nell’unico Popolo di Dio; la partecipazione attiva ed intelligente alla liturgia; il Cristianesimo come mistero di vita soprannaturale; la centralità del Sacramento e della Parola di Dio; il ritorno alle fonti dei Padri della Chiesa; l’indispensabilità della teologia viva; il grave danno del giuridicismo adulatorio; l’educazione profonda del Clero; l’unione tra tutti i Vescovi a formare un sol corpo con a capo il Romano Pontefice; il recupero nella comunità cristiana dell’idea del Vescovo come Padre e Pastore della Chiesa locale; una presenza ed un consenso di tutti i fedeli nell’elezione del proprio Pastore; il senso di responsabilità e di partecipazione convinta alla vita della comunità ecclesiale; la libertà della Chiesa dai poteri politici e dai beni terreni; la povertà del Clero e dei fedeli; la carità della Chiesa verso gli indigenti a cui i beni della Chiesa in parte appartengono; la prevalenza dell’idea sociale, portata dal Cristianesimo, sull’idea individuale, propria del paganesimo; l’animazione cristiana degli individui prima e della società poi; l’impostazione cristocentrica della storia umana”.
(5) “I Santi Padri i quali insegnarono che quella parte che ha il popolo nell’elezione dei suoi Pastori procede dalla legge divina, ne trassero le prove 1) dalla legge antica; 2) dagli Atti apostolici che ci narrano l’elezione di S.Mattia, di S.Timoteo e dei sette Diaconi; 3) da alcuni luoghi delle Lettere di S.Paolo; 4) dalle ragioni intrinseche procedenti dalla dottrina di Cristo, cioè dalla dolcezza e dalla ragionevolezza del governo ecclesiastico, dalla dignità dei Cristiani, dal fine dell’ecclesiastico ministero, dalla sicurezza maggiore di un giudizio pubblico ecc..; 5) dall’immediata tradizione non iscritta di Cristo e degli Apostoli” da Lettera I in appendice a “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa” Morcelliana 1967 pag 368.
(6) cfr. lettera III in appendice a "Delle cinque piaghe della Santa Chiesa" citato pag. 411-412. Di seguito il Rosmini esprime " la speranza che i Vescovi, conoscenti della condizione dei tempi in cui viviamo, dei grandi bisogni della Chiesa, e delle speranze che a lei adduce il grido alzato di libertà, vogliano dopo tanto tempo di disunione e d'isolamento, radunarsi nello spirito del Signore, e trattare quelle cose che interessano al reggimento della loro Chiesa. Imperciocché la sapienza collettiva e l'unità dello spirito e dei mezzi è quello, di cui più che mai la Chiesa oggidì abbisogna: ella abbisogna di sentire tutta la grandezza della promessa del Signore, il quale disse, che dove due o tre saranno congregati in suo nome, egli sarà nel mezzo di essi". Qui il Rosmini auspica in modo abbastanza esplicito un nuovo Concilio ecumenico di tipo pastorale, quale sarà appunto il Vaticano II.
(7) da Fulvio De Giorgi “Dalla porpora negata agli onori dell’altare” su “Appunti di politica e di cultura” n.6/2007
(8) si leggano le illuminanti pagine 336-340 del testo citato
(9) Rosmini cita S.Ambrogio che diceva “Autem Ecclesia habet, non ut servet, sed ut eroget, et subveniat in necessitatibus” ( “La Chiesa distribuisca quello che ha per le necessità (dei bisognosi) e non lo conservi”) cfr. ibidem pag. 349
(10) cfr. ibidem pag. 354-355
(11) citazione da Fulvio De Giorni testo sopra citato


Noi Siamo Chiesa
Roma, 17 novembre 2007

BERLUSCA

Berlusconi è probabilmente arrivato al capolinea.

Come politico ha i giorni contati, ma non è finito il berlusconismo come populismo, affarismo, prevaricazione.

Anzi, il berlusconismo è più vivo che mai ed è oggi incarnato soprattutto dall'UDC di Casini e Cuffaro. Il vero tarlo della corruzione, più mascherata e sottile, ha traslocato nelle file dell'UDC.

Intanto c'è un pò da rallegrarsi per il fatto che il pollaio della destra è frantumato. (18/11/07)

SONO DEBOLE PER VIVERE...

Andrea, un altro giovanissimo di Torino, si è buttato dalla finestra morendo sulla strada.

Tutti s'affannano a dire che era un ragazzo d'oro a casa, a scuola, in parrocchia, con gli amici. "Sono debole per affrontare la vita.... sono un fallito".

In una società dove molto spesso trionfano i forti, i furbi, i prepotenti, gli arroganti, dove molto spesso devi vivere con dei ritmi o degli stili che non sono tuoi, dove sovente ti viene chiesto di apparire diverso da ciò che sei o di nascondere la tua vera identità, è facile, specialmente per un adolescente, sentirsi inadeguato ad affrontare la realtà quotidiana.

Chi ci insegna che dobbiamo vivere in pace con noi stessi? Senza questo accordo, senza questa armonia interiore la vita diventa un inferno.

Ecco perchè tanti Matteo, Andrea, Laura e Gisella... scelgono di volare con largo anticipo in paradiso.

SI SENTONO AL CENTRO

Li abbiamo capiti... In queste ultime settimane Turigliatto, Dini, Bordon e qualche altro sanno di essere sul palcoscenico.

Turigliatto ama far l'eroe solitario, il santone extraparlamentare.

Dini ha un fiuto straordinario per salvare i suoi interessi e garantirsi un futuro politico che solo la destra può assicurare ad un personaggio come lui.

Bordon si è sentito un pò trascurato e, se non è nel ruolo di prima donna, fa i capricci come Di Pietro.

Però, a causa di questi personaggi per i quali la politica deve girare attorno ai loro interessi o al loro narcisismo, la maggioranza avrà ancora altri guai.

La "spallata" non c'è stata, ma la via crucis del governo non è finita. Quando chi fa politca non ha il senso della politica... i guai non mancano e i pericoli crescono.

CARO DON LUCIANO...

Caro don Luciano Scaccaglia,

secondo il tuo vescovo tu hai un torto, anzi una colpa inguaribile e imperdonabile: hai quasi 70 anni e non sei ancora diventato né silenzioso, né prudente.

Hai addirittura invitato l’onorevole Pollastrini a parlare in chiesa di aborto e di unioni di fatto…

La curia ha vietato l’incontro della settimana scorsa perché in chiesa si deve parlare dei santi, della madonna, dell’angelo custode, del diavolo, del papa e, stando stretti stretti nei dogmi, si può anche parlare qualche volta o di Dio o di Gesù, ma sempre “a modo loro”.

Forse il tuo vescovo ha dimenticato che nelle parrocchie si è organizzata una infinita serie di incontri in preparazione al Family Day.

Se tu cambi disco e inviti la onorevole Binetti… avrai meno grane.

Alle gerarchie fanno paura la libertà e il coraggio… che costituiscono le caratteristiche della tua vita di prete e di teologo. Preparati alla prossima “bacchettata"

Tanti cari saluti
don Franco Barbero

CHE TERREMOTO...

Ve ne siete accorti? Dicono che nel lezionario di prossima pubblicazione cambierà l’Ave Maria… Però, per non turbare i devoti, nella recitazione privata e nel rosario tutto rimarrà invariato…!

Capirete… con tutti i problemi che ci sono, il cambio di una parola dell’Ave Maria potrebbe determinare o il crollo del governo o l’aumento ulteriore del petrolio. Sarebbe crisi internazionale e così la presidenza della conferenza episcopale italiana (CEI) ha deciso di tranquillizzare i devoti mariani.

Io mi domando, invece, se correggeranno quell’errore che falsifica la traduzione del testo greco. Infatti “piena di grazia” è una errata traduzione del participio passato kecharitomene.

Non è Maria che ha il privilegio di essere piena di grazia, ma – come altri passi ci ricordano rispetto ad altri personaggi biblici – il testo vuole sottolineare che è da Dio che le persone, compresa Maria, sono fatte oggetto del Suo amore gratuito.

Il testo è prima di tutto il riconoscimento dell’agire di Dio e non, come vuole la dogmatica tradizionale mariana, una esaltazione di Maria.

Ma, siccome il dogma nella chiesa cattolica ufficiale sta prima della verità, si fanno peripezie esegetiche per dire che “piena di grazia” è, tutto sommato, l’equivalente del testo originale. E noi non ne faremo certo una battaglia.

lunedì 19 novembre 2007

"VOGLIAMO UNA CHIESA ACCOGLIENTE"

GAY E TRANS: «Vogliamo una Chiesa accogliente»

di Delia Vaccarello
da: l'Unità del 13/11/2007

Non è isolato il caso Luxuria: escluso perché trans e poi ammesso come testimone di nozze. Assoluzioni negate e pressioni per «diventare» etero non sono rare. «La Chiesa dei "no" fa male»

«Sei gay o trans e ti rifiutano come testimone di nozze? Succede. Ma se non sei famoso, nessuno lo sa», dice Pasquale Quaranta credente e omosessuale. Tantissime nella comunità gay le reazioni alla vicenda che ha visto il vescovo di Foggia negare all'onorevole Luxuria il «permesso» di fare da testimone di nozze al matrimonio della cugina, per poi concederlo dopo una giornata di polemiche.

C'è chi testimonia le discriminazioni subite, chi sottolinea la distanza tra le gerarchie ecclesiastiche e la comunità dei credenti. E chi risponde invitando a non rincorrere le «concessioni». È diffusa l'aspirazione ad avere una Chiesa Cattolica del «sì» piuttosto che dei tanti «no», più vicina alle chiese cristiane.

In nome dell'accoglienza verso omosex e trans si sono pronunciati l'Assemblea generale dell'Unione battista (Ucebi) e il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste. La mozione approvata di recente «confessa» il peccato delle discriminazioni, condanna le persecuzioni ai danni dei gay, invita a rispettare l'amore e le coppie omosessuali.

«Ero presidente dell'Arcigay di Salerno quando a un gay è stato negato di fare il testimone di nozze. Ma per debolezza della vittima non è stata detto nulla», dichiara Quaranta. Gli fa eco Aurelio Mancuso, presidente nazionale di Arcigay, anche lui credente, che dinanzi ai tanti «no» agli omosex ha preso una decisione forte. «Conosco quante discriminazioni hanno subito molti gay e lesbiche credenti, io stesso in coerenza con la mia libertà di professare la fede nella responsabilità personale, non mi accosto ai sacramenti da ormai alcuni anni; non almeno dentro le strutture della chiesa cattolica romana. Perché la testimonianza civile è anche fatta di rinunce».

Luigi, un ragazzo gay di 18 anni, scrive a Liberi tutti: «Quando ho detto in confessione di essere omosessuale mi è stata negata l'assoluzione». E Quaranta aggiunge: «Quando confessai per la prima volta a un sacerdote di sentirmi attratto eroticamente dai ragazzi, mi disse che avrei dovuto affezionarmi a una ragazza. Lui stava seguendo altri ragazzi "come me" che si stavano "affezionando" a delle ragazze. Era un cattivo consigliere».

«La vicenda ha dimostrato ancora una volta la lontananza dei vertici ecclesiastici dalla comunità cattolica, sempre più aperta e tollerante», ha dichiarato Luxuria. Davide Tolu, autore teatrale, ex trans Ftm (cioè da femmina a maschio), dichiara. "Sarà la Storia a insegnarci che ciò che fa male alla famiglia non è certo l'allargamento del suo concetto, ma i ruoli imposti, la miope intolleranza che l'istituzione chiesa rivolge all' evoluzione della propria comunità. La comunità si sta evolvendo verso valori di rispetto delle differenze". Luxuria si presenta come transgender: secondo la Chiesa cattolica le persone omosessuali possono aspirare al perdono (ma solo se rinunciano alla propria sessualità), le persone transessuali e transgender no.

Per fortuna esistono diversi operatori ecclesiastici che rifiutano di sottostare alle ordinanze di esclusione. Sono loro i veri "pastori del Signore", perché seguono l'insegnamento d'amore di Cristo per i più deboli ed emarginati: e le persone omosessuali e transgender ancora oggi possono essere incluse in queste categorie».

Tra questi «pastori» c'è Franco Barbero, ridotto al laicato perché celebrava patti d'amore. «A don Franco scrivono numerosi ragazzi e ragazze omosessuali - dichiara Quaranta - Ho proposto di pubblicare le loro lettere in un libro che uscirà grazie all'editore Lucia Gabrielli di Verona. Sarà l'ennesimo tentativo di far sentire la nostra voce per una chiesa più accogliente».

Pasquale la notte di natale di qualche anno fa parlò in chiesa di sé. «Quando ho parlato dal pulpito a Rignano Garganico, provìncia di Foggia, sono stato invitato dal parroco. Mia madre ed io abbiamo capito che potevamo portare la nostra testimonianza. Decisi di accettare l'invito convinto di farmi portavoce non solo dei miei sogni, ma anche di quelli dei tanti che mi avevano scritto».

Perché fare da testimoni se non si crede? «Per una persona non credente fare da madrina o padrino ad un battesimo o da testimone ad un matrimonio religioso è un fatto di folclore. Per una persona credente è un fatto di fede. Sarebbe il caso di diventare effettivamente laici», commenta Darianna Saccomani, trans di Crisalide.

«Un frate che ha lasciato da poco l'ordine francescano mi ha detto: la chiesa cattolica ormai è come una fortezza assediata dai propri fantasmi. È andato via perché non sopportava più il clima di chiusura - racconta Mancuso - So di ingenerare ancor di più dibattito, ma al rifiuto del vescovo io avrei opposto il mio rifiuto alla sua concessione. Avrei atteso fuori da quella chiesa sconsacrata dall'amore di Gesù, e accolto mia cugina sul sagrato, dove risplende la luce delle donne e degli uomini, fatti ad immagine e somiglianza di Dio».

Le chiese cristiane hanno scelto il rispetto. Lo sottolinea Refo, la Rete evangelica fede e omosessualità (www.refo.it). La mozione siglata di recente da battisti, valdesi e metodisti è netta: afferma che «la relazione umana d'amore, vissuta in piena reciprocità e libertà» è «sostenuta dalla promessa di Dio»; «confessa il peccato della discriminazione delle persone omosessuali» e condanna «ogni violenza verbale, fisica e psicologica, ogni persecuzione»; sollecita chi crede a contribuire ad una «cultura del rispetto, dell'ascolto e del dialogo»; invita «ad accogliere le persone omosessuali» e, nell'ottica di uno stato laico, a «riconoscere i diritti civili delle persone e delle coppie discriminate sulla base dell'orientamento sessuale». Non c'è che dire: parole sante.