domenica 31 dicembre 2006

CELEBRAZIONE EUCARISTICA DI FINE ANNO

Care Lettrici e Lettori del blog,

voglio regalarvi per il nuovo anno una preghiera eucaristica che ho composto. Perché una preghiera che potrete utilizzare in gruppi, comunità, in parrocchia? Perché pregare è riconoscere in Dio la fonte e la forza per la nostra personale conversione e per il nostro impegno nel mondo. Questo è il mio augurio, dopo questo natale commerciale, per il nuovo anno.




CELEBRAZIONE EUCARISTICA DI FINE ANNO


P. Cari fratelli e sorelle, vi saluto con affetto in questo momento di calda accoglienza reciproca. Oggi chiuderemo l’agenda del 2006. A mezzanotte apriremo un altro capitolo del libro della nostra vita. Ci vorrà molta speranza per combattere contro le devastanti violenze e ingiustizie che occupano lo scenario del mondo e le relazioni uomo - donna - creato. Ma c’è un Dio che ci regala questo 2007 e ci invita a scriverlo con pietre e parole d’amore.

P. “Questo giorno appartiene a Dio: te lo dona. Vivi il giorno di oggi. Dio te lo dona, è in te, vivi in Lui.

G. Il giorno di domani appartiene a Dio, non appartiene a te. Non mettere su domani la preoccupazione di oggi. Domani appartiene a Dio. Lasciaglielo.

1) Il momento presente è una fragile passerella. Se la carichi dei rincrescimenti di ieri o delle preoccupazioni di domani, la passerella cede e tu sprofondi.

2) Il passato Dio te lo perdona, il futuro Dio te lo dona, vivi il giorno oggi in comunione con Lui”. (Vincent Schmid)

G. Canto: Alleluia

P. Eccoci, Signore, con il nostro desiderio di incontrarTi e la nostra incapacità di trovarTi. Eccoci, Signore: oggi vogliamo prendere il tempo di stare in silenzio e attenderTi, di ascoltare e pregare. Nel nostro silenzio stupito, Ti attendiamo, o Dio; vieni Tu stesso a soffiare sul nostro vuoto la freschezza della Tua presenza inattesa. (Susanne Schell)

G. Canto

T. O Dio vivente: Tu che stai all’origine della vita apri i nostri cuori affinché riceviamo il soffio del Tuo spirito.

Letture bibliche

Predicazione

Liberi interventi dei fratelli e delle sorelle

G. Canto

P. Dio che ci accompagni nel tempo

T. noi Ti riconosciamo come l’Eterno. La Tua vita fuoriesce dalle nostre misure e i Tuoi giorni sono senza numero.

G. “Per Te mille anni sono come un giorno, come il giorno di ieri che è passato, come il turno di una sentinella nella notte” (Salmo 90)

T. “Un giorno solo nei Tuoi atri vale più di mille altrove” (Salmo 84)

1) Siamo qui davanti a Te, o Eterno, con il bagaglio dei nostri anni, con l’altalena dei nostri giorni con ciò che abbiamo sognato e costruito e ciò che abbiamo rotto o demolito.

2) Ma siamo nella gioia davanti a Te perché sei il Dio che sempre accogli, che non hai preferenze per chi è giusto. Pastore di chi si è smarrito o perduto, ci incalzi perché osiamo sentieri nuovi.

T. Gesù era a tavola con i suoi amici e le sue amiche. Egli era ben consapevole della congiura che si stava organizzando contro di lui e il suo cuore faceva i conti con la paura. Voleva lasciare ai suoi amici e alle sue amiche, in quella sera e in quella cena di intimità, qualcosa di più di un ricordo, di un segno. Sulla mensa c’erano pane e vino. Gesù alzò gli occhi al cielo e, dopo aver benedetto il nome santo di Dio, prese il pane, lo spezzò, lo divise dicendo: “Prendete e mangiate. Questo pane condiviso sia per voi il segno della mia vita. Quando farete questo, lo farete in memoria di me, di ciò che ho fatto e detto”. Poi prese la coppa del vino e disse: “Questo calice sarà per voi il segno di un’amicizia che Dio continuamente rinnova con tutta l’umanità, con tutto il creato”.

1) Davanti a Te ci prendiamo, o Dio, la responsabilità di guardare e di camminare nel solco di Gesù.

2) Aiutaci a vedere ciò che dobbiamo deporre, gli egoismi che ci chiudono mani e cuori.

1) Aiutaci a riprendere i sogni che abbiamo accantonato, le aurore che non abbiamo condotto verso il giorno.

2) Aiutaci a vedere le nostre vigliaccherie perché usciamo dalle comode prigioni della nostalgia.

G. Canto

P. Preghiera di comunione e di condivisione.

G. Canto

G. Preghiere spontanee.

G. Invochiamo ora il soffio vitale di Dio sulle nostre vite. Egli è la nostra compagnia quotidiana.

1) Apri le nostre mani piccole e chiuse affinché possiamo provare la gioia di incontrare e stringere altri mani.

2) Apri le nostre labbra socchiuse affinché gridiamo la nostra gratitudine per le tante meraviglie di questo mondo.

T. Apri le nostre orecchie sordastre affinché diventiamo capaci di ascoltare il grido di Abele che sale a Te dalla terra.

P. Apri i nostri occhi spesso annebbiati affinché possiamo riconoscere la Tua presenza che ci invita a gioire con chi è nella gioia, a lottare con chi subisce violenza e ingiustizia.

mercoledì 27 dicembre 2006

UN LIBRO E UN AUTORE

Se volete conoscere le valli del Saluzzese e del Cuneese e i più bei percorsi alpini, avete un riferimento sicuro nel secondo libro di Gigi Ferraro.

Due mesi fa “Tracce del cammino” (edito da GraphArt di Manta) è stato presentato a Saluzzo.

Io purtroppo non conosco nulla delle montagne. I miei giorni festivi passano a tavolino o trascorrono con gruppi e comunità, ma chi lo ha letto ha avvertito come l’eco dei passi di Gigi e Marcella, innamorati della loro terra e attenti alla sua storia politica, culturale, religiosa.

Conosco l’Autore meglio di suoi libri. Gigi Ferraro rappresenta per me e per molti amici e amiche l’incarnazione della coerenza.

Schivo e gioviale, rigoroso e umile, Gigi da quarant’anni è in prima fila nell’impegno politico, amministrativo e culturale.

Credente impegnato nel dissenso cattolico dagli anni del Concilio, da oltre trent’anni fa parte, come animatore, della locale comunità cristiana di base.

Ci sono persone che, con la loro vita, ti dicono che i vangelo è vivo e che vale la pena lavorare silenziosamente per un mondo “altro”.

Credetemi: le sue “tracce di cammino” sono attendibili perché Gigi è una “traccia” vivente.

Il libro può essere richiesto alla Redazione di “La strada” - via Cuneo 4/C - 12037 SALUZZO (CN).

martedì 26 dicembre 2006

IL MESSAGGIO PIU’ BELLO

Natale è passato.

I sacri palazzi non hanno cambiato di una virgola il loro messaggio monotono ed ammuffito.

Quattro suore al funerale laico di Welby hanno parlato profeticamente.

Hanno annunciato un Dio che ci accompagna con il Suo amore, che ha accolto Welby tra le Sue braccia.

La chiesa cristiana ha ancora tante voci e tanti cuori che non si lasciano ingabbiare dalla chiesa vaticana. Tra “cristiana” e “vaticana” c’è spesso una distanza continentale...

lunedì 25 dicembre 2006

IL FUNERALE NEGATO

Un atto duro, disumano, uno dei tanti della serie “sbatti fuori chi non è obbediente”.

Il vicariato di Roma ha proibito il funerale in chiesa di un uomo credente in presenza in una esplicita richiesta di un rito religioso da parte della famiglia che si è dichiarato profondamente cattolica.

Ma, a ben riflettere, Welby è uno dei tanti messi alla porta in questi ultimi anni. La circostanza rende il rifiuto ancora più truculento, ma la sostanza è sempre la stessa: o sei dentro i confini della ortodossia o sei fuori della comunità ecclesiale.

Si tratta di una logica ferrea, escludente, eppure assolutamente normale dentro questa chiesa cattolica ufficiale.

Come se non bastasse il papa, durante i saluti augurali alla Curia Romana, ha lanciato un’altra freccia contro i PACS, definendo “teorie funeste” le elaborazioni che sanciscono la legittimità delle coppie di fatto e dei matrimoni omosessuali.

Credo che, guardando più in profondità, stiamo imparando ad ascoltare le affermazioni del papa e dei vescovi come pure e semplici opinioni che non hanno alcuna forma vincolante per le nostre coscienze.

Questo è un passo significativo, anzi decisivo per noi. Il Vangelo e la fede possono divergere totalmente e condurci in bel altra direzione in tutta tranquillità.

Per moltissimi credenti questo papa che legittimamente parla di tutto, non ha più nessun autorevolezza rispetto alla fede. Così ci si libera da una dipendenza funesta e ci resta il compito di confrontarci, di assumere le nostre responsabilità.

Il che è certamente più impegnativo, ma anche più liberante. Questo è il regalo di Natale che possiamo farci.

domenica 24 dicembre 2006

SCIOPERO DEI GIORNALISTI

Esprimo piena solidarietà ai giornalisti e alla giornaliste che stano conducendo una dura lotta contro l’arbitrio degli Editori che minacciano di far saltare il contratto nazionale; mentre aumenta la pubblicità, i grandi gruppi fanno utili miliardari e vogliono zittire i giornalisti.

Pensare che stiamo vivendo giorni senza informazione è davvero triste. Ma i giornalisti sono senza contratto da 665 giorni. Già quindici sono state le giornate di sciopero. Essi hanno ragioni da vendere per questa lotta durissima, senza precedenti.

I giornalisti scioperano contro l’indisponibilità della Fieg ad aprire il negoziato. Una posizione stigmatizzata come da emergenza democratica. Gli editori minacciano la disdetta del contratto vigente e mettono a serio rischio la previdenza autonoma di categoria e tutte le forme di tutela dei giornalisti. I punti, invece, da discutere per la Fnsi al tavolo del ministero del lavoro sono la previdenza, il mercato del lavoro, la precarietà e gli ammortizzatori sociali dei giornalisti. La Fnsi si dice disposta a collaborare per dare un assetto pluralista ed equilibrato ad un settore che si trova al centro di profonde trasformazioni. Ma chiede sia garantita l’indipendenza dei media e del giornalismo, la dignità delle colleghe e dei colleghi dipendenti, autonomi e freelance e un futuro certo del sistema di tutele previdenziali e sanitarie della categoria. Infine si chiedono regole a tutela dei giornalisti degli uffici stampa della pubblica amministrazione e delle aziende private”.

Lo stesso giornale ora citato (L’Unità, 21/12/06) riporta i numeri:
12.500 - i giornalisti con contratti regolari
8.000 - i “regolari” che percepiscono un reddito di 5mila euro lordi annui
24.000 - gli “invisibili” che non hanno nessun grado di tutela contrattuale
6 milioni - le copie di quotidiani che vengono vendute ogni giorno
1,72 miliardi di euro il totale di ricavi dalle vendite annui (dati Fieg 2004)
1,42 miliardi di euro il totale di ricavi da pubblicità annui (dati Fieg 2004).

L’assenza dell’informazione su carta stampata è un grave danno per la democrazia, un terribile impoverimento che lascia spazio solo a ballerine, pubblicità, discorsi del papa e interviste a cardinali...

L’attacco ai giornalisti è, in realtà, l’attacco alla nostra capacità di un pensiero critico. I giornalisti lottano anche per la nostra libertà di pensiero.

sabato 23 dicembre 2006

MUORE DON FRANCO MAGGIOTTO

Dopo un anno e mezzo di lotta e di cure il cancro ha prevalso.

Nella notte di mercoledì 20 dicembre don Franco Maggiotto ha compiuto il “passaggio” all’altra sponda, nella “casa definitiva” presso Dio. Erano con lui la moglie Aurora e i loro figli Tabita e Alberto.

E’ stato un passaggio dolce, lucido, alla presenza della sua famiglia e di alcuni membri della comunità.

Nell’incontro di giovedì 21 nella bella sede della comunità cristiana di base di Alpignano ho proposto, durate la intensa e spontanea preghiera comunitaria, anche i versetti 6 e 7 del capitolo 8 del Cantico dei cantici.

Franco e Aurora hanno vissuto oltre 35 anni di amore vero, appassionato, forte. Hanno condiviso la vita, la fede, le lotte.

Il loro amore, sconfessato da una gerarchia sessuofobica e disumana, è stato colmato di ogni benedizione. Aurora ha condiviso fino in fondo il ministero che Franco non ha mai abbandonato.

Lo ricordiamo come pastore e presbitero della sua comunità ecumenica, credente sempre contro corrente, appassionato delle Scritture. La sua comunità lo ricorda questa mattina ad Angrogna, un comune della Val Pelllice nel cui cimitero valdese Franco sarà sepolto.

Lo conobbi tanti anni fa, negli anni 78-79. Non sempre le nostre opinioni erano convergenti, ma ci accomunò sempre una passione: la lettura biblica all’interno di un cammino comunitario.

Fu tra i pochi che seppe gioiosamente vivere in fecondo intreccio matrimonio e ministero. Ora mi sentirò ancora più vicino alla comunità cristiana di base di Alpignano.

Tutta la comunità di Pinerolo esprime affetto e vicinanza ad Aurora, Tabita e Alberto e alla comunità sorella di Alpignano. Sosteniamoci nel nostro cammino di fiducia in Dio e di sostegno reciproco.

giovedì 21 dicembre 2006

CALCIO: LA SQUADRA VATICANA

Quello che stiamo vivendo è un Natale tragico, segnato da guerre civili, da stragi e da violenze in ogni angolo della terra.

Le buone notizie vanno cercate dietro la enorme tappezzeria commerciale di questi giorni. Le chiese, addormentate e silenti, ripetono il “disco natalizio” che ogni anno si fa più monotono e irrilevante.

La televisione, nella spregevole gara dei sentimentalismi, riduce il tutto ad una rassegna del tradizionale, come se la tradizione fosse qualcosa da imbalsamare, un prodotto da non toccare e un oggetto da museo.

La tradizione cristiana, così intesa e travisata, blocca il messaggio sovversivo e Gesù diventa quel bambinello che ci commuove e non il profeta che ci sollecita al cambiamento e alla responsabilità.

In sostanza, il Natale cristiano non annuncia più nulla e ci culla in emozionalismi regressivi.

Quando nel 1981 proposi di separare il Natale di Gesù da quello commerciale, spostando a maggio o a settembre la festività cristiana per dissociarsi dal trionfo del mercato e dello spreco, sembrò a qualcuno che io enunciassi una pazzia. Recentemente su Rocca la teologa Lilia Sebastiani ha segnalato questa proposta con rispetto.

Ma, a coprire il vuoto di questo natale delle banalità, pochi giorni fa è intervenuto il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di stato di papa Benedetto XVI. La proposta(il suo “annuncio” natalizio!) è degna di attenzione.

Che cosa ci annuncia il cardinale più vicino al papa in questo natale di guerre, di stragi e di violenze? Cito da Repubblica di lunedì 18 dicembre in prima pagina là dove si annuncia una supersquadra del papa che potrebbe scendere in campo prossimamente:

“ ‘Una squadra di calcio di serie A del Vaticano per competere ad armi pari con grandi formazioni come Juve, Inter, Milan, Roma...’. E così anche la Santa Sede sta scaldando i muscoli per poter esordire in un prossimo futuro nel mondo del calcio professionistico, nazionale ed internazionale, con una formazione sua sotto i colori bianche e gialli della Città del Vaticano. Ed intende farlo nel migliore dei modi. Parola di Tarcisio Bertone, cardinale segretario di Stato, numero due vaticano, secondo solo a papa Ratzinger, ma anche grande esperto di calcio e tifoso juventino”.

Mi raccomando: parroci la notte di Natale non dimentichino questo annuncio profetico. Sarà una squadra di onestuomini alla Moggi e Galliani?

I giocatori, in maglia bianca e gialla, dovranno essere tutti teocom-democristiani, fidanzati casti, sposi illibati, non separati, non omosessuali, confessati e comunicati a Pasqua?

Potrà giocare nella squadra papalina uno che usi il profilattico, un protestante, un mussulmano, uno gnostico o un ateo?

Quale monsignore trasmetterà le partite da radio vaticana? Quale madonna sarà la protettrice della squadra vaticana? Quella di Lourdes, di Fatima, quella delle lacrime o la vergine delle rocce?

Sono interrogativi “dilanianti” che occupano il sacro collegio cardinalizio bel oltre questi giorni di festa. Potrebbe essere necessario un “convegno Verona bis” o un sinodo dei vescovi.

Così il Vangelo della liberazione, si dice in vaticano, è annunciato ai poveri...

Dimenticavo: nella prossima ristampa del Compendio della Dottrina Cristiana si aggiungerà il n° 578: “I cattolici dovranno tifare per la squadra vaticana ma, qualora esprimano un dissenso calcistico, non vanno esclusi dai sacramenti” (Edizioni Libreria Vaticana, pag. 153).

martedì 19 dicembre 2006

IL VERO DRAMMA ITALIANO

Mentre esprimo tutta la mia solidarietà all’amico Aurelio Mancuso, che ha scritto parole chiare e oneste a Piero Fassino sullo scarso impegno dei DS rispetto alla promozione dei PACS, noto come i cardinali Ruini e Caffarra siano ripartiti per la crociata contro gli omosessuali.

Questa è la tragedia italiana. Troppi nostri politici continuano a prendere ordini dal vaticano.

Emanuela Baio Dossi, Dorina Bianchi, Paola Binetti, Luigi Bobba, Marco Calcaro, Enzo Carra e Luigi Lusi sono i centristi cattolici dell’Unione che sabotano una legge dignitosa sulle coppie di fatto.

Questi nomi vanno pronunciati e conosciuti. Si tratta di parlamentari italiani a servizio del vaticano. Così il Partito Democratico è già morto prima di partire.

Nascerebbe un partito di centro, totalmente succube della retorica e della politica dei “valori cristiani”, che in realtà sono le ideologie vaticane e conservatrici della borghesia di casa nostra.

E’ sempre più importante far crescere la cultura e la pratica della “squadra unita” per il governo del paese (che impresa difficile!), ma non si può annacquare il tutto e arrendersi a Rutelli.

Se omosessuali e lesbiche scenderanno in piazza per “suonare la sveglia” a chi si è addormentato nel compromesso, non mancherò all’appuntamento. Dobbiamo mobilitarci contro le armi, contro la negazione dei diritti, contro il clericalismo.

Intanto la curia di Bologna ha condannato senza mezzi termini le dichiarazioni di don Giovanni Nicolini, membro del collegio episcopale dell’archidiocesi, che aveva ricordato il dovere di uno stato laico di riconoscere e tutelare con una legge le diverse forme di convivenza perché “in uno stato laico non ci possono essere persone ignorate e svantaggiate a priori”.

Pensare liberamente e responsabilmente nella chiesa cattolica a livelli istituzionali è reato.

CARDINALI IN ARRIVO

La mia “talpa vaticana” mi informa che in questi giorni il papa e i suo più stretti collaboratori stanno preparando l’elenco dei nuovi cardinali.

Infatti ci sono nove posti vacanti e, come sempre succede, mille aspiranti alla berretta rossa stanno sgomitando. Ci saranno delle sorprese... per chi non è addentro a questi arcani misteri.

Parecchi arcivescovi sono segretamente furenti da quando hanno saputo di essere esclusi dalla cerchia degli “eletti”. Non solo esclusi, mi confida la solita talpa vaticana, ma scavalcati da concorrenti inconsueti, normalmente ritenuti “fuori gara”.

Si sono sentiti feriti, offesi, emarginati, trascurati, vilipesi, traditi, derisi, sconvolti, scoraggiati, disperati, adirati quando hanno conosciuto i nomi dei prescelti e il “titolo di merito” per il quale saranno annoverati nel “sacro collegio”.

Em.mo Rutelli, insigne convertito dal laicismo radicale;
Em.mo Giovanardi, paladino della civiltà cristiana:
Em.mo Calderoli, esponente di spicco delle cultura solidaristica cristiana;
Em.mo Bobba, esperto di infiltrazione vaticana nel mondo politico.

Ma (se la mia talpa non fosse davvero informata... stenterei a crederlo!) nell’elenco compaiono altri due nomi annotati con un punto interrogativo.

Si tratta della Binetti (“straordinaria e superattiva propugnatrice della sacralità della famiglia”) e... Fassino (“se si sposterà ancora di più al centro e riuscirà a fondare il Partito Democratico Cristiano”).

Intervistata al riguardo la senatrice Binetti, sempre molto allineata con le regole cattoliche ed ecclesiastiche, accortasi di aver l’handicap di essere donna, si è rivolta a Vladimir Luxuria per alcune informazioni riservate e personali.

Per Fassino il vaticano solleciterebbe l’impegno di convertire tutti i DS al graditissimo Partito Democratico Cristiano lasciandone la presidenza a Casini e la segreteria politica a Mastella.

Tutto questo avviene, come sempre in questa Italia, nello spirito e nella pratica di una “sana laicità”.

Capisco il dolore dei sopracitati arcivescovi. Quasi tutti rischiano di dover aspettare il prossimo turno con il rischio di vedersi scavalcati da Biondi che (diciamo la verità) un cardinalato se lo meriterebbe davvero, magari con Buttiglione.

domenica 17 dicembre 2006

Recensione: "Risurrezione"

N.T.WRIGHT, Risurrezione, Editrice Claudiana, Torino 2006, pagg. 976, € 65,00.

La mole del volume esprime bene l’impegno che viene richiesto al lettore o alla lettrice. Il tema si presenta particolarmente rilevante per l’esperienza della nostra fede.

Del medesimo Autore avevo letto una breve riflessione cristologica nel volume Gesù di Nazareth (Claudiana, Torino 2003) che non mi aveva entusiasmato. In quel volume l’Autore rilanciava vecchie riflessioni come fossero inedite novità.

In ogni caso, anche perché prediligo nella mia ricerca i libri e gli autori che hanno idee diverse dalle mie, mi sono accinto alla lettura di “Risurrezione” con grande volontà e attesa.

Ho apprezzato e letto con profitto la prima parte in cui l’Autore esplora la vita dopo la morte nell’antico paganesimo e nell’ebraismo biblico e post-biblico.

Nulla di eccezionalmente nuovo, ma la presentazione di una quadro in cui i percorsi si intrecciano, le culture e le religioni si contaminano a vicenda senza oscurare le proprie identità è assai apprezzabile.

Il linguaggio anche se qualche volta è ridondante, facilita l’apprendimento con il frequente richiamo al già detto e con utili quadri riassuntivi.

Quando si giunge alle testimonianze e ai racconti pasquali, per chi come me crede fermamente che Gesù è stato realmente risuscitato, il libro è diventato davvero deludente.

Infatti tutto è scritto a tesi: Gesù è risuscitato con il corpo, con un corpo che mangia, beve, si tocca... un corpo transfisico... Wright è ossessionato dalla volontà di dimostrare che Gesù è apparso corporalmente, che la risurrezione è un fatto corporeo..., che i discepoli lo hanno “toccato”, che la tomba era veramente vuota, che gli “incontri” dopo la risurrezione avvengono con un “Gesù palpabile” (pag. 783), “transfisico”.

La parola “corporeo - corporea - corporalmente” è usata oltre mille volte (contatele: la troverete parecchie volte oltre mille) tanto che nella mia lettura, giunto a mille, non ho più proseguito nella numerazione...

L’esegesi modesta e tradizionale è lo strumento che l’Autore unisce ad uno stile aggressivo e sprezzante verso gli Autori che non condividono le sue interpretazioni e le sue troppo perentorie affermazioni. Si tratta, secondo Wright, di “storici testardi e teologi sciocchi”, come scrive a pagina 791.

E nel testo si trovano linguaggi peggiori. Quando poi cerca di riassumere il pensiero dai suoi “avversari”, lo fa spesso con una lente deformante. Quando parla dell’opera del teologo Schillebeeckx, lo tratta come un principiante disattento. Wrigth ha per tutto “una risposta totalmente ovvia da risultare abbagliante” (pag. 819).

A mio avviso, l’aspetto più ambiguo di tutte queste pagine, in cui molto raramente emerge un dubbio o un’autocritica, è l’impostazione di fondo che attraversa tutto il volume: l’Autore crede leggere la Bibbia, ma in realtà la usa per dimostrare una tesi. La sua lettura è ideologico-dogmatica.

Affiora un letteralismo che mi riconduce ai miei primi studi esegetici. Si può credere nella realtà dell’azione di Dio che ha dato una vita nuova a Gesù, che il nazareno è il risorto per opera di Dio, senza dover leggere i racconti pasquali come “apparizioni di un Gesù corporeo, transfisico, palpabile”.

Oggi la mia fede non ha per nulla bisogno della prova “sufficiente o necessaria” della tomba vuota. Mi fido radicalmente di Dio che ha risuscitato Gesù, che ha reso vivo proprio il nazareno, non solo la sua memoria e il suo messaggio.

Ma la realtà della risurrezione non è storicamente-tangibilmente dimostrabile. Posso pensare che i primi discepoli lo hanno visto più con gli occhi della fede che con quelli della carne, come oggi migliaia di esegeti sostengono in piena adesione alla fede pasquale.

Rispetto l’opinione di questo Autore, ma la fede può passare per altre strade e il vescovo Wright (come ogni vescovo!) presenta la sua interpretazione vecchia di secoli come l’unica sostenibile.

La sua bibliografia è modesta come tutto il libro e mancano in larga parte significative opere francesi, italiane, latinoamericane, femministe, spagnole... che l’Autore non cita nemmeno. Sono, invece, coinvolgenti le pagine in cui Wright parla, in esempi, di animali, di biciclette, di città, di panorami. Qui davvero il modesto esegeta è superato dal brillante scrittore.

Forse l’impegno della Editrice Claudiana, che ha una “produzione” eccellente, meritava davvero qualcosa di più.

In ogni caso l’opera sembra poco rispondente ad un livello divulgativo, sia per il prezzo che per la voluminosità, ma non è certo consigliabile né per uno studente di teologia né per chi oggi abbia il desiderio di alimentare la fede con studi rigorosi, rispettosi della pluralità delle interpretazioni nel contesto di una radicale fiducia in Dio che, solo, è l’Autore della risurrezione di Gesù e sarà l’Autore della nostra risurrezione.

Recensione: "Donne e Bibbia"

A. VALERIO (a cura di), Donne e Bibbia, Edizioni Dehoniane, Bologna, pagg 400, € 35,00.

L’autrice si colloca tra le più competenti teologhe e storiche contemporanee.

La sua opera da molti anni costituisce un solido punto di riferimento per la ricerca della secolare tradizione interpretativa delle Scritture da parte delle donne.

Nello stesso tempo l’Autrice, mentre evidenzia una particolare presenza di donne nei testi biblici, rilancia la pratica e i presupposti teoretici dell’esegesi femminile.

Il volume, frutto di una collaborazione di alto livello, contiene 12 contributi elaborati in chiave ecumenica e interreligiosa.

Si tratta di pagine dense, documentate e audaci; per giunta sempre molto leggibili e chiare.

Buona lettura all’insegna di “meno televisione - più libri”.

venerdì 15 dicembre 2006

UN BUON REGALO DI NATALE

Da molti anni ho eliminato dalla mia vita i regali natalizi, sia perché non sovrabbondo di euro, sia perché preferisco slegare un dono da una scadenza che rischia di renderlo rituale e obbligatorio.

Ognuno di noi, su questi terreni, compie le scelte che ritiene più convenienti. Comunque, in aperta contraddizione con me stesso, mi permetto di suggerire a genitori, educatori, insegnanti, medici, terapeuti, sacerdoti e pastori, un bel regalo di Natale.

Si tratta ancora una volta di un libro. Raffaello Cortina Editore ha immesso da pochi mesi nel circuito librario il volume Gay e lesbiche in psicoterapia (Milano 2006, pagg. 352, € 29), a cura di Paolo Rigliano e Margherita Graglia.

I due studiosi, noti in tutto il mondo della ricerca per le loro competenze sul terreno della psicologia, della psicoterapia e della psichiatria, hanno colmato un vuoto.

Mentre le persone gay e lesbiche si sono rese sempre più visibili e vengono allo scoperto, “gli psicoterapeuti e gli psichiatri sono rimasti in silenzio e al buio e sono come ammutoliti. La riflessione teorica e clinica è misera e il confronto pubblico assente” (pag. IX).

Nella loro introduzione al volume, Rigliano e Graglia si domandano se sia proprio vero che gli psicoterapeuti, abilitati o almeno abituati da una lunga storia di potere a stabilire cosa fossero gli omosessuali, ad indicarne le più intime perversioni e a snidarne le cause morbose, si siano ritirati nell’ombra di un meditativo silenzio.

Con un linguaggio piuttosto tagliente e inconsueto, gli autori parlano di molti “rapporti terapeutici” diventati vera e propria persecuzione.

“Questo libro si rivolge espressamente a tutti gli psicologi, gli psichiatri e gli psicoterapeuti, di ogni scuola e indirizzo, che operano all’interno dei setting e delle istituzioni più diverse. Sono loro, infatti, ad avere un enorme potere di condizionamento e, dunque, un’enorme responsabilità. Come la storia ha dimostrato, troppo spesso sono rimasti acriticamente supini di fronte ai luoghi comuni, ai pregiudizi e all’oppressione sociale. O sono stati promotori di persecuzione” (Ivi, pag. X).

Tutto il volume, nella sua stringatezza e nel suo rigore, nella sobria valorizzazione dei dati acquisiti e nella lucida formulazione delle ipotesi, coinvolge il lettore e la lettrice in un confronto serrato anche con la propria personale cultura, con gli atteggiamenti profondi, le emozioni spesso non riconosciute.

Ma ci sono pagine che mi hanno ricondotto ad una esperienza per me assai ricorrente. Quante volte incontro genitori che, sgomenti, mi parlano con angoscia del loro figlio/a omosessuale, che mi chiedono di convincere il figlio a “farsi curare”, come se dall’omosessualità si dovesse e si potesse guarire….

E spesso, vittime dell’ideologia eterosessuale dominante, gli stessi omosessuali vivono una omofobia interiorizzata: “Gli omosessuali sono talmente indotti da sempre a considerarsi malati che a volte capita che si percepiscano come tali: in ciò consiste la nostra vera malattia, l’illusione di malattia che può anche arrivare a farci ammalare veramente” (Mieli, citato a pag. 52).

Ma il lettore potrà spaziare e documentarsi su tematiche di estremo interesse. Penso alle lunghe e documentatissime pagine (143 – 208) sulle “terapie riparative tra presunzioni curative e persecuzione”, in cui Paolo Rigliano descrive i cardini ideologici e le pratiche terapeutiche che si prefiggono di bloccare la liberata autocoscienza delle persone omosessuali “vestendo con nuovi abiti i vecchi pregiudizi” (pag. 145).

I terapeuti “riparatori” mirano a convertire gli omosessuali alla sana eterosessualità spacciando per scienza tutti i pregiudizi oppressivi sacralizzati da una lettura fondamentalista della Bibbia. Va da sé che simili pratiche hanno purtroppo la ampia benedizione del magistero cattolico.

Ma “è violenza obbligare l’altro a far propri sogni non suoi, a far propria una forma di vita che non gli appartiene e che lo nega radicalmente in ciò che ha di più inalienabile e personale: la libertà di costruire un legame d’amore con chi gli corrisponde” (dalla introduzione).

Nicolosi è in Italia l’Autore che ha promosso da anni le terapie riparative. Per lui l’omosessualità deriva da un difetto di identificazione sessuale. “Essere uomo ed essere donna può e deve significare solo essere eterosessuale. Essere omosessuale significa voler negare la propria intera identità… Ecco perché l’omosessuale deve venire descritto sempre come sofferente, patologico, fallito” (pag. 168). Curare in assenza di malattia non sembra né una allegra prospettiva né un’ onesta terapia.

Nel libro trova posto anche una riflessione sulle persone transessuali che fornisce al lettore imprescindibili informazioni di base. Si tratta di un argomento negletto come pochi altri.

In realtà “Uomini che si sentono donne e donne che si sentono uomini, vogliono vivere ed essere riconosciuti come appartenenti al sesso opposto, costituiscono un fenomeno sempre più diffuso nella nostra epoca. Sono tali le persone che vengono generalmente raggruppate sotto il nome di transessuale” (pag. 281).

Basterà scorrere il titolo dei capitoli per trovare la voglia di leggere questo libro dalla prima all’ultima pagina. A Natale, dunque, potrebbe anche andar bene… un libro in più e un panettone in meno.

Su questi argomenti c’è un livello di colesterolo negativo che circola nella società, nelle chiese e nelle relazioni che esige qualche serio intervento. Si potrebbe, appunto, cominciare da questa buona e impegnativa lettura.

mercoledì 13 dicembre 2006

UN DITTATORE E MOLTI PRETI

Martedì 12 dicembre si sono svolti i funerali di uno dei più funesti assassini della storia. Restano ancora aperte molte delle ferite che questo dittatore, morto senza che giustizia sia stata fatta, ha causato.

I giornali e le televisioni hanno dato un certo rilievo alle atrocità commesse da Pinochet.

Quando l’11 settembre 1973, con un colpo di stato, Pinochet pose fine al governo Allende, democraticamente eletto, a molti di noi sembrò crollare un mondo di speranze e per il Cile iniziò a scorrere il sangue, si scatenò la tortura, si aprirono le carceri per i dissidenti. Fu strage di popolo e di militanti.

La chiesa gerarchica, allora come sempre quando sono in gioco gli interessi degli Stati Uniti, non alzò la voce. I consueti silenzi delle ambiguità e della vergogna.

Ma martedì 12 dicembre si è visto di peggio. Preti e monsignori, in grande pompa, paludati di “sacri” paramenti, questa volta hanno sì alzato la voce, ma per una solenne messa di suffragio per il loro grande amico, presidente e benefattore.

Hanno lodato Dio che ha dato al Cile questo difensore della civiltà cristiana... Siamo alla bestemmia.

E questi preti... nessuno li richiama all’ordine? Sono dei preti che recitano il “credo” con devozione, che professano tutti i dogmi, che dicono di essere a difesa dei poveri... Pregano per la salvezza dell’anima di uno che ha assassinato migliaia di corpi, di vite umane...

Si può essere più venduti, ciechi e blasfemi?

CALDEROLI TEOLOGO

A Natale si penserebbe a Maria e Giuseppe che, nella loro numerosa famiglia, hanno annoverato un figlio chiamato Gesù...

Invece Calderoli, che si è sempre occupato di denti, ora passa decisamente alla teologia. Da novello esperto di interpretazione biblica, dall’alto delle sue acquisite competenze, ci spiega che Dio ha creato Adamo ed Eva, non Adamo e Giuseppe.

Questa sua coltissima ed inedita interpretazione biblica vuole dimostrare in modo inconfutabile che le “coppie di fatto” sono da condannare perché contro la creazione.

Quando la Lega Nord, che ragiona poco e male sempre, entra nel campo biblico è la dimostrazione più chiara dell’insipienza di chi crede di possedere non solo la padania, ma anche la Parola di Dio.

Insomma si sente investito di una missione teologica e profetica che sconfina lievemente dal suo laboratorio odontotecnico. Lo pregherei di rientrare tra dentiere e impianti...

lunedì 11 dicembre 2006

PINOCHET E WOJTYLA

E' bene non dimenticare quella comparsa, quella foto gigantesca che ci sconvolse.

In uno dei primi viaggi papa Giovanni Paolo II comparve al balcone del Palazzo della Moneda con il dittatore Pinochet.

Erano i giorni della strage dei dissidenti, della tortura, dello sterminio degli oppositori.

Quell'amicizia e quel papa che legittimava di fatto quel dittatore non possono scomparire dalla nostra memoria.

Tutto serve a capire, aldilà dei pomposi discorsi, da che parte batte il cuore vaticano.

Nei giorni dei funerali di Pinochet è bene non dimenticare quella vergognosa comparsa.

STRAVOLGIMENTI VATICANI

Il papa non perde mai l'occasione di un nobile e dignitoso silenzio. Quando sente parlare di coppie di fatto... già pensa all'omosessualità, alle coppie omosessuali... Ed è finita.

Parte per la crociata e allora ogni argomento, anche il più abusato e pretestuoso, è buono per scatenare uno tsunami di allarmi e di scomuniche.

Lo spettacolo è talmente ripetuto che non sarebbe nemmeno degno di nota. Ma, visti i Bossi, Gasparri, Binetti, Bobba... e i vari "cardinali" dell'Udc che tanto simpatizzano e tifano per Benedetto XVI, anche una timida proposta di legge suscita un'autentica levata di scudi.

La "sacralità della famiglia" viene tirata in ballo ad ogni respiro, come se gli omosessuali fossero diventati bombaroli, dediti allo stermino delle tanto celebrate "famiglie sane" e possibilmente cristiane.

Per un credente come me, è difficile ridere alla grande di queste amene dichiarazioni.

Non perché tali pronunciamenti turbino la mia coscienza, ma perché è triste, anzi doloroso, constatare la durezza di cuore e la cecità di questa gerarchia che si è innamorata dei suoi dogmi e si è imprigionata nelle sue certezze.

Abbiamo imparato a dare il giusto peso a queste opinioni delle burocrazie vaticane e andiamo oltre con gioia, impegno e libertà. Difendiamo la laicità dello stato e promuoviamo nella società e e nella chiesa la libertà delle scelte personali.

sabato 9 dicembre 2006

AVANTI E INDIETRO

In questi giorni, già caldi per il dibattito sulla finanziaria, molto giornali si occupano della chiesa cattolica, dei seminari, dei teologi. Lo fanno con un certo impegno, ma non dispongono di dati davvero attendibili.

Le cifre, quelle fornite ufficialmente, sminuiscono la massiccia presenza dei preti stranieri in Italia che nel 2006 ha superato i 2000. L’età media del clero italiano (sono più giovani i preti stranieri) è di anni 62.

Ma, tutto sommato, questi dati numerici non sono i più importanti. Più preoccupante, a mio avviso, è il fatto che la generazione più vivace sta arrivando all’ultimo chilometro della vita terrena. Si tratta dei sacerdoti che sono stati “ordinati” poco prima o poco dopo il Concilio Vaticano II: dal 1958 al 1968.

Le nuove generazioni di preti, tranne pochissime eccezioni, mettono al primo posto un loro buon inserimento istituzionale ed hanno uno spiccato senso della loro identità clericale. La questione del celibato facoltativo, sembra, dopo le recenti timide aperture, ricollocata fuori dalle urgenze e il ministero alle donne resta tabù.

Domina lo stallo e in questi giorni natalizi ritorna la predicazione che si poteva ascoltare due secoli fa. Tutte le questioni storiche, esegetiche e teologiche che secoli di ricerche hanno sollevato e chiarito, restano in biblioteca...

Il viaggio in Turchia ha rappresentato una spettacolo di polvere imperiale che per qualche settimana riesce a costruire un “alone di credibilità” attorno al papato. Dopo lo scenario di Ratisbona, il papa è stato abile, ha studiato bene il copione ed ha fatto una comparsa decente.

Ma in Italia, in questi giorni di luci fatue e commerciali, dal comune di Padova è venuto un bel segnale di legalità e di coraggio con “il riconoscimento di famiglia anagrafica basata sui vincoli affettivi” su un apposito registro.

Da tempo Bologna e Firenze avevano battuto la stessa strada. Il Vaticano ha lanciato l’anatema, Binetti e simili si sono stracciate le vesti... E’ solito teatrino, ma intanto qualcosa muove in profondità e in superficie.

La realtà delle coppie di fatto emerge con forza e si avverte l’esigenza di riconoscere i loro diritti. Ovviamente Binetti, Rutelli, Giovanardi e alcuni altri pensano prevalentemente all’immacolata concezione o al presepe, ma il paese reale e la politica seria riflettono su Welby, su una vita degna di questo nome, sui problemi veri come il lavoro, la sanità, l’accoglienza dello straniero, la violenza alle donne, l’Afghanistan, la Palestina...

Vedo all’orizzonte un fatto politico: finalmente ci sono politici e amministratori che intendono la politica non come “balletto istituzionale”, ma come concreto prendersi a cuore la vita delle persone.

Di questo deve nutrirsi l’azione politica.

PENSIERI SPARSI

Dal libro “La libertà della vita” di Giorello e Veronesi (Raffaello Cortina Editore, pagg. 120 € 9,00) traggo alcune riflessioni altamente etiche.

I due autori, non credenti, evidenziano una carica etica estremamente costruttiva.

Veronesi: “Natura, quante sciocchezze si dicono in tuo nome!” (pag. 35).

Giorello: “Qualcuno ha insinuato che Dio dormiva quando c’è stato Auschwitz... Dovremmo chiederci piuttosto dove erano gli esseri umani ai tempi di Auschwitz. Che ne era del loro senso di responsabilità?” (pag. 46).

Giorello: “Mi sono sempre battuto contro qualsiasi ideologia scientista che, troppo spesso, ha generato forme più o meno elitarie di tecnocrazia. Lo scientismo finisce per soffocare quello spirito critico che costituisce la leva migliore dell’impresa scientifica... E la fallibilità della scienza, lungi dall’essere una sua debolezza, ne è un pregio in quanto ci permette di costruire un sapere che è continuamente rivedibile e modificabile” (pag. 57).

Giorello: “Forse, varrebbe la pena di cercare di liberare Dio dai ceppi cui lo hanno costretto le varie istituzioni religiose (le cosiddette burocrazie dello spirito)” (pag. 58).

Veronesi: Cita Montanelli: “Non capisco come sia legittimo decidere della propria vita, ma non decidere della propria morte” (pag. 71).

venerdì 8 dicembre 2006

Cercare il messaggio

“Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: “nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei” (Luca 1, 26-38).

Questo brano, più che dell’immacolata concezione, ci parla dell’azione con cui Dio accompagna l’esistenza di Gesù fin dal suo nascere e ci disegna, come in un quadro, la fede di Maria. E’, infatti, uno dei testi che rileggeremo a Natale.


Questa leggenda teologica non cancella, ovviamente, la realtà storica della nascita di Gesù da Maria e Giuseppe. “Concepito di Spirito Santo” non indica una eccezione biologica, ma costituisce un’affermazione teologica. Vuole dirci che tutta la vita di Gesù sarà piena della presenza di Dio.


Si può benissimo “pensare che lo Spirito di Dio opera attraverso ciò che accade nel mondo. La paternità divina e umana non si escludono necessariamente a vicenda. L’azione di Dio non deve sostituire o cancellare la naturale attività sessuale in modo da rendere superfluo il ruolo umano. Dato che il sesso è effettivamente il buon disegno di Dio per la procreazione, non sarebbe più opportuno che Dio lo usi in questo caso?... Gli studiosi sono praticamente unanimi nell’escludere ogni altra interpretazione, secondo la quale lo Spirito avrebbe agito come partner sessuale di Maria”. La stessa teologa cattolica Elisabeth Johnson prosegue: “A differenza di quanto accade nei miti ellenistici, lo Spirito non funziona come un partner maschile in un matrimonio sacro tra una divinità e una donna” (Vera nostra sorella, pag. 441).


Possiamo, dunque, tranquillamente pensare che Giuseppe ha fatto la sua parte come marito di Maria. In ogni caso, 40 anni fa scriveva a ragione l’allora professore Joseph Ratzinger che non sarebbe cambiata per nulla la posizione e la realtà di Gesù “quand’anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano” (Ivi, Introduzione al cristianesimo, pag. 222).


Ma la liturgia cattolica legge questo testo vedendo in esso una prefigurazione dell’immacolata concezione. Il giorno 8 dicembre in molte chiese cattoliche si celebra la festa dell’Immacolata Concezione.


Dal silenzio totale della Scrittura e della più antica tradizione si giunge alla definizione dogmatica del 1854 attraverso fasi polemiche e lotte teologiche che hanno occupato quasi 15 secoli.


Il dogma cattolico suona così: “Dio ha scelto gratuitamente Maria da tutta l’eternità perché fosse la madre di suo figlio: per compiere tale missione, è stata concepita immacolata. Questo significa che, per la grazia di Dio e in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento” (Catechismo Compendio, n. 96). Al numero 97 lo stesso compendio trae una conseguenza: “Per la grazia di Dio Maria è rimasta immune da ogni peccato personale durante l’intera sua esistenza”.


Questa è una festa cattolica che rappresenta un “punto di attrito nel dialogo ecumenico con i fratelli protestanti e ortodossi. I primi ritengono il dogma una affermazione grave ed arrischiata, in presenza del silenzio totale degli scritti sacri e della tradizione più antica o una dottrina che rovescia la buona novella della salvezza... L’ortodossia trova generalmente difficoltà ad accettare il dogma dell’Immacolata Concezione, almeno nella formulazione del 1854... I teologi ortodossi oggi sono d’accordo nel rifiutare il dogma cattolico” (Nuovo Dizionario di Mariologia, pag. 680).


Sarebbe lungo documentare la infinita contesa tra “maculisti” e “immaculisti”. Un teologo afferma e l’altro nega... Siamo di fronte ad una infinita tela di Penelope...


Se prendete un manuale di storia dei dogmi, ne avrete da divertirvi... Quando la fantasia si mette a servizio della cosiddetta devozione popolare, dalla leggenda al dogma il passo si fa breve. Oggi, ovviamente, anche per moltissimi cattolici l’immacolata concezione è considerata una leggenda, una invenzione clerical-maschilista o una dottrina ecclesiastica che si può tranquillamente negare. Essa non appartiene certamente al nucleo della fede cristiana, come ha egregiamente dimostrato un gran numero di teologi cattolici.


Tra questi segnalo padre Tissa Balasuriya. La sua opera fondamentale è : “Mary and human liberation” (1990) in cui analizza lo stravolgimento che i cosiddetti dogmi mariani hanno portato rispetto a Maria di Nazareth vista come donna reale. Viene fuori una Maria statuina di gesso, disumanizzata, disidratata, una fabbricazione sessuofobica e patriarcale.


Ma se noi, messa da parte questa leggendaria dottrina, leggiamo questo pittoresco e midrashico testo biblico non come una cronaca, ma come un “racconto di annunciazione”, cioè una costruzione letteraria postuma che riflette sulla chiamata di Dio a questa giovane donna e ci parla della sua fede, allora il messaggio è davvero stimolante, addirittura provocatorio.


Dio, attraverso la metafora e la figura dell’angelo, “parla” direttamente a questa donna e “il messaggio non è mediato attraverso il padre, il fidanzato-sposo o il sacerdote” (Elisabeth Johnson).


Forse tutti noi oggi, nel mondo e nelle chiese, dovremmo prendere atto che Dio ci chiama a conversione specialmente attraverso le voci delle donne. La profezia, certo, non è un dono riservato a nessuno, neanche alle donne, ma lo spazio e la realtà femminili sono oggi luoghi “epifanici” del regno di Dio. Miriam, la donna del villaggio, è più saggia del sacerdote del tempio. Sembra ancora oggi così.


Anche perché questo “Eccomi” di Maria di Nazareth è la risposta che la Bibbia mette in bocca ai profeti di fronte alla chiamata di Dio. Maria è donna attiva, coraggiosa, audace che mette in gioco la sua vita. Non la donna sottomessa, passiva, priva di una volontà autonoma che una certa tradizione cristiana ci ha presentato. Nessun altro testo ha avuto maggiore influenza di questo sullo sviluppo della mariologia. Infatti l’accento posto da certi interpreti sulla formulazione della risposta di Maria: “mi sia fatto secondo la tua parola”, ha inculcato l’ideale della donna quale serva ubbidiente, ideale che oggi le donne rifiutano.


Questo racconto costruito a posteriori è la descrizione “anticipata” di ciò che realmente è stata l’esistenza di questa donna. Maria, in tutta la sua vita, si è coinvolta, ha cercato la volontà di Dio, ha accompagnato questo suo pazzo figlio, ne ha condiviso le scelte audaci e pericolose. Essa è una donna profetica, una madre coraggio. La struttura e il messaggio di questo racconto, se ben compresi, “collocano Miriam di Nazareth nella compagnia di tutte le antenate nella fede che hanno ascoltato la parola di Dio e hanno risposto con coraggio e con amore” (E. Johnson, Vera nostra sorella, Queriniana, pag. 484).


Sì, di coraggio e di amore abbiamo bisogno tutti/e noi oggi. Possiamo dire che l’annunciazione continua ad accadere, ma noi sappiamo imparare dal coraggio e dall’amore con cui ha camminato questa donna del villaggio e tante, tantissime altre come lei? Sotto tutti i soli le donne sono spesso le cattedre viventi, da cui arriva un’autorevole testimonianza di forza morale, di creatività, di intelligenza e di amore.

giovedì 7 dicembre 2006

QUANDO GESU’ FA PAURA...

Pochi mesi fa è uscito il volumetto intitolato “Inchiesta su Gesù” (Corrado Augias – Mauro Pesce, Mondadori, Milano 2006, pagg. 266, € 17,00) in cui un grande storico delle origini cristiane risponde alle domande di un noto giornalista.

Le opinioni di Pesce, sempre motivate e rigorosamente documentate, riportano dati ormai largamente acquisiti nel vasto mondo della ricerca storica ed esegetica.

Che Gesù sia nato da un rapporto di amore di Maria e Giuseppe in una numerosa famiglia ebrea, che non avesse mai pensato di essere Dio e di fondare una nuova religione... costituiscono affermazioni oggi comuni tra studiosi/e.

“Gesù è un uomo ebreo che non si sente identico a Dio. Non si prega Dio se si pensa di essere Dio... Gesù prega cercando di capire che cosa Dio gli chieda” (pag. 28).

“All’interno della letteratura giudaica l’appellativo ‘figlio di Dio’ non ha il significato che assumerà in seguito per i dogmi cristiani, vale a dire una persona che sia uomo e nello stesso tempo Dio. Significa solo una persona a cui Dio ha affidato un incarico, oppure una persona che segue la volontà di Dio e in questo senso ne è figlio, pur restando integralmente ed esclusivamente uomo... Insomma, il termine non esprime la natura divina di Gesù” (pag. 91).

Potrei fornire altre cinquanta citazioni, ma si tratta di affermazioni ovvie per chiunque abbia una minima conoscenza dell’ebraico e del greco biblico o, almeno, abbia una certa familiarità con la storia dei dogmi.

Ho letto queste pagine senza il minimo stupore trattandosi di informazioni che nella mia comunità cristiana di base circolano da almeno 25 anni.

Ma, come ha documentato Repubblica del 1° dicembre, nella pubblicistica ufficiale cattolica è avvenuta una segnata e sprezzante sollevazione. Si è gridato all’eretico, si è parlato di una attacco frontale ed inaccettabile alla fede cristiana.

Da Avvenire, all’Osservatore Romano a Civiltà Cattolica il coro canta una sola canzone: la ricerca storica è nemica della fede. Ma, mi domando questi illustri signori leggono qualche volta un buon libro di storia del cristianesimo o di esegesi biblica?

E’ evidente che il Gesù storico fa paura a chi ha costruito su di lui una fortuna istituzionale, una chiesa gerarchica agli antipodi del pensiero del nazareno, una ricchezza scandalosa, un potere arrogante.

A loro piace il Gesù imbalsamato e mummificato dentro fredde formulazioni dogmatiche. Farlo uscire da queste nicchie e cercare il Gesù vivo, quello reale, fa tremare chi lo ha congelato in una dottrina ecclesiastica.

E... mi permetto di esprimere un suggerimento per genitori, catechisti e animatori di gruppi biblici: fate circolare queste informazioni...

La fede è bella, amica della vita... La conoscenza può essere liberatoria e può aiutare la fede a uscire dal mausoleo.

Il contagio Milingo

Credo che gli effimeri “trionfi turchi” siano ormai in vaticano acqua passata.

Da ogni parte spuntano vescovi “selvaggi” che preoccupano il papa. Oltre alle ordinazioni episcopali di Milingo, anche in Cina si procede alla consacrazione di un altro vescovo cattolico senza il consenso del vaticano.

Tale è lo sconcerto che regna nei sacri palazzi che il cardinale Hummes, il nuovo prefetto della Congregazione Romana per il Clero, ha ventilato la proposta di abolire il celibato obbligatorio dei preti che è una delle cause che ha prodotto queste rotture.

Se da una parte questa proposta evidenzia che anche il alto loco c’è qualche dissenso, sembra chiaro che il vaticano cerca una tregua davanti alla continua emorragia di preti che vengono sostituiti dal clero delle congregazioni opudeiste, tradizionaliste, reazionarie.

Qualcuno comincia a rendersi conto che non tutto funziona e che le “truppe ausiliarie” spesso fanno acqua da tutte le parti.

martedì 5 dicembre 2006

PROMOSSO RATZINGER, ANKARA VINCE

Dopo il brutto voto di Ratisbona, ora lo spettacolo ha funzionato bene e Ratzinger non ha sbagliato le mosse. Un viaggio politico, abile e riparatore.

La lezione, brutta e imprudente, di Ratisbona è così roba passata. In questo senso, ci si può rallegrare.

Ma le cose non sono tutte così semplici... Neppure con l’Ortodossia il viaggio e le liturgie solenni e trionfali di Ratzinger e di Bartolomeo I hanno dissolto le tensioni e sbloccato le “gelate” ecumeniche.

Il papa ha scelto dentro l’Ortodossia un interlocutore facile e, aldilà dei simboli unitari, enfaticamente mostrati ed ostentati, il nodo del primate papale resta tutto da affrontare, così come il celibato obbligatorio dei sacerdoti che l’Ortodossia respinge fermamente.

Il risalto dato a questo palcoscenico ecumenico è stato studiato dal vaticano per controbilanciare l’arretramento ecumenico, un vero stallo, che è in atto con le chiese anglicane e con le chiese della Riforma protestante. Sembra comunque evidente che le forze più reazionarie interne ad ogni tradizione stanno trovandosi d’accordo su alcuni punti di teologia e di morale...

L’ecumenismo delle destre è già in atto. Ma se il papa esce promosso da questo viaggio, la Turchia incassa una sostanziosa vittoria. Ratzinger ha diplomaticamente ritrattato la posizione espressa nel 2002 contro l’ingresso della Turchia in Europa e la Turchia ha fatto una bella figura internazionale per la sua ospitalità e la sua cortesia.

Nello stesso tempo userà il viaggio e le parole del papa per contrastare le posizioni contrarie al suo ingresso in Europa. Questi si chiama “do ut des”: io do a te e tu dai a me.



CASINI E’ IL PERICOLO

La manifestazione di sabato 2 dicembre organizzata a Roma ha dimostrato che non è più Berlusconi che rappresenta l’opposizione vera al governo di centrosinistra e al suo progetto trasformatore.

A Roma si sono sentite soltanto le voci di una destra che ha alzato il cartello dei NO. A Palermo la “sirena Casini”, che pure si muove su proposte generiche e su discorsi retorici, ha preso le distanza da un Berlusconi privo di qualsiasi capacità di ragionare e aggregare aldilà delle difesa dei ceti privilegiati.

Casini ha radici e ascolto nella vecchia D.C. e conserva solidi legami con ampie aree cattoliche che sa sedurre con i suoi accalorati richiami ai valori, alla famiglia, alla coscienza, alla fede.

Casini, che pure annovera nel suo partito uomini “indecenti” come Giovanardi, Cesa e il presidente della regione Sicilia, riesce a fornire un’immagine più accettabile, meno urlata e becera. La partita è aperta.

Senza Casini, la “casa delle libertà” rappresenta, anche a livello numerico, un’opposizione senza incisività, scatenata, controproducente e senza futuro.

Il vero pericolo, la forza che impedisce un vero rinnovamento è l’UDC. Berlusconi non è finito, ma è al tramonto.

Senza di lui, senza i suoi finanziamenti, questi “alleati” torneranno a dividersi in tanti partitelli di destra.

domenica 3 dicembre 2006

Comunità cristiane di base, santi, gerarchia vaticana e omosessualità

1) Comunità cristiane di base, santi, gerarchia vaticana e omosessualità

di Pasquale Quaranta

L'intervista ha avuto luogo giorno 16 gennaio 2003 presso la sede della Chiesa Cristiana Libera di Avellino , in occasione di una conferenza dal tema "Il ruolo delle donne nelle chiese cristiane". Erano presenti, oltre a don Franco Barbero, la pastora valdese Elisabeth Löh di Portici (Na). Il dibattito è stato introdotto e moderato da Susi De Paola.

Don Franco, non tutti sanno cosa si intende per comunità cristiana di base...

Si tratta di un movimento internazionale legato alle teologie della liberazione, che ha un coordinamento anche in Italia. Sono comunità legate alle persone che nella Chiesa soffrono e che nella società vivono una situazione di disagio. Io mi occupo molto di questo, sia a livello di studio che nella pratica pastorale. Non è una cosa gettata sulle nuvole. Anche il movimento che ha appoggiato Lula [presidente del Brasile - n.d.r.] in larga misura ha avuto origine nella teologia della liberazione.

Perché la Chiesa nel tempo si è dimenticata dei più deboli?

Quando diventi ricco, e sali in alto in alto, non ti arriva più il grido della strada, gli abbracci, le voci e i sussurri, il palpito del cuore. Vedi solo che i grattaceli e ciò che è grande. Quando la Chiesa è diventata potente e ricca ha cambiato il suo sguardo verso la società. Gesù, che invece incontrava la gente, aveva una visione diversa.

Quando la Chiesa si è strutturata a potere, quando ha cominciato a gareggiare con gli altri poteri, a diventare una multinazionale anche di amore unico, il grido dei poveri, se lo avvertiva, non lo ha preso più sul serio. Perché ormai interessava parlare con Agnelli, con Bush, con i grandi della terra. Chi è che va dal Papa ogni giorno? L’interesse a livello gerarchico, prioritario, è rivolto a chi dirige il mondo. Poi si fanno i grandi proclami per i poveri..

È vero che lei rifiuta il Concordato?

Sì, ho il privilegio di non essere pagato dalla Chiesa. Molti preti “stanno dentro” perché hanno una dipendenza economica. La mia comunità ha fatto la scelta di auto-finanziarsi. Questo significa un alto livello di libertà. Ti dirò che il conflitto, nella Chiesa, non deve diventare una polarizzazione delle persone ma la promozione della pluralità. Permettere alle coscienze di esprimersi secondo la propria natura, vivere il plurale della Chiesa e guardare i teologi, i gruppi..

Si può, a questo punto, parlare del potere dei poveri?

Occorre socializzare le esperienze. Questa è la possibilità dei poveri. Mettersi insieme, liberarsi, fare cultura. Cultura è imparare a discernere che quella Autorità “che mi parla così” difende un potere, non fare più la sovrapposizione Chiesa-Papa, Chiesa-Dio, ma distinguere la Chiesa dalla Gerarchia, e il tutto da Dio. Bisogna stare ben attenti a non lasciarsi prendere solo dalla polemica. Bisogna costruire gruppi, idee.

Qual è il suo pensiero sui Santi?

Insieme a moltissimi teologi e teologhe faccio una riflessione semplice: innanzitutto Dio solo è Santo. Questo predispone noi a metterci tutti sullo stesso piano, bisognosi e bisognose di conversione, ad aiutarci, a non creare tra di noi l’aristocrazia della virtù. Perché la presunzione di essere buoni, migliori, distrugge il cammino di ciascuno.

Noi dobbiamo metterci davanti a Dio e riconoscere che siamo tutti “terra terra” ma non per scoraggiarci, bensì per metterci al nostro giusto posto. E poi perché accanto a questa questione dei Santi c’è un’istituzione che dice: “Sono io che li riconosco i santi” e... guarda un po’, sono sempre della sua ditta! E sono sempre quelli obbedienti o manipolabili. Perché magari anche un vescovo come Romero, quando nessuno più ne saprà dire, riusciranno a manipolarlo e lo faranno santo.

Rosmini, questo grande teologo e filosofo che hanno condannato: adesso che ormai tutto è cambiato, lo riabilitano! [cfr. “Rosmini riabilitato”] Allora, io credo che essere messi tutti allo stesso livello davanti a Dio, serva a togliere la prerogativa di definire se uno è Santo, quando il cuore delle persone lo conosce solo Dio. Sarebbe bene togliere questa presunzione a un’Istituzione ed evitare tanto mercato.

Perché i Santi sono dei grandi trasformatori delle devozioni popolari, artificiosamente indotte nel popolo, in denaro. Questo è indecente! E così si spiega il livello di superstizione, l’aspetto mercantile, le apparizioni... La gente se ne approfitta sulle spalle dei più deboli culturalmente. È noto: coloro che sono nel dolore si rivolgono alla prima bottega di felicità per avere una possibilità di sedare l’angoscia, di intravedere uno spazio miracolistico. L’accanimento non è mai contro le persone, ma contro le Istituzioni che le manipolano, contro coloro che hanno il timone e dovrebbero essere avvertiti, consapevoli ed onesti.

Quando c’è puzza di mercato, già viene il sospetto. Pensate a questo santo che hanno fatto in Messico [cfr. Juan Diego]. Non è mai esistito. È un mito, non è mai esistito! Come si fa a fare santo uno quando gli storici cattolici hanno detto al Papa: “Ma guardi che non è esistito!”. È esistito nella memoria popolare come un mito, ma ormai il mito è troppo fondato. La risposta vaticana: “Andiamo avanti lo stesso, voi risolvetevi i vostri dubbi”. Ma vedete come si gioca sulla credulità popolare…

Don Franco: chi sono per lei Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta...

Ho grande rispetto per queste persone ma molta indignazione verso chi le ha strumentalizzate. Sono un uomo e una donna che, con i loro limiti, come noi abbiamo i nostri, hanno cercato di fare qualcosa di bene. Ma questo è stato enfatizzato perché era congeniale alle fortune delle Istituzioni. Io non ho disprezzo verso nessuno, ci mancherebbe. Quando però una persona viene usata per le fortune istituzionali, c’è l’inganno. C’è il mercato, il travisamento della realtà, e una maniera di trattare le persone, che non vanno usate a scopi istituzionali. Le persone vanno rispettate: pesa la loro testimonianza.

Gerarchia cattolica e omosessualità - lei scrive - “come dono di Dio”: qual è il suo punto di vista sull’argomento? E qual è il contrasto con la Dottrina? Si aspetta dei cambiamenti?

Avrei da scrivere tre libri su quest’argomento! [ride..] Non mi aspetto grandi segnali positivi dalla gerarchia, che oggi è un club d’amici; il Papa ha selezionato ed accolto, solo nelle alte sfere della gerarchia, quelli che sono stati controllati, scremati e garantiti. Noi, come movimento internazionale, chiediamo che i vescovi vengano eletti dalle chiese di base. Significherebbe rispettare il pluralismo. Se, invece, chi ha il potere coopta tutte persone gradite...

In questo momento, al di là delle sorprese che Dio potrebbe anche farci, non è prevedibile un grande cambiamento. Perché sono tutte persone fidate, ultra selezionate. Dove si assiste invece a una dinamica estremamente interessante? Tra i teologi, le teologhe, le comunità. Il miracolo vero sono i gay che decidono, a livello singolo ed in gruppo, di dire: “Io sono gay, vivo la mia omosessualità, sono cristiano e metto insieme queste due esperienze”. Quello che voi state facendo è rivoluzionario!

Cominciare a vivere felicemente la propria natura, la propria condizione, cominciare a dire: “Io sono cristiano e lo resto! E tra queste due esperienze non vivo più la contraddizione, ma le metto insieme armonicamente dentro di me”. È chiaro quindi che noi, nella lotta anche sociale, ci occupiamo dei diritti, del coordinamento dei gruppi gay, dell’accoglienza; e che lo chiamino matrimonio o no [cfr. Celebrazioni dell’amore gay e lesbico] dipende dai contraenti, non da me, da chi assiste alla celebrazione.

Ma io voglio fare questo passo e lo faccio! La proposta della nostra comunità è stata accolta favorevolmente da tutto il movimento italiano. Sapete cosa vuol dire? Che noi non stiamo facendo una trasgressione ma un’anticipazione. Diciamo: “È possibile fare..”. È un segno visibile.

Io mi attendo cambiamenti, molti cambiamenti, ma non li attendo dall’alto. I cambiamenti avvengono se le persone si muovono e camminano. Bisogna lavorare alla base: quello che si fa (coordinamenti, gruppi, e-mail, risposte...) fa crescere la coscienza della non dipendenza dalla Gerarchia. Disegnare e vivere una Chiesa plurale.

Sai cosa mi dicono? “Tu con queste idee vai via, sei fuori dalla Chiesa”. Ma io invece ci sono dentro! Ci sono allegramente. E scriverò un testo, intitolato proprio “Perché resto!”. Perché a questo punto ci provo gusto! Innanzitutto per turbare il sonno, per non invecchiare troppo in fretta [ride] Ma perché trovo tantissima gente che mi dice: “Mi raccomando don Franco, resta, combattiamo insieme, parliamone insieme”.

L’ho detto anche al vescovo: “Avete fatto un dogma, che una volta diventato prete lo sei per sempre”. Lo hanno fatto loro, non io! Allora, il vero problema è quello di rimanere, con gioia. Con serenità, accettando di fare il proprio cammino.

Ci sono stati teologi cattolici che l’hanno appoggiata, visto che i testi sull’omosessualità sono spesso di matrice protestante?

Teologi come Leandro Rossi hanno scritto cose meravigliose. Dentro la teologia cattolica non mi sento assolutamente isolato. L’associazione dei teologi cattolici americani, ha prodotto a partire dal ’77 questo testo straordinario. Perché dentro l’ecumene, anche la Chiesa cattolica, i teologi esegeti, i biblisti, gli storici, i teologi moralisti, in grande numero stanno facendo un lavoro straordinario che la cultura non fa circolare.

Perché la cultura laica parla della Chiesa, sempre del papa o del Vaticano. Io invito ad avere conoscenza di questo materiale teologico che sta fiorendo, e che io propongo sul sito scrivendo recensioni proprio per segnalare che questo materiale c’è, esiste. Affinché le persone leggano.

In questo momento sto lavorando molto con Paolo Rigliano [autore del libro “Amori senza scandalo”, Feltrinelli 2001]. C’è un lavoro culturale notevole. Ed è probabile che dalla collaborazione venga pubblicato un bel libro.

Come risponde alle persone che con versi biblici, citazioni, dicono che le persone omosessuali sono contro natura, si lasciano andare a passioni infami, sono un abominio e sono disordinate mentalmente?

Dunque, queste persone citano i passi del Levitico oppure i passi di Romani (1,26-27) che io ho studiato molto. E’ chiaro che c’è un modo di leggere la Bibbia fondamentalista che prende le parole così come suonano. Io a queste persone non do nessuna condanna. Capisco che chi ha quel libro e trova quella citazione, me la sta recitando.

Il mio problema è come queste persone, appartenendo a una comunità, non vengano educate a leggere la Bibbia. Non capisco quei preti e teologi che avendo gli strumenti dovrebbero informarsi, documentarsi, approfondire e divulgare le opere che spiegano, altre possibili interpretazioni.

Il problema di oggi è chi fa cultura nella Chiesa. Chi nasconde questi libri, e i grandi editori che pubblicano solo i libri che vanno per la maggiore. Chi, come il Vaticano, censura le ricerche, le maledice, scoraggia e toglie dall’insegnamento questi teologi.

Io non mi accanisco contro le persone, anzi! Quando le incontro, le invito a fare un lavoro, parlandone, offrendo una documentazione, una bibliografia, un lavoro rispettoso. Chi è fondamentalista, al fondo, ha un’istanza positiva: non vuole che io gli giochi sulla Bibbia. Questo è giusto. Ma io voglio fare vedere che non gioco, che faccio un lavoro serio.

Io dico: “Questo è il mio parere, ma tu non fidarti, voglio darti la documentazione”. Un lavoro ricco e capillare, che offre strumenti, punti di riferimento, la possibilità di parlarne. Per un cammino e una maturazione.

Don Franco, qual è il suo sogno più grande, o per lo meno quello che vuole condividere con noi?

Il mio sogno più grande è quello di poter vivere e parlare senza perdere la passione, fino all’ultimo respiro. Il giorno in cui cadrò nell’indifferenza, morirò [ride] così il buon Dio mi scalderà. Non voglio diventare una “persona sistemata”, mi capite in che senso... Finché ho voce voglio spendere le mie energie nei campi della liberazione, per le seconde nozze ad esempio, per i gay, le lesbiche, per tutte le persone che incontro.

Voglio imparare da loro, ma anche fare compagnia, combattere, fin che posso, e lo so che in comunità mi controllano [ride] ma io sono fatto così! Passo ore e ore a studiare per documentare le cose che dico. Di fronte al vescovo io mi sento proprio libero; ciò che non riesce ad accogliere è che noi siamo sereni nel dire queste cose.


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2) Omosessualità e Chiesa...

di Giulio Maria Corbelli

In questi giorni in cui tanta parte della comunità omosessuale è impegnata a ricordare il gesto di Alfredo Ormando, morto suicida in piazza San Pietro due anni fa, il 13 gennaio 1998. Noi di Gay.it ci siamo chiesti quali sono i modi in cui l'omosessualità si può conciliare con la fede. Ci sono tanti omosessuali nella Chiesa e ci sembra opportuno offrire a loro, ma non solo a loro, alcuni spunti di riflessione importanti.

Abbiamo così parlato con Franco Barbero, sacerdote cattolico, cha dal 1973 è presbitero della Comunità cristiana di base di Pinerolo; Barbero si occupa di teologia (ha scritto una ventina di libri di cui gli ultimi due sono Il giubileo di ogni giorno e Il dono dello smarrimento) e di tossicodipendenze. Da molti anni è in relazione e segue gruppi di omosessuali e lesbiche.

Caro Franco Barbero, la delegazione di Soulforce e Dignity USA nei giorni scorsi a Roma, ha chiesto - inutilmente - al Vaticano che i doni che alcuni "figli di Dio gay", come si definivano, portavano, venissero benedetti: perché c'è stata tanta reticenza da parte della Chiesa ad accontentare una richiesta così elementare?

Forse sempre di più dobbiamo domandarci se andiamo all'essenziale e, per me, l'essenziale nella vita cristiana è camminare nella "benedizione" di Dio, alla ricerca della Sua volontà. E' la ricerca della volontà che fa la Chiesa. Molte benedizioni delle gerarchie non sono la benedizione di Dio, come dice il profeta Malachia di cui va letto l'intero secondo capitolo: " E ora a voi, o sacerdoti, questo avvertimento. Muterò in maledizione la vostra benedizione! Anzi, l'ho già mutata in maledizione, perché nessuno di voi si prende cura" (2,2).

Sovente dove le gerarchie non benedicono o, anzi, maledicono, Dio benedice. Ovviamente finché a governare la chiesa di Roma ci sono cardinali come Sodano, che vedono nel Gay Pride l'unica macchia del Giubileo, è difficile aspettarsi benedizioni. Su tutta la problematica legata alla vita affettiva e sessuale, le gerarchie sono nel panico, nella paura, percorsi da mille fobie, ostinate nel ribadire un celibato in gran parte disatteso, occupate nell'occultare ciò che non si vuole riconoscere. Inoltre i teologi e le teologhe, tranne quelli di corte, esprimono almeno perplessità e dubbi.

Come può un omosessuale continuare a essere e definirsi cattolico, se ogni affermazione ufficiale della Chiesa gli nega la possibilità di vivere la propria condizione sessuale, affettiva e anche sociale?

Su questo punto io ho una immensa speranza. Conosco migliaia di uomini e donne che conciliano bene fede cristiana ed esperienza omosessuale. Bisogna essere insieme pazienti ed impazienti, ma il fiume dell'amore e della libertà d'amare cresce anche nella chiesa cattolica. Tanti preti, tanti teologi, tanti gruppi lavorano serenamente ad aprire sentieri di pace e finalmente non chiedono il permesso a nessuno, ma si confrontano nello studio biblico, nella preghiera, nel cammino ecumenico.

Sto preparando con alcune donne lesbiche una celebrazione liturgica. Le ho trovate così piene di lode a Dio per il dono che ha fatto loro di essere lesbiche e non hanno dubitato mai di essere parte viva ed integrante della chiesa. I documenti del magistero? Li sdrammatizzano. Sanno che in ogni storia c'è un passato che è vivo e c'è un passato "morto" che vorrebbe ancora condizionare il presente. Imparano a lasciar cadere senza alcuna polemica.

Anche all'interno della Chiesa, in tante comunità cattoliche, ci sono realtà - e la vostra ne è un chiaro esempio - che cercano di affermare un diritto ad essere gay e cattolico che le Gerarchie sembrano negare: come si può lottare all'interno della Chiesa perché i diritti degli omosessuali vengano finalmente conosciuti? Non le chiedo, in questo caso, un parere teologico quanto 'politico' cioè relativo all'attivismo dentro la Chiesa.

A mio avviso, bisogna allargare lo sguardo. La gerarchia non è tutta compatta nel condannare, ma soprattutto bisogna smetterla di dare più importanza alla classe sacerdotale che a tutta l'altra parte del popolo di Dio. La chiesa è più "spaziosa", più aperta dei documenti del magistero. Non bisogna credere che per essere cristiano - cattolico mi debbo allineare all'autorità. Debbo seguire Gesù. Sono cose che possono non coincidere, anche divergere.

Credo che serva molto pregare, studiare, fare della buona teologia, coltivare l'humor, parlare chiaramente, dar vita a piccoli gruppi, incontri, confronti. Sono le piccole iniziative locali che fecondano il terreno. E poi sapere guardare in grande, cioè collegarsi a ciò che germoglia e cresce nel mondo, nelle chiese, negli spazi più diversi. Non irrigidirsi nelle polemiche, ma convertirci ogni giorno ad un coraggio umile ed audace, alla mitezza ed alla chiarezza. Si, non si può parlare di amore senza amare appassionatamente la libertà e la felicità di tutti e tutte.

Crede che un giorno sarà possibile che la Chiesa muti opinione nel riconoscere agli omosessuali il diritto ad amarsi e quindi ad unirsi in coppia? Verranno mai riconosciute dalla Chiesa le unioni gay?

Ma perché Lei mi parla come se tutto questo fosse al futuro? Occorre vedere e rallegrarsi per ciò che già è presente, per le unioni d'amore che già si celebrano, per gli amori che già si vivono. I documenti ufficiali? Bisogna prepararli con le prassi evangeliche di oggi. La prassi deve anticipare i documenti: prima i discepoli e le discepole hanno seguito Gesù, poi sono venuti gli scritti, i Vangeli.

Occorre invertire la logica gregarista per cui io sono legittimato a fare qualcosa se ciò è contemplato da un documento ufficiale. Le più belle pagine della teologia della liberazione e delle teologie femministe sono nate dalle esperienze, dalle lotte, dalle speranze, dagli amori di uomini e donne che nella loro vita hanno "esperimentato" e poi, come atto secondo, hanno espresso la loro fede. I documenti che cadono dall'alto e non sono frutto di una "concertazione" con tutto il popolo di Dio sono metodologicamente ed evangelicamente poco significativi e certamente non vincolanti.

Liberiamoci dall'ossesione dei documenti: amiamo, celebriamo l'amore in liturgie nutrite di lode e di Parola di Dio, diamoci la mano e diciamo insieme, omosessuali ed eterosessuali, che questa "lotta" è ingaggiata anche per la conversione della chiesa di cui ci sentiamo parte viva.

venerdì 1 dicembre 2006

UNA PRIMAVERA DA CERCARE

Tra le mille vicende quotidiane e le valanghe di notizie che ci arrivano da ogni parte, non ha trovato molto spazio nell’informazione televisiva e stampata un evento ecclesiastico assai rilevante.

Giovedì 23 novembre, a 40 anni dall’incontro tra Paolo VI e l’arcivescovo Michael Ramsey, è avvenuto un cordiale faccia faccia tra papa Ratzinger e l’attuale arcivescovo di Canterbury. Il quadro, la cornice e i due interlocutori meritano un po’ di attenzione.

Intanto non può sfuggirci un particolare. Il primate della chiesa anglicana, l’arcivescovo Rowan Williams, è giunto al palazzo apostolico accompagnato dalla moglie Jane e dal figlio Philip. Un elemento di cornice, un dettaglio.

Può darsi, ma si tratta di un particolare non del tutto irrilevante. Noi non siamo abituati a vedere vescovi, cardinali, arcivescovi e preti arrivare con moglie e figli. Se ci sono, come spesso succede, sono tenuti rigorosamente lontani e nascosti.

A mio avviso, questo “dettaglio” conferisce al quadro un tratto di calda umanità spesso assente dagli incontri ufficiali. Il colloquio è stato caratterizzato da una franchezza davvero encomiabile, di cui si registra una eco fedele nel comunicato finale.

Né Ratzinger né Williams hanno girato attorno ai problemi, alle divergenze, ai nodi teologici e pastorali che dividono le due chiese. Va dato atto ai due interlocutori di questo comportamento onesto, franco, diretto.

Senza preamboli, senza dimenticare le convergenze sul piano sociale e solidaristico, hanno fatto emergere la crescente distanza che caratterizza il cammino delle due chiese.

Il papa ha sottolineato che l’ordinazione al sacerdozio e all’episcopato di donne e di omosessuali rappresenta un vero ostacolo come “certi insegnamenti morali”. L’arcivescovo di Canterbury ha dichiarato che il cammino ecumenico non potrà essere facile.

Fin qui, tutto sommato, è cronaca che, in qualche misura, conosciamo. Nessuno poteva pensare che l’incontro non sollevasse qualche problema. Ma, dietro tutto questo scenario, si scopre un fossato che si allarga sempre di più.

Decenni di dialogo, se da una parte hanno creato un indubbio rapporto di amicizia, dall’altra hanno messo in luce delle differenze che si stanno approfondendo. Né si tratta soltanto di difficoltà che coinvolgano i rapporti tra cattolici e anglicani.

Anche nei confronti degli ortodossi, il cammino ecumenico sembra raffreddarsi rispetto alla questione del primato. Le chiese nate dalla Riforma sui terreni della laicità, del ministero, della morale sessuale percorrono strade assai diverse.

Mi sembra che la stagione ecumenica debba affrontare seriamente questo inverno,debba viverlo, se poi vuole ritrovare una primavera. L’irrigidimento del cattolicesimo romano-vaticano riprende una storia lunga e triste: la chiesa cattolica, senza rinnegare ufficialmente le sue affermazioni ecumeniche, si avvia verso un sentiero solitario.

Il suo rischio consiste nell’isolarsi dall’ecumene cristiana perché pretende di essere la sola che, nelle “questioni di vitale importanza per la predicazione del vangelo nella sua integrità”, resta coerente di fronte alla marea montante della modernità.

Ma questa rigidità, spesso scambiata per coerenza, non ha già prodotto dentro la chiesa cattolica uno scisma sommerso “che nessun affollamento di grandi piazze e di pellegrinaggi devoti o di giubilei millenari basta a isolare nel nascondimento nella coscienza dove si parla davvero con Dio?

Ci si lascerebbe sfuggire l’importante novità di quel mondo di valutazioni e di comportamenti pratici che si viene manifestando nel popolo dei credenti in maniera sempre meno facilmente contestabile, se ci si limitasse a qualificarli, come fino ad ora hanno fatto molti sociologi, come altrettanti forme dell’allontanamento o dell’uscita dalla comunità ecclesiale o, in generale, dall’ortodossia e dalla pratica cattolica.

Bisogna invece rendersi conto che siamo di fronte, come ho già osservato, ad una specie di scisma. Non è uno scisma istituzionale, ossia tale da assumere, come è avvenuto spesso in passato, la forma di una società ecclesiale separata dalla Chiesa cattolica storicamente istituita.

E’ piuttosto un distacco, semplicemente nascosto, o sommerso, di molti fedeli dalla soggezione agli insegnamenti della gerarchia ecclesiastica della quale non si accettano più posizioni dottrinarie o pratiche pastorali che si ritengono fuori dal tempo e dallo spazio della scienza o, con espressione più precisa, inadeguate ad accogliere significati e valori dove la cultura meno contestabile di oggi non pare in contrasto con una presa di coscienza più autentica dei principi cristiani” (Pietro Prini, Lo scisma sommerso, Garzanti pagg 55 e 78).

Non si può costruire con l’immobilismo e il dogmatismo un monumento alla coerenza cristiana. E, come la vicenda Milingo ci fa temere, non è proprio il caso, per esempio, di creare uno scisma a causa dell’assurda legge del celibato obbligatorio dei preti.

In una “società chiusa” diventa scismatico o eretico ciò che non sta dentro i “paletti” della tradizione, tradizionalisticamente interpretata. Quanti hanno a cuore la bellezza e la fecondità della fede cristiana e avvertono la preziosità dell’impegno ecumenico, non possono rimanere indifferenti di fronte ad arroccamenti, figli della paura e del dogmatismo.

L’ecumenismo procede per altre strade e anche il più lungo e gelido inverno lascia sempre posto alla primavera. Ma, su questo terreno, la primavera non arriva magicamente. Va cercata con intelligenza ed impegno. Non basta attenderla.